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La Turchia è sempre stata un Paese vittima di attentati terroristici. Forse non così frequenti o regolari come in altri Paesi della regione, tuttavia Ankara si è sempre dovuta guardare da almeno due organizzazioni attive al suo interno: una è l’Isis, o il terrorismo di matrice islamista. L’altra è il terrorismo di matrice curda del Pkk. L’attentato dell’altro giorno, rivendicato dal “Battaglione immortali”, un gruppo armato legato ai separatisti che ambiscono a un Kurdistan indipendente, ci ha riportati con la memoria ai tempi bui degli anni di piombo, quando nel perimetro della follia stragista erano indicati alcuni obiettivi per precise tipologie: forze militari e della Nato, caserme, istituzioni particolari e, naturalmente, impianti industriali della Difesa.

Di recente siamo stati abituati a un terrorismo, invece, “al contrario”, ossia che colpisce qualunque cosa con qualunque mezzo, senza aver messo a punto nessuna strategia o capacità operativa. Persone singole, auto-radicalizzatesi, con mezzi poco o per nulla sofisticati atti a provocare qualunque tipo di danno (generalmente quello che si è trovato a portata di mano, un’auto, un camion, un coltello).

L’attacco, invece, a un obiettivo mirato, quindi, ci riporta a una fase precedente del terrorismo, che fin da subito ha potuto portare all’esclusione del terrorismo jihadista, per puntare di più verso una matrice curda.
Una delle ragioni per cui è stata presa di mira proprio l’industria aerospaziale della difesa è il fatto che la Turchia si è dotata negli ultimi anni di un elicottero da combattimento molto preciso, molto letale e molto idoneo per un certo tipo di interventi, segnatamente quello a danno dei poveri curdi.

Tutto questo va declinato con una possibile strategia nella testa e nelle prospettive di Erdogan, il quale vedrà scadere nel 2028 il suo mandato da presidente e non potrà essere rieletto, perché la costituzione non lo consente. Erdogan, dunque, starebbe cercando di costruire una maggioranza parlamentare che consenta l’aggiornamento della costituzione che gli permetta di proseguire la sua presidenza alla guida della Turchia.

Tuttavia, al momento non possiede una maggioranza, tra il suo partito e le forze politiche nazionaliste che lo appoggiano. Tra le ipotesi avanzate c’è anche quella di una ricerca di un voto favorevole, o comunque una minore opposizione, del partito curdo, mediante magari la scarcerazione di Öcalan e la dichiarazione di termine delle ostilità, in modo da portare anche il partito filo-curdo a votare questa modifica costituzionale.

È verosimile, a questo punto, ipotizzare che ci sia stata una spaccatura nel fronte curdo, tra chi vuole continuare la lotta e chi invece sarebbe stato più propenso a una soluzione come quella che Erdogan avrebbe in mente. L’attentato potrebbe essere stato anche il frutto di questo disaccordo interno. Qualunque sia la ragione, mi auguro che questo non sia un motivo, fondato o infondato che sia, per dare concretezza alla propensione, alla vocazione genocida di Erdogan verso il popolo curdo.

Per quanto riguarda la presenza del personale di Leonardo all’interno della fabbrica, si tratta di una forma di assistenza che c’è sempre, e riguarda i sistemi che abbiamo fornito alla Turchia, in particolare il pattugliatore marittimo e l’elicottero. La nostra è una forma di assistenza tecnica che dura da anni e che prevede la presenza sistematica di tecnici italiani che affiancano l’industria turca per quanto riguarda la formazione e la messa a punto di un know how che permetta alla Turchia di costruirsi da sola questo tipo di piattaforme. Si tratta di una cooperazione che risale ai tempi della guida di Giuseppe Orsi di Augusta, il quale rese strutturale questa collaborazione strategica, incontrando personalmente Erdogan, in particolare nel campo degli elicotteri. Si è trattato, così come quella del ministro Crosetto, in quelle ore a Istanbul, di una presenza e una circostanza del tutto casuale.

La sfida curda ad Ankara. Il gen. Tricarico spiega perché è stata colpita l’industria della difesa

L’attacco da parte di un commando curdo all’industria aerospaziale di Ankara riflette una strategia mirata a obiettivi specifici, più simile a quella degli anni di piombo che al terrorismo dei lupi solitari degli ultimi anni. È l’ultimo episodio di uno scontro tra il governo di Erdogan e il popolo turco, e non è un caso che l’azienda attaccata faccia parte della produzione di elicotteri usati contro i curdi. L’analisi del generale Leonardo Tricarico

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