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Non so se e quanto fosse nelle sue intenzioni, ma la mediazione di Angela Merkel rimarrà nella storia. Non solo perché ha sbloccato i miliardi per l’Europa della post-pandemia, ma anche perché ha innescato un importante processo di democratizzazione della governance europea.

Sancire nel Consiglio Europeo la terzietà della Corte di Giustizia in materia di rispetto dei principi dello Stato di diritto degli Paesi membri significa tutelare tutti i cittadini europei dai potenziali abusi dei governi.

Nell’Europa dei trattati è un po’ come avere la Corte di Giustizia come una sorta di “corte costituzionale” senza costituzione in materia di violazione diritti fondamentali dei cittadini.

Questa tendenza peraltro non è una novità assoluta, come aveva intravisto una ventina di anni il compianto Antonio Cassese in riferimento ad alcune sentenze della Corte stessa.

La decisione del Consiglio Europeo va in direzione opposta a quanto accade alle Nazioni Unite. Lì, in assenza di un organo terzo, chi decide la legittimità è il Consiglio di Sicurezza, dove basta il veto di un membro permanente per prendere decisioni o non decisioni.

Orban ha innescato un processo che costringerà anche l’Ungheria sulla base di un processo trasparente e coerente a mutare le proprie leggi autoritarie. Se poi riesce a venderlo o meno come una sua vittoria alle prossime elezioni è una domanda che attiene alle sue capacità di comunicazione politica.

In prospettiva l’interpretazione deliberata dal Consiglio Europeo è innanzitutto un duro colpo al sovranismo in nome della separazione dei poteri a livello sovranazionale.

Al tempo stesso si ribadisce in modo più chiaro il confine tra politica e diritto. In materia di diritti fondamentali né il Consiglio Europeo, né la Commissione né il Parlamento possono avere poteri assoluti: certo non non ha vinto Orban e neppure la Merkel. Forse per una volta ha vinto la democrazia?

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