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Recovery Plan, istruzioni per l’uso. Il governo Conte cerca ancora la quadra sulla catena di comando dei fondi europei e, complice una crisi politica strisciante, non ha trovato ancora il punto di caduta. Dalle imprese però non mancano i suggerimenti. Come quello giunto da Assonime, l’associazione delle spa italiane, presieduta da Innocenzo Cipolletta (qui una sua recente intervista a Formiche.net).

Promosso dalla stessa Assonime e dalla Fondazione Ugo La Malfa, si è infatti svolto il webinar La Governance del Piano Italiano Next Generation Eu.  La discussione, coordinata da Dino Pesole, editorialista del Sole 24 Ore, è stata aperta dagli interventi di Giorgio La Malfa, presidente Fondazione Ugo La Malfa, e di Stefano Micossi, direttore generale di Assonime. Sono poi intervenuti nella discussione, tra gli alti, Massimo Andolfi, Marco Buti, Carlo Cottarelli, Claudio De Vincenti, Fiorella Kostoris, Marcello Messori e Romano Prodi.

Pur con distinzioni sulle specifiche soluzioni organizzative, i relatori hanno condiviso l’esigenza generale di assumere a livello centrale le decisioni sulle grandi componenti e l’allocazione di massima delle risorse al livello nazionale, assicurando al contempo il pieno coinvolgimento nelle scelte di fondo del Parlamento. Insomma, un assetto ben definito per evitare, soprattutto, la dispersione delle risorse.

LA VERSIONE DI PRODI

L’ex premier e presidente dell’Iri ha espresso più di una perplessità sull’attuale stato di avanzamento della governance del Recovery. “Quando è arrivato il Next Generation, ho detto che bello quanti soldi, il giorno dopo ho detto che disastro quanti soldi perché era evidente che si scatenava quello che si è scatenato. Credo sia stato un enorme errore quello di fare la lista dei progetti”.

Il professore di Bologna ha indicato un punto fermo circa l’uso delle risorse europee: le riforme.  Secondo Prodi bisogna infatti partire dalle “carte che ci ha mandato la Commissione” che ha insistito “soprattutto sulle riforme”. Per cui “il come, il quando e il perché dobbiamo subordinarli ad alcune riforme formali”, ha spiegato Prodi, sottolineando quindi che occorrono “due o tre riforme esemplari, fatte con l’accetta e non con la lima perché il Paese deve capire che questo è un nuovo capitolo, perché non ci crede più”.

GOVERNO FUORI STRADA

Di certo c’è che il governo sta sbagliando strada. Il perché lo ha spiegato nel corso del webinar, Stefano Micossi, numero due di Assonime. “Con tempi molto corti, a parte qualche affermazione vaga su task force, un disegno organico per gestire questi fondi non l’abbiamo ancora visto. Serve una governance e dobbiamo garantire la qualità dei progetti”.

Secondo Micossi, “il piano presentato dal governo appare come un piano di spartizione delle risorse”. E quindi “non un piano capace di mettere in moto l’economia nazionale”. Di qui un suggerimento che è in realtà una proposta. “Nominare in ogni amministrazione, ministero, Regione o Comune che sia, un responsabile per la gestione dei fondi comunitari che risponda direttamente al capo dell’amministrazione e che agisca con tutte le deleghe necessarie per garantire la partecipazione dell’attività dell’amministrazione nei progetti del piano”.

UNA RISPOSTA STRAORDINARIA

Giorgio La Malfa, ministro del Bilancio negli anni 80 e animatore della Fondazione intitolata a suo padre, ha invece fatto più un discorso di metodo, non risparmiando critiche all’esecutivo. “Per situazioni straordinarie, servono risposte straordinarie, ma qui onestamente non ne vedo. Mi pare che siamo molto indietro sui progetti, sulle proposte, dovremmo essere molto più avanti. Io credo che sia il momento di creare un organismo composto da elementi di altissimo profilo, perché non possiamo pensare di affidare 200 e passa miliardi di euro a 20 amministrazioni diverse, sarebbe il caos. Le regioni, i comuni, potrebbero litigare tra loro, recriminando squilibri nella distribuzione delle risorse. Mi pare una pazzia, vorrei solo sapere se al governo se ne sono accorti”.

CACCIA ALLA GOVERNANCE

Carlo Cottarelli però non la vede così, “non servono nuove strutture, siamo già in ritardo, non dobbiamo accumularne altro. Semmai dovremmo individuare una via, una strada. E la strada è quella delle riforme e degli investimenti”. Di diverso Marcello Messori, per il quale una struttura organizzativa con esperti preparati, serve. “Trovo impensabile che una singola cabina di regia possa gestire l’intero Recovery Fund italiano, serve almeno una struttura parallela fatta di persone preparate, circondate da un gruppo di collaboratori ristretto. Ora, il primo passo è un piano che definisca correttamente i costi del piano e il suo perimetro”.

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