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Sarà l’italiana Saipem a costruire, per conto della National Oil Corporation, il Benghazi Oil Technical Center (BOTC), centro tecnico specializzato e integrato che sorgerà nella zona franca di Mreisa, a 25 chilometri dalla città che ospita il signore della guerra Khalifa Haftar – il capo miliziano che il 4 aprile 2019 lanciò un assalto per rovesciare il governo onusiano di Tripoli, e che ora fa parte lateralmente della fase di stabilizzazione costruita dalle Nazioni Unite.

“Con la firma del contratto di servizi di consulenza con la società italiana Saipem, avremo avviato i lavori di implementazione del progetto, attraverso il quale ci aspettiamo di estendere la collaborazione con Saipem per la realizzazione di altri progetti”, ha commentato il capo della Noc, Mustafa Sanalla.

“Il Nord Africa rimane un’area strategica dalle enormi potenzialità di sviluppo sia nel settore industriale che in quello energetico. Questo progetto consolida il nostro rapporto con NOC e ci offre l’opportunità di dare supporto al nostro cliente nella creazione di un importante centro per il migliore utilizzo delle risorse nazionali”, ha replicato il ceo di Saipem, Stefano Cao.

Dietro alle dichiarazioni, il progetto nasconde una chiave geo-economica di primo interesse. L’Italia, che è considerata uno dei Paesi che ha sempre difeso il governo di Tripoli (secondo l’allineamento istituzionale della Comunità internazionale guidata dall’Onu), è comunque  sempre rimasta attiva su entrambi i fronti. Il frutto di aver limitato al massimo le esposizioni, ma aver sempre privilegiato la necessità di dialogo diplomatico, è questa capacità di interlocuzione e azione sia in Tripolitania che in Cirenaica, quanto nel Fezzan. In questo momento in cui il governo di unità nazionale che traghetterà il Paese verso le elezioni di dicembre, guidato da Abdulhamid Dabaiba, ottiene la fiducia dal parlamento, Roma resta in cima all’agenda libica, su tutto il territorio.

Saipem, come Eni, sono interlocutori primari nel teatro libico. Godono di massima considerazione dalle istituzioni nevralgiche come la Noc, che ha sempre mantenuto un ruolo al di sopra della parti e recentemente – grazie a un accordo Est-Ovest chiuso dall’ex vicepremier Ahmed Maiteeg – è potuta ripartire con le produzioni, una volta sbloccati gli impianti prima occupati dalle unità pro-Haftar. Il mondo del petrolio è un asset cruciale per la Libia, che con il nuovo governo, la stabilità, la re-distribuzione dei proventi, potrà portare avanti nuovi progetti e sviluppi (come appunto il BOTC affidato a Saipem) nell’interesse dei libici. È significativo che l’Italia continui a essere presente e attiva in questa fase di inizio della ricostruzione. Testimonianza che Roma è un attore centrale sulla Libia.

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