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Nelle ore intense della verifica di governo, il Pd ha scelto di presentare la sua linea per l’aerospazio italiano: “Un settore strategico per il rilancio dell’economia nazionale”. Ieri, il partito ha organizzato un evento web per la serie “fare impresa, oltre la pandemia”, dal titolo “Aerospazio, proposte per l’Italia”. È stato occasione per illustrare il documento con le linee di politica industriale per il comparto, pubblicato a fine ottobre e firmato da Daniele Marantelli, responsabile dem per l’aerospazio. Con lui, sono intervenuti tra gli altri il vicesegretario Andrea Orlando, la presidente della Commissione Difesa al Senato Roberta Pinotti, il vice presidente di Commissione alla Camera Roger De Menech e il sottosegretario alla Sviluppo economico Gian Paolo Manzella.

L’INVITO POLITICO

Pressoché unanime l’invito a uscire dal confronto tra partiti. “L’aerospazio, così come la politica estera e di difesa, ha bisogno di larga condivisione tra forze politiche e sociali – ha notato Marantelli – i programmi durano decenni, e realizzano prodotti e servizi che durano molto più delle mutevoli maggioranze di governo”. Su questi temi, gli ha fatto eco De Menech, “i termini di convergenza nazionale, unità e coesione, oltre le bandiere di partito, non sono necessari, ma indispensabili se vogliamo che a prendere il sopravvento sia la credibilità del sistema-Paese”.

UN SETTORE “STRATEGICO”

Di base, la convinzione che l’aerospazio, difesa e sicurezza sia un settore “strategico”. Andrea Orlando ha in tal senso ammesso come ci sia stata in passato “una sostanziale sottovalutazione delle potenzialità di questo tema”. Ora, con l’esigenza di far ripartire il Paese, il comparto è tornato al vertice dell’attenzione politica. Si guarda soprattutto alle opportunità derivanti dai 209 miliardi del Next Generation Eu. “Pensiamo soprattutto alle implicazioni che l’aerospazio può avere su digitalizzazione e transizione ambientale”, ha spiegato il vice segretario nazionale del Pd. “Dobbiamo considerare questo settore non tra le varie ed eventuali, ma come una delle questioni strategiche”, ha aggiunto.

LE PROPOSTE

Ma le proposte dei dem sono numerose e superano il Recovery fund. Il documento presentato da Marantelli propone in serie: un Fondo per l’investimento nel settore aerospaziale (soprattutto per proteggere le Pmi, “gioiellini che potrebbero essere attenzionati da Stati stranieri); un fondo per la trasformazione ambientale (che si preannuncia “epocale”); l’introduzione di strumenti finanziari per sostenere l’impegno in ricerca e sviluppo (“in particolare nelle tecnologie dell’aviazione verde”); la realizzazione di un grande centro di ricerca sulla modernizzazione dell’aerospazio. Ci sono poi “scelte concrete da compiere”, ha notato Marantelli: la piena attuazione della riforma G2G per l’export, il finanziamento delle leggi speciali per il settore, il ricorso ai fondi Ice per sostenere i cluster regionali negli appuntamenti internazionali.

TRA 808 E PIANO DI SETTORE

Attenzione particolare alle legge 808 del 1985, da anni importante riferimento per il settore. “Va modernizzata”, ha detto Marantelli, ricordando altresì l’idea di un Piano di settore strategico che coinvolga tutti gli attori (istituzionali e privati) coinvolti nel comparto. Due proposte rilanciate da Manzella, che al Mise sta seguendo entrambi i dossier. Sulla 808 si sta per riunire la commissione chiamata a esaminare i bandi, ha detto il sottosegretario, così da averne due nel prossimo anno, uno a febbraio e uno tra maggio e giugno.

IL TEMA DELLE RISORSE

Per tutto questo, ha spiegato De Menech, bisogna “rafforzare il binomio tra industria e istituzioni”. Tre i passaggi irrinunciabili secondo il vice presidente della commissione a Montecitorio: le risorse, la pianificazione e la spinta forte a ricerca, sviluppo e innovazione. Sul primo punto, ovvero gli stanziamenti, “il Pd vuole affermare che intende davvero fare sul serio”, ha spiegato Orlando. In tal senso ci sono da notare i segnali provenienti dal dicastero della Difesa, guidato da un altro dem, Lorenzo Guerini, che ha già illustrato la necessità di confermare (non solo per quest’anno) nella legge di bilancio lo strumento pluriennale per la difesa, rivolgendo inviti trasversali al Parlamento.

LA PARTITA EUROPEA

Un bilancio migliore servirà a dare peso all’Italia anche oltre i confini nazionali, soprattutto in Europa, lì dove si è già aperta la partita per la Difesa comune. Una partita “strategica” secondo Roberta Pinotti, che da ministro della Difesa diede il via (insieme alle colleghe di Francia, Germania e Spagna) alla ripartenza del tema all’interno dell’Unione europea. Da quella ripartenza sono arrivate la cooperazione strutturata permanente (Pesco) e l’idea di un fondo, l’Edf, che da poco ha visto l’intesa tra le istituzioni comunitarie per una dotazione di 7,9 miliardi per i prossimi sette anni. Pinotti ha ricordato come sia meno del previsto (la proposta iniziale della Commissione era per 13 miliardi), ma anche che “finalmente in Europa non è più tabù parlare di Difesa”.

QUALE AUTONOMIA STRATEGICA?

Anzi, il dibattito appare accesissimo. La presidente della Commissione a palazzo Madama è tornata sul botta-e-risposta recente tra Emmanuel Macron e la ministra tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer, con il primo a promuovere una Difesa europea indipendente dall’alleato d’oltreoceano, e la seconda definire tale ambizione “un’illusione”. Poggia tutto sull’interpretazione di “autonomia strategia dell’Europa”, da affrontare secondo Pinotti “in modo diverso”. Bisogna prima di tutto inviare oltre Atlantico “messaggi rassicuranti per cui nessuno vuole una Difesa europea anti-Nato”, anche perché “in Europa non abbiamo tutte le capacità necessarie per intervenire in alcuni contesti operativi”: Poi, occorre notare che “la Difesa comune è giusta proprio perché può rafforzare il pilastro europeo all’interno dell’Alleanza Atlantica”.

IL CACCIA DEL FUTURO

Certo, anche l’Europa deve risolvere alcune sue incongruenze. È il caso dei programmi per il velivoli di sesta generazione, due in corso: l’Fcas promosso da Francia e Germania (con l’adesione della Spagna), e il Tempest, lanciato dal Regno Unito con la partecipazione (ancora da definire) di Italia e Svezia. La scelta della Penisola per il programma britannico, ha ricordato la Pinotti, deriva anche “dal fatto che l’invito al progetto di Germania e Francia prevedeva che dovessimo sederci come spettatori, e non come soggetti protagonisti”, situazione non in linea “con l’importanza della nostra industria aeronautica”. Eppure, ha aggiunto, “non ci sono le risorse per portare avanti due velivoli”. Per questo, ha concluso, “dobbiamo intanto acquisire un pezzo importante sulla progettazione del velivolo (il Tempest, ndr) e poi lavorare perché si passi a un progetto unico europeo”.

letta pd povertà

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