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Abbiamo pagato tutti un prezzo salatissimo alla tragedia della pandemia che ha fatto più di 100 mila morti nel paese. Ma tra i viventi chi ha pagato il prezzo più alto sono soprattutto i ragazzi che vanno a scuola. Che hanno pagato non tanto e non solo sul fronte del rallentamento nell’apprendimento di conoscenze quanto su quello della vita relazionale. Per una adolescente l’anno di scuola dei 15 anni o dei 16 anni in cui la vita di relazioni con i suoi coetanei è essenziale per la crescita è una perdita non recuperabile.

Nel senso che la convivenza in classe persa quest’anno alla loro età non tornerà. Mentre il gap di apprendimento che purtroppo c’è stato era forse evitabile e probabilmente recuperabile. Ho sentito dire da qualche ragazzo di quell’età “se quest’anno mi tolgono anche le vacanze devo andare dallo psichiatra”. Ed è per questo che l’idea di mandare i ragazzi a scuola quest’estate non la trovo perfettamente centrata. Se in quest’anno di didattica a distanza c’è stata una perdita di apprendimento di competenze le responsabilità sono in parte attribuite alla difficoltà dell’apprendimento a distanza e alle diseguaglianze di accesso ma in parte anche ai ritardi con cui scuole e docenti hanno risposto alla nuova situazione.

Senza dubbio le diseguaglianze di accesso alla rete e di comfort domestico hanno purtroppo pesato e molti ragazzi purtroppo non hanno potuto seguire le lezioni come avrebbero dovuto. Se però conveniamo sul fatto che la perdita maggiore è quella sociale (mentre il resto è recuperabile) condannare i ragazzi che già hanno pagato un prezzo così alto ad essere “rimandati a settembre” con la scuola d’estate forse non è la soluzione migliore. Lasciare come minimo un’opzione solo volontaria per le scuole di fare dei percorsi aggiuntivi a giugno o a luglio dove la componente di apprendimento e quella relazionale si combinano pare quantomeno prudente rispetto ad ipotesi più azzardate.

Dall’altra parte assistiamo in questi giorni a pressioni per un ritorno in classe accelerato. Il problema delle scuole e dei contagi esiste. Il problema di scuola ed università non è tanto nel momento in cui gli studenti sono in classe o in aula e i docenti possono far rispettare le regole. La questione è collegata ad accompagnamenti, ingresso, mezzi di trasporto momenti fuori dall’aula.

Il vero regalo che possiamo fare ai nostri ragazzi è terminare il prima possibile la campagna vaccinale. E farlo assolutamente entro l’estate. In questi giorni abbiamo visto i ragazzi israeliani tornare gradualmente alla normalità. Per svuotare ospedali e terapie intensive non è necessario arrivare all’immunità di gregge. Già con un 30-40% di vaccinati le cose migliorano in maniera sensibile. Ed è possibile pensare ad un’estate dove poter fare vita di relazioni compatibilmente con quello che gli indicatori utilizzati per definire i colori delle regioni ci diranno in quei mesi.

Sono convinto che, appena torneremo alla normalità, potrebbe esserci un effetto molla e i ragazzi della generazione Covid-19, lo speriamo ardentemente, potranno riprendersi e rilanciare forti delle prove e della resistenza e resilienza che hanno dovuto forzatamente sperimentare.

La scuola d'estate? Pessima idea. Becchetti spiega perché

Tra i viventi chi ha pagato il prezzo più alto sono soprattutto i ragazzi che vanno a scuola. Non tanto e non solo sul fronte del rallentamento nell’apprendimento di conoscenze quanto su quello della vita relazionale. Per questo in estate servirà dello svago. E il vaccino

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