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Magari l’unico ostacolo sulla strada per il Recovery Fund fosse la governance. Saremmo già un pezzo avanti. Invece no, c’è un problema a monte di tutto: la mancanza di progetti. Come a dire, che senso ha sforzarsi di capire a chi affidare i 200 e passa miliardi di risorse Ue se prima non si è capito dove investirli? Mario Baldassarri, economista di lungo corso ed ex viceministro del Tesoro, non vuole certo fare il guastafeste. Ma nemmeno bersi la storia che sul Recovery vada tutto bene e che i soldi dell’Ue siano già in cassaforte.

Baldassarri, ad aprile l’esecutivo, qualunque esso sia, dovrà inviare a Bruxelles un Recovery Plan convincente e meritevole delle risorse stanziate. Però l’impressione è che l’Italia sia in ritardo. In più c’è la crisi di governo…

Chiariamo innanzitutto una cosa. Le risorse disponbili per l’Italia non sono 209 miliardi ma quasi 470. Al Recovery Fund, va aggiunto infatti il Mes, 37 miliardi, il Sure, 20 miliardi, 20 miliardi di investimenti Bei, 35 dei fondi del bilancio ordinario dell’Ue e 50 miliardi del nuovo bilancio 2021-2026. Detto questo, la domanda è: perché non abbiamo ancora speso i 35 miliardi di euro ascrivibili al bilancio ordinario scaduto nel 2020?

Me lo dica lei.

Perché non siamo capaci di fare progetti. Eccola la risposta. E se proprio vuole saperlo c’è un’altra annotazione storica. Negli ultimi 30 anni abbiamo ricevuto 8-10 miliardi di fondi Ue all’anno e di questi soldi abbiamo sempre speso meno del 50%. Dunque non è colpa di Conte se spendiamo poco e male, ma della politica degli ultimi decenni.

Va bene. Ma ora noi dobbiamo avere accesso alle risorse che l’Europa ci mette a disposizione. Come facciamo?

Altroché se dobbiamo assicurarci queste risorse. Senza raccontarci la baggianata che sia meglio farsi prestare i soldi dai mercati piuttosto che dall’Europa. Anche l’Europa ha le sue condizioni per prestarci il denaro ma se permette non saranno mai stringenti e soprattutto variabili come quelle dei mercati, dove nel giro di una settimana la fiducia nel nostro debito può venir meno. Chiarito questo passaggio, per ottenere le risorse del Recovery serve fare progetti, ma progetti veri. Non dimentichiamoci che l’Ue ci dà il 10% subito ma poi il resto dell’erogazione è legato allo stato di avanzamento dei progetti. Dunque niente progetti, niente soldi.

Immagino, Baldassarri, che nella bozza uscita da Palazzo Chigi, dieci giorni fa, lei non abbia visto molti progetti…

Infatti, è così. Ho trovato quel documento assolutamente insoddisfacente, persino rispetto al primo documento, che considero un’indecenza autentica. Il governo ha fatto semplicemente il gioco delle tre carte, portando i fondi per la sanità da 9 a 18 miliardi. Ma questo non è un progetto.

Può fare un esempio?

Certo. Un progetto non è dire che metto 18 miliardi sulla sanità, quello è solo un numero, una pia intenzione. Un progetto è dire che tot soldi li spendo per i medici, tot per una rete internet di tutti i medici di base, come in Israele, dove si sta verificando un clamoroso successo sulla pandemia. E ancora, tot soldi per assumere infermieri. E lo stesso vale per le infrastrutture, non basta dire che metto 50 miliardi. Ma serve indicare tot miliardi per questa o quella tratta o questa o quella strada. Ecco, questo vuol dire fare dei progetti.

Tutto qui? O occorrono altri sforzi?

No, non è tutto qui. Una volta indicati i capitoli di spesa, ma con dettaglio e precisione, bisogna indicare i piani di realizzazione degli stessi progetti. E anche qui non ho visto un accidente.

Scusi ma la governance? Non ce la stiamo dimenticando?

Basta con questa storia della governance. Il fatto che l’Europa abbia messo tra le condizioni per l’erogazione dei fondi l’esistenza di una governance è una balla colossale che qualcuno si è inventato e che la gente si è bevuta. Ma è una stupidaggine. L’Italia è semplicemente incapace di fare progetti ma l’Europa vuole progetti, punto. Poi, che per realizzare tali progetti servano procedure snelle e veloci è un altro paio di maniche. Quindi per favore non parliamo di governance, manager o super manager, sono solo balle. Servono progetti e procedure, punto.

Insisto. Mettiamo per un attimo che arrivino domattina le risorse destinate all’Italia. Non mi venga a raccontare che venti regioni e 12 ministeri possano gestire una tale mole di denaro senza litigare…

E infatti non glielo racconto. Però le ricordo che c’è la legge. E la legge dice che noi dal 1967 abbiamo il Cipe, che una cabina di regia istituzionale per gli investimenti pubblici finanziati con risorse nazionali e internazionali. Allora, delle due l’una. Se il Cipe funziona, abbiamo risolto anche perché il premier ne è presidente. Se non funziona dobbiamo cambiare la legge. E se poi il Cipe non funziona perché litiga con le regioni, bisogna rivedere il rapporto Stato-Regioni. Ma non beviamoci che 300 manager risolvono il problema.

Baldassarri, parliamo di politica industriale. In questi mesi il governo è diventato azionista di molti pezzi della nostra industria: Mps, Ilva, Alitalia… se cade il governo cambia tutto di nuovo?

No, il governo rimane azionista, poi l’esecutivo che verrà deciderà se vendere o non vendere Mps, lanciare o non lanciare Alitalia. Il governo che verrà, semmai Conte cadrà, farà quello che vuole, esattamente come questo qui, che ha fatto quello che vuole con molte aziende.

Sento una vena di critica…

Non si sbaglia. Questo esecutivo dinnanzi alle crisi industriali ha fatto solo una cosa: rinazionalizzare. Il che è assolutamente in antitesi con un regime moderno e di libero mercato. Per di più, sono stati fatti dei trucchetti, raccontando all’Europa che sì, lo Stato sarebbe entrato, coinvolgendo la Cdp anche, ma poi avrebbe rimesso le aziende nazionalizzate sul mercato. Uno statalismo travestito, ma sempre statalismo.

Chiudiamo sulla crisi di governo. Conte barcolla, ma andare al voto non sarebbe peggio? Se non altro per mettere in sicurezza il Recovery Fund…

Ma perché lei crede davvero che questo esecutivo sia in grado di mettere in sicurezza delle cose?

Mi scusi ma dovrebbe rispondermi lei.

Fino ad ora non è stato in grado di farlo. Conte oggi ha chiuso la porta in faccia a Renzi e dunque ha deciso di andare alla conta al Senato. Mettiamo che raggiunga quota 161 al Senato, mi pare un po’ poco per governare. Se Conte passa al Senato, potrebbe avere una maggioranza debole, troppo debole.

E allora? Si vota?

O dal Parlamento esce una maggioranza solida in grado di affrontare la situazione e prendere decisioni o è meglio andare a votare. Come in tutti i Paesi del mondo.

 

Ma quale governance, il vero problema del Recovery Plan è l'assenza di progetti. Parla Baldassarri

L’economista ed ex viceministro: la governance del Recovery Plan è un falso problema, qui servono progetti e nel documento dell’esecutivo non ce ne è nemmeno l’ombra. E comunque se proprio bisogna trovare una cabina di regia c’è il Cipe

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