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La prima settimana di Antony Blinken a Foggy Bottom è stata, come da tradizione per ogni nuovo segretario di Stato a Washington, piena di telefonate.

Il capo della diplomazia di Joe Biden ha avuto colloqui telefonici con gli omologhi di altri Paesi. Il primo telefono a squillare è stato quello del canadese Marc Garneau. Poi quello del messicano Marcelo Ebrard e quello del giapponese Toshimitsu Motegi. Da mercoledì, poi, il segretario di Stato ha avuto colloqui con le controparti sull’altra sponda dell’Atlantico: il francese Jean-Yves Le Drian, il tedesco Heiko Maas e il britannico Dominic Raab, oltre al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Giovedì, invece, ha sentito, tra gli altri, il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio e Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

Analizzando le note diffuse dal dipartimento di Stato dopo i colloqui (qui Le Drian, qui Maas, qui Di Maio, qui Borrell) si può notare come Washington veda in Bruxelles il suo principale interlocutore nel Vecchio continente. Nella conversazione con il capo della diplomazia europea, l’omologo statunitense ha parlato di “discutere i modi per riparare, rivitalizzare e aumentare il livello di ambizione nelle relazioni Usa-Ue”, delle sfide comuni tra cui Covid-19, cambiamenti climatici, flussi transatlantici di dati e cooperazione economica e di “continuare una forte cooperazione Usa-Ue su questioni relative alla Cina”.

Con il tedesco Maas, Blinken ha discusso di “sicurezza, valori e prosperità” e della necessità di “una risposta comune alle sfide internazionali” tra cui “cambiamenti climatici, Cina, Russia, Iran”. Con Le Drian, invece, la conversazione si è sviluppata attorno alla Nato (in particolare sull’articolo 5) e alla cooperazione nel Sahel, oltre alle sfide comuni Covid-19, cambiamenti climatici e Cina. Infine, nella nota relativa alla telefonata con Di Maio si legge: “Il segretario ha espresso il desiderio di ricostruire e rafforzare il duraturo partenariato tra Stati Uniti e Italia. Ha sottolineato il desiderio degli Stati Uniti di lavorare con l’Italia, in particolare nel suo ruolo di presidente del G20, e con gli altri partner per affrontare sfide condivise tra cui Covid-19, clima e Cina. Il segretario e il ministro degli Esteri hanno inoltre deciso di proseguire la cooperazione italo-americana in Libia”.

Dai readout delle conversazioni telefoniche di Blinken con gli omologhi europei emerge dunque un nuovo approccio statunitense verso l’Unione europea dopo i quattro travagliati anni con Donald Trump. Bruxelles è tornata centrale nei rapporti tra Washington e le capitali europee. Allo stesso modo, la nuova amministrazione statunitense sembra decisa a scommettere sulla Commissione europea (di cui Borrell è vicepresidente) guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, già ministro della Difesa di Angela Merkel.

Ecco perché l’Italia commetterebbe un grave errore a pensare che il rapporto con gli Stati Uniti passi soltanto attraverso la relazione bilaterale. Infatti, il peso politico del nostro Paese così come quello degli altri Stati membri dell’Unione europea passa dalla capacità di giocare un ruolo nel contesto di Bruxelles. Un aspetto che è stato compreso benissimo da Emmanuel Macron, che martedì sarà ospite dell’evento di lancio dello Europe Center del prestigioso think tank statunitense Atlantic Council. Il capo dell’Eliseo appare deciso a giocare un ruolo nei rapporti con Washington (ma anche con la Cina) non soltanto come presidente di un Paese importante come la Francia ma anche come co-leader del Vecchio continente assieme a Merkel.

In questo contesto come si colloca l’Italia? A giudicare dal “desiderio” espresso da Blinken “di ricostruire e rafforzare il duraturo partenariato tra Stati Uniti e Italia” il nostro Paese ha alcune posizioni da recuperare su dossier come la Cina e la Russia (al contrario, il rapporto “di difesa” è ben solido come dimostra la telefonata tra il ministro Lorenzo Guerini e il segretario Lloyd Austin).

Tutti gli Stati membri dell’Unione europea, invece, partono dallo stesso punto nella sfida dei cambiamenti climatici. È anche per questo e in virtù della presidenza G20 che su questo tema, caro all’amministrazione Biden, che l’Italia può rafforzare il suo peso nell’Unione europea e, di conseguenza, nelle relazioni transatlantiche.

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