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Cronache da un “Paese in letargo”. Massimiliano Panarari, sociologo della comunicazione, saggista e docente universitario riassume così il livello di appiattimento dell’opinione pubblica. Certo però, non si può dire altrettanto degli argomenti emersi nel confronto tra i maggiorenti della sinistra nell’ambito della rassegna organizzata dalla Fondazione Italianieuropei. Al di là – diciamo – di una ritrovata intesa tra Massimo D’Alema e l’ex premier Matteo Renzi, a colpire sono da un lato le parole del ministro Dario Franceschini (ormai sempre più proteso verso un’alleanza strutturale con i grillini) e quelle del segretario dem Nicola Zingaretti. In tutto un’epopea del riformismo.

“Peccato – osserva Panarari – che rispetto alla tabella di marcia delle riforme, posta dai dem come condizione essenziale per evitare il rimpasto di governo, il Pd sia drammaticamente limitato oltre che in ritardo”. La responsabilità però non è direttamente imputabile a chi governa i gruppi parlamentari. Il tema vero è “la leadership politica”. Secondo il docente universitario, nella configurazione dell’esecutivo giallorosso, “il Pd, pur avendo una policy molto più marcata di quella pentastellata, è di fatto il junior partner non solo del governo ma di Conte stesso. E, nonostante il Movimento 5 Stelle sia attualmente percorso da fibrillazioni non indifferenti, continua a fare ‘catenaccio’ e ad essere determinante per le decisioni dell’esecutivo”.

Seppure alla base non ci sia altro che “un tiriamo a campare, cifra di questo governo e precipua tattica di Giuseppe Conte”. Anche sotto questo profilo però, la linea di faglia è più articolata. “Dai diversi studi che vediamo periodicamente pubblicati sui giornali o che leggiamo nelle trasmissioni televisiva – analizza – fotografano una situazione nella quale l’ergersi, da parte del governo, a scudo rispetto alla pandemia, in qualche modo ingenera fiducia tra gli italiani”. L’opinione pubblica, in una certa misura si trova in uno stato comatoso, “congelata”. Così come congelata, a detta di Panarari, è l’opposizione.

“Ciò che realmente in questa fase mi impressione – ammette il sociologo – è che, di fatto, in questa fase la politica sia essenzialmente inesistente. L’emergenza sanitaria così prolungata, la costante minaccia del virus, ha veramente immobilizzato il dibattito”. Tanto più che “lo scontro tra maggioranza e opposizione è assente nelle idee e nelle proposte, assumendo talvolta qualche forma di attacco personale”. Il rischio che Panarari intravede in questo sonno prolungato è che “l’immobilismo colpisca il funzionamento degli apparati dello Stato, a partire dai Servizi, passando per l’economia e la scuola: vera vittima del Covid”.

Anche sul maggiore azionista del governo, Panarari ha le idee piuttosto chiare. “Tutti i nodi del Movimento stanno venendo al pettine e si stanno rendendo visibili. Si tratta di un movimento che ha percorso un tragitto che va nella direzione della formalizzazione verso la sua natura di partito”. Ed è, in buona sostanza, “una federazioni di correnti litigiose che veniva tenuta assieme da alcune parole d’ordine oltre che dalla leadership dei fondatori. La scomparsa di Casaleggio e l’intermittenza di Grillo, rende evidente il fatto che il Movimento stia attraversando un periodo piuttosto magmatico”. Che sta ribollendo giorno dopo girono.

Oltre la politica però, lo status quo socio-economico del Paese è sempre più drammatico e “i fatti ci hanno chiaramente mostrato che la strategia dell’elargizione di sussidi, comunque insufficienti, non può essere un’idea di politica economica valida”. In più “il governo è drammaticamente in ritardo con la preparazione dei progetti legati al Recovery Fund”. Nel frattempo c’è chi agita lo spettro del Mes. Su questo, seppure il capo politico grillino Vito Crimi abbia rassicurato a più riprese che il governo non cadrà sul punto, “bisogna considerare il fatto che ottenere l’accettazione di revisione del meccanismo di governance del Mes, è la linea Maginot per il Pd”.

L’arguta e tagliente osservazione di Panarari di fatto mette i partner di governo con le spalle al muro. “Non ottenere questo risultato, per i dem sarebbe uno smacco”. Anche se, prosegue il sociologo, “probabilmente con qualche innesto esterno, il fronte riformista, faticosamente, terrà”. E Renzi, come si comporterà? Su Mes Italia Viva alza la posta e “i segnali di insofferenza al governo sono sempre più evidenti. Secondo me perché Renzi vede davanti a sé errori marchiani che il governo ha commesso rispetto ad un tipo di elettorato che lui in qualche modo vorrebbe rappresentare”. Liberi professionisti, partite iva e imprenditori. “Il leader di Italia Viva da un lato sta cercando di agitare il governo, dall’altro di arrivare ad un bacino di consensi nel quale il Pd difficilmente riscuote successo”.

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