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Il capo del Consiglio presidenziale libico, il premier Fayez al Serraj, è a Roma per incontri che fonti dal governo onusiano Gna definiscono “di lavoro, ma non una visita ufficiale”. Secondo le informazioni in possesso di Formiche.net, il principale incontro che terrà è infatti non con le autorità italiane ma con Stephanie Williams, attualmente facente funzione del delegato Onu alla guida della struttura Unsmil. Williams – a sua volta a Roma per lavoro – è attualmente la favorita per prendere l’incarico definitivamente, anche perché un diplomatico bulgaro designato dal Palazzo di Vetro si è ritirato dopo aver inizialmente accettato di ricoprire l’incarico – lasciato vacante da Ghassan Salamé, dimessosi, esausto, a marzo 2020.

Il leader libico sta cerando di sfruttare il momento di distensione generale che ha seguito il cessate il fuoco firmato a fine ottobre a Ginevra e innescato il processo di dialogo guidato da Williams per conto delle Nazioni Unite. Serraj intende facilitare il quadro anche attraverso il dialogo costante con vari attori esterni di prima influenza, come la Turchia sul fronte della Tripolitania, o protagonisti attivi come l’Italia – che sul dossier libico conserva un ruolo di contatto con entrambi i fronti, posizione utile in certi momenti.

L’idea del presidente libico è di facilitare le intese Est-Ovest facendo passare un suo piano: dimessosi a settembre con la promessa di non lasciare il Paese nel vuoto e di trovare prima una soluzione condivisa, secondo fonti libiche Serraj avrebbe ormai maturato la decisione di restare alla guida del Consiglio presidenziale, ma vorrebbe allargare la leadership abbandonando il ruolo di premier per favorire un uomo della Cirenaica. Di questo piano hanno parlato anche i vertici del governo italiano col capo miliziano ribelle Khalifa Haftar, nel loro viaggio a Bengasi per sbloccare la vicenda dei pescatori siciliani presi in ostaggio proprio dagli haftariani.

Questa idea di Serraj non è stata inizialmente valutata da Williams, ed è possibile – secondo indiscrezioni diplomatiche – che Serraj voglia sfruttare l’incontro romano per spingerla anche attraverso buoni uffici tra gli italiani (al momento della stesura di questo pezzo, non sono in agenda incontri ufficiali per il libico, ma è evidente che il libico vedrà qualcuno tra Palazzo Chigi, Farnesina e Forte Braschi, così come la funzionaria dell’Onu).

Williams ha inizialmente sostenuto una sua linea per la riconciliazione. Ha indetto le elezioni parlamentari e presidenziali per il dicembre 2021, e ha provato a far passare un asse di stabilizzazione composto da due figure: una della Cirenaica, il presidente del parlamento HoR Agila Saleh, che avrebbe dovuto fare il presidente ad interim; l’altra della Tripolitania, il ministro dell’Interno Fathi Bashaga, che avrebbe dovuto diventare allo stesso modo premier. Il piano però è sostanzialmente fallito, perché l’asse non ha sufficiente supporto né interno che esterno.

A questo punto l’idea di Serraj per arrivare al voto diventa più cavalcabile, sebbene trova una sostanziale opposizione sia da parte di Haftar (che non vuol essere sostituito da un suo uomo messo a fare il premier, perché percepisce la scelta come una mossa per marginalizzarlo), sia dalla Tripolitania che vedrebbe in un premier scelto dall’Est uno sbilanciamento del sistema istituzionale troppo a favore della Cirenaica (in quanto avrebbe del suo lato sia il leader parlamentare che quello del governo).

Per trovare uno sblocco allo stallo, Serraj sceglie di far passare il percorso dalla sponda italiana: così come con l’appuntamento tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio con Haftar, ora nell’incontro con Williams sembra scegliere la spalla diplomatica di Roma per provare a spingere il proprio piano. Serraj era atteso già nelle scorse settimane, in quella che però veniva descritta da Tripoli come una visita privata.

Serraj a Roma per vedere Williams (Onu) con buoni uffici italiani

Il leader libico incontrerà la delegata delle Nazioni Unite e alcune figure italiane. Serraj vuole spingere una sua soluzione allo stallo in cui sono finiti i negoziati guidati dall’Onu

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