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“Il dialogo con la Russia è importante e necessario, ma produce i migliori risultati quando gli Stati Uniti e l’Ue parlano insieme da una posizione di unità e forza”, scrive su Twitter Michael Carpenter, direttore del Penn-Biden Center, centrando perfettamente il punto.

Durante il suo primo discorso sulla politica estera, parlando dal dipartimento di Stato, il presidente statunitense, Joe Biden, ha messo in chiaro in estrema sintesi due elementi chiave della sua visione: con la Cina intende portare avanti un contenimento multilaterale, con la Russia l’obiettivo è la deterrenza con un ingaggio minimo. Sono le due “rival powers” della National Security Strategy del 2017, l’ultimo e ancora operativo libro bianco sulla strategia globale dell’impero americano. I due temi si sovrappongono laddove le visioni occidentali cercano di trovare cooperazione con Mosca per evitare che slitti definitivamente verso Pechino, e laddove entrambe le questioni si intrecciano nei rapporti transatlantici.

Le parole di Biden arrivano con una tempistica interessante, perché in questi giorni il capo della politica estera europea, l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, è in Russia. Una visita criticata e controversa, quanto importante, a maggior ragione perché arriva – per dirla con l’ex ministro spagnolo – in “un punto critico” delle relazioni Mosca-Bruxelles (come già analizzato su Formiche.net). Che il cosa fare con la Russia sia parte del dibattito europeo – tanto quanto il cosa fare con la Cina – è ormai chiaro: argomento come detto che riguarda però non solo l’Ue, ma anche gli Usa – soprattutto in questo ritorno alla declinazione dal pensiero multilaterale sotto Biden.

Nei giorni scorsi a ricordare l’importanza del dibattito è stato uno dei protagonisti, il presidente francese Emmanuel Macron, intervenuto alla presentazione dello Europe Center dell’Atlantic Council. In una conversazione con Benjamin Haddad, il direttore del centro del think tank statunitense, Macron ha detto che per sua “esperienza, più ti impegni [con la Russia], più eserciti una ragionevole pressione per evitare qualsiasi divergenza […così] costruisci la tua credibilità. Ci vorranno anni, forse decenni, ma abbiamo bisogno di un tale dialogo per la pace e la stabilità europee”. Che ci siano spazi e dossier condivisi d’altronde l’ha ricordato anche Biden, quando nel suo discorso da Foggy Bottom ha parlato positivamente del prolungamento del “New START”, trattato tra Stati Uniti e Russia per il controllo degli armamenti nucleari.

Contemporaneamente, Biden ha però criticato Mosca per aver incarcerato l’attivista dell’opposizione Alexey Navalny: “Dovrebbe essere rilasciato immediatamente e senza condizioni”, ha detto, suscitando la reazione immediata del Cremlino che ha definito quella del presidente Usa una “retorica molto aggressiva e non costruttiva”, perché  “i messaggi che suonano come ultimatum per noi sono inammissibili”, ma soprattutto ricordando che la narrazione del Cremlino parla di ingerenze straniere dietro all’attivista per necessaria protezione.

Il tema Navalny è simbolico, e nemmeno Borrell s’è potuto tirare indietro – addirittura dal suo entourage erano state fatte uscire ipotesi su un eventuale incontro, ma il leader dell’anti-corruzione in Russia diciamo così è indisponibile, rinchiuso in un carcere con una sentenza che l’Ue ha definito politicamente motivata a causa del suo peso nella lotta anti-putinismo (che in Russia sta crescendo). “Ma siamo connessi – dice Borrell aprendo il confronto con l’omologo russo – e nonostante le nostre differenze costruire un muro di silenzio non è un’opzione”.

“La decisione dell’Alto rappresentante Borrell di recarsi a Mosca, per la prima volta in quattro anni, è un forte segnale del riconoscimento collettivo nell’Ue dell’importanza di un ampio raggio di questioni relative alla Russia. Arrivando sulla scia della condanna di Alexei Navalny e della risposta dura contro esponenti dell’opposizione e manifestanti, la visita comporterà sicuramente delle conversazioni complesse sul caso e sullo stato delle libertà fondamentali in Russia”, commenta con Formiche.net Giuseppe Famà, che per l’International Crisis Group dirige i lavori con la Ue.

Considerando che ulteriori sanzioni relative al caso di Navalny potrebbero essere presentate al Consiglio dell’UE, alcuni a Mosca potrebbero descrivere la visita di Borrell come l’ennesimo tassello di una pressione ostile da parte dell’Occidente: è così? “Il rischio di strumentalizzazioni da parte di alcuni a Mosca è reale. Ma Borrell discuterà anche di altre questioni con le sue controparti russe, inclusa una valutazione della collaborazione di Mosca sul dossier nucleare iraniano, in vista di un possibile ritorno degli Stati Uniti nell’accordo. Inoltre tra le altre importanti questioni c’è il ruolo della Russia nelle crisi in Libia e Repubblica Centrafricana”, spiega Famà.

L’analista, il cui ex direttore – Robert Malley – è stato cooptato dall’amministrazione Biden come capo del dossier-Iran, ricorda alcuni punti in cui la potenziale cooperazione evocata da Borrell quando ha spiegato la sua visita è possibile. Quello sull’Iran è certamente centrale, così come quel che riguarda le aree di crisi: un altro potenziale dossier di lavoro congiunto Ue-Russia potrebbe essere quello che riguarda la lotta globale  al Covid e le forniture di vaccini — con l’Ue che potrebbe cercare di chiudere un deal per l’acquisto del vaccino russo “Sputnik V”, se sarà approvato dall’agenzia del farmaco Ema.

La visita di Borrell secondo l’esperto di Crisis Group è una manifestazione dell’approccio “dual track” di Bruxelles tra disincentivi e impegno selettivo su alcuni dossier: “Più voci all’interno dell’Ue (e soprattutto il presidente francese Macron) hanno iniziato a proporre una revisione della posizione dell’Unione nei confronti della Russia, e potrebbero esserci degli adeguamenti alla linea comune dopo che il Consiglio europeo del marzo 2021 affronterà la questione. Fino ad allora la politica comune Ue rimarrà fondamentalmente la stessa”.

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