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Ieri Massimo D’Alema in una intervista a Repubblica ha candidato Goffredo Bettini al ruolo di sottosegretario del presidente del Consiglio. Un preciso segnale politico al Pd che non può passare inosservato.

Nel suo intervento al Cantiere della Sinistra della fondazione Italianieuropei – qualche settimana fa – Bettini (esponente storico della sinistra romana del Pci) ha indicato una prospettiva strategica che si basa su due elementi chiave:

1) “abbiamo da tempo pagato il debito con gli Stati Uniti

2) L’ Europa ha bisogno di una nuova “terzietà”.

Su questi due presupposti si deve procedere ad una rifondazione (anche ideologica) della sinistra. Il processo di rifondazione della sinistra che Bettini propone è quella di un Europa terza ed equidistante tra totalitarismo e democrazia, ovvero tra Cina e Stati Uniti.

La visione di Goffredo Bettini è molto vicina a quella di Massimo d’ Alema. E D’Alema, a livello accademico e professionale, è da tempo uno dei più autorevoli e coerenti fautori di una ampia apertura dell’ Europa alla Cina. Le posizioni di Bettini si trovano peraltro in piena sintonia con Roberto Speranza di LeU e con il populismo di Beppe Grillo che (non si sa bene perché) D’ Alema ha definito populismo “gentile”.

Sul piano pratico – dopo le prime aperture a Pechino di Renzi, Padoan e Bassanini (ingresso cinese in Cdp reti) con i Governi Conte 1 e Conte 2 l’ apertura alla Cina si è progressivamente molto ampliata, la vera novità nella postura estera dell’Italia.

Basti pensare che più il tempo passa più la penisola – diventa il principale avamposto euro-mediterraneo della via digitale della Seta sia per il 5G che per la banda larga (Wind3/Hutchinson, Fastweb/Swisscom, Huwaei, Zte, Oppo Lenovo, vendors di Open Fiber, ecc..). Il 5G (e l’ insieme delle reti ed apparati tecnologici di nuova generazione) non sono vini di qualità o automobili da esportare in Cina e tanto meno monopattini e biciclette da importare dalla Cina.

Al di là dei profili commerciali le reti di telecomunicazione e l’ ambito cyber sono innanzitutto presidi di libertà e di sicurezza che non possono è devono entrare in contrasto con i principi di libertà e democrazia sanciti della nostra Costituzione. La repressione di Hong Kong, la persecuzione dei giornalisti, lo sfruttamento dei bikers di Shangai, il lavoro forzato delle donne uigure, la sorveglianza di massa del ” Social Credit System” sono la punta dell’iceberg del crescente totalitarismo digitale cinese da cui il Presidente del Consiglio non può non prendere prendere le distanze.

Per la sinistra Italiana dimenticare la fondamentale distinzione tra totalitarismo e democrazia appare come un pauroso salto indietro, una regressione che Bettini può benissimo permettersi, ci mancherebbe altro.

Ma cosa pensa di tutto questo il Pd? Il silenzio di Nicola Zingaretti sul tema Cina dura da troppo tempo. Dopo la sconfitta di Trump il segretario del Pd non ha davvero più alibi. Se non ora quando? Non prendere le distanze dal totalitarismo di Pechino sarebbe molto grave e per il Pd una scelta devastante.

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