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Donne e banchiere centrale. Questi i nuovi “nemici” del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che, in un colpo solo, definisce i contorni delle policies future anche in vista dell’appuntamento elettorale del 2023, dove il partito del presidente arriva con un costante calo nei sondaggi. Vorrebbero approfittarne i due volti nuovi: Ekrem İmamoğlu e Canan Kaftantsioglou, la Kamala turca.

Da un lato il governo decide per ritirarsi dal primo trattato vincolante al mondo per prevenire e combattere la violenza contro le donne, con tutte le conseguenze sociali e culturali del caso. Dall’altro dà il benservito al banchiere centrale Naci Ağbal sostituendolo con Sahap Kavcıoğlu, un ex parlamentare del partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) che ha sostenuto tassi di interesse più bassi. Una decisione, presa con decreto presidenziale, che potrebbe portare in grembo nuove turbolenze nei mercati finanziari turchi.

CROCIATA ANTI DONNE

Un conservatorismo anacronistico quello alla base della decisione del governo, che fa compiere al paese un salto indietro nel tempo a molto prima delle riforme targate Ataturk. La Convenzione di Istanbul del 2011, firmata da 45 paesi e dall’Unione Europea, richiede ai governi di adottare una legislazione che persegua la violenza domestica, nonché lo stupro coniugale e le mutilazioni genitali femminili. Secondo il partito di governo quella carta danneggia l’unità familiare, incoraggia il divorzio e si presta ai desiderata della comunità LGBT. Per cui il governo ha deciso per il passo indietro con il decreto di uscita già pubblicato gazzetta ufficiale, suscitando la protesta di cittadini e associazioni mossi dalla consapevolezza che la situazione resta gravissima. Poche settimane fa a Diyarbakir, nella provincia meridionale del paese, una 34enne è stata barbaramente uccisa da suo fratello, ripreso dalle telecamere di sicurezza, dopo che per molte volte aveva denunciato il suo timore di subire violenze proprio dal medesimo nucleo familiare.

Ma la maggior parte delle organizzazioni femminili della zona sono state chiuse a seguito dei decreti presidenziali emanati durante lo stato di emergenza del 2016: erano i giorni del presunto golpe e il governo utilizzò quella contingenza per imporre una serie di misure restrittive che nulla avevano a che fare con la presunta insurrezione dei militari, come i centri femminili Dikasum e Kardelen che sono stati chiusi. Senza contare che moltissime donne sono state allontanate dal proprio posto di lavoro troppo “maschile” come gli autisti di autobus.

LIRA GIU’?

Ağbal è durato in carica appena quattro mesi: era stato nominato lo scorso novembre dopo che la lira aveva toccato il minimo storico (8,58 per dollaro). Come prima mossa aveva aumentato i costi dei prestiti per le banche dal 10,25%, ottenendo il pollice in su da parte degli investitori stranieri. Due giorni fa ha alzato i tassi di interesse di 200 punti base promettendo di rallentare l‘inflazione, portandola dall’attuale 15,6% al 5%. Erdoğan invece ritiene che alti tassi di interesse siano inflazionistici. Al fine di evitare sgradevoli sorprese, i cittadini turchi negli ultimi dodici mesi si sono caratterizzati per una strategia tarata sull’accumulo di oro, dollari e euro. Infatti i depositi in valuta estera rappresentano attualmente più della metà dei depositi complessivi nel sistema bancario.

I mercati intanto annunciano preoccupazione e tensione a causa di tale licenziamento e a borse di nuovo aperte la prossima settimana daranno un segnale concreto in questo senso, anche perché il nuovo banchiere centrale è essenziamente un altro uomo di partito, che quindi risponde al presidente prima che alle regole della finanza. Sahap Kavcioglu è un economista in passato al servizio di banche come Halkbank e Vakifbank, anche editorialista in un giornale filo-governativo dove ha sostenuto da sempre la tesi cara a Erdogan dei tassi di interesse bassi. In precedenza era stato parlamentare nel partito al governo.

Giovedì scorso la lira turca aveva fatto segnare un rialzo con connessi guadagni su tutti i principali rivali nei mercati sviluppati ed emergenti. La situazione generale nel paese però è abbastanza preoccupante, anche in virtù degli ultimi dati sul lavoro che mostrano un grande divario di circa 17 punti percentuali tra il tasso di disoccupazione ufficiale e quello basato su una definizione più ampia e realistica di disoccupazione, che si attesta a oltre il 30%. Per cui il numero effettivo di disoccupati nel paese è di circa 10,7 milioni, quasi 7 milioni in più rispetto al tasso ufficiale diffuso dal governo. Inoltre scorgendo i dati pubblicati da Eurostat si passa da una disoccupazione stimata al 15,3% nel primo trimestre del 2018 al 24,4% nel terzo trimestre del 2020 forografando un quadro diverso rispetto alla narrazione del presidente.

twitter@FDepalo

Donne e banchiere centrale: i nuovi nemici di Erdogan

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