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La federazione è un’antica forma associazionistica costituita da più soggetti al fine di perseguire scopi comuni. Questo ha significato, fin dall’origine, il termine latino foedus, che definiva un patto, un’alleanza, un’unione tra soggetti diversi. Naturalmente deve strutturarsi in una organizzazione, possibilmente a carattere nazionale se è politica. Non basta, pertanto, immaginare un assembramento qual che sia per dirsi “federati”.

C’è bisogno di uno scopo comune e condiviso, con un obiettivo definito che possa legittimare la federazione. Non è una questione filologica, ma dal significato bisogna pur prendere le mosse se si intende mettere in piedi qualcosa che assomigli ad un’aggregazione di tal fatta.

Non so se Matteo Salvini ha avuto ben presente scopi, finalità e strutture del soggetto che ha lanciato, nella più totale solitudine, magari dopo un sonno ristoratore che gli ha schiuso prospettive luminose dopo le défaillances degli ultimi tempi. Me lo auguro per lui, per la sua consumata coalizione politica e per il Paese che ha necessità di riconoscere un’opposizione concreta e non slabbrata per ritrovarsi in una democrazia decidente fondata su una pluralità di soggetti affidabili. Mi chiedo, però, che senso ha, nel contesto attuale, formare una federazione senza idee e scopi comuni. La perplessità di fronte ad una tale prospettiva cresce se si tiene conto delle profonde differenze tra i soggetti che dovrebbero federarsi intorno al un leader riconosciuto da tutti, magari votato o scelto con il sistema che si preferisce. Ecco il primo punto che non convince.

Esiste una possibilità concreta che questo accada o bisognerà attendere le prossime elezioni politiche per elevare sugli scudi di un rinnovato centrodestra il federatore che altri non potrà essere se non il leader del partito che otterrà i maggiori consensi? E nel frattempo che cosa si farà? Chi guiderà la coalizione tra i marosi politici e sanitari, finanziari e sociali che stanno piegando l’Italia come tutta l’Europa del resto?

Il federatore, almeno per il momento non è alle viste e già questo basterebbe a rinchiudere la prospettiva salviniana nel libro dei sogni che in un momento di entusiasmo o di disperazione (non lo sappiamo) ha incautamente aperto.

Ma c’è qualcosa di più che non convince nella estemporanea proposta: lo scopo. Fondamentale nel diritto internazionale quando si discute di federazione tra Stati, non è meno importante e decisivo se essa dovesse applicarsi, com’è nel caso in parola, ai partiti. E lo scopo unitario, al momento non c’è. Si è eclissato dopo la rottura, subita supinamente dagli alleati, quando Salvini nella primavera del 2018 decise, unilateralmente, di abbandonare la compagnia con la quale aveva condotto una trionfale campagna elettorale ed allearsi con uno degli avversari. In quel momento il centrodestra, già in fase confusionale, si dissolse.

Ora lo si vuole ricomporre con l’espediente federativo senza sapere come, perché e fino a quando l’ipotizzata unione che dovrebbe garantire autonomia sostanziale ai soggetti ed unità di intenti agli stessi (procedura piuttosto complicata), si terrà in pedi senza aver propedeuticamente elaborato una strategia condivisa culturale, politica ed organizzativa in grado di affrontare scadenze assai impegnative delle quali non si fa cenno nell’ improvvisata salviniana.

Il tutto non sembra credibile. Mentre è piuttosto convincente che si tratti di un escamotage, l’ennesimo, per nascondere la polvere sotto il tappeto. Ma più d’uno che vorrà vederci chiaro nel nuovo appartamento che s’immagina di allestire. A cominciare dalle alleanze internazionali dei soggetti “ federabili”. Ognuno, al momento, sta per conto suo, in nicchie diverse, e non sembra proprio intenzionato a muoversi. Berlusconi con i Popolari, Salvini con i sovranisti e populisti, la Meloni con euroscettici moderati come i Riformisti e Conservatori che guida in Europa.

La federazione vale anche a livello internazionale. E dunque diventa ancor più un rompicapo. Tifosi e avversari di Trump e Biden, estimatori e denigratori di Putin, europeisti ed anti-europeisti, cosa pensano di federare? E sul piano nazionale, fautori del Mes ed avversari, regionalisti e presidenzialisti, autonomisti e centralisti possono davvero andare d’accordo mettendo un simbolo nuovo di zecca, che dovrebbe contenere i simboli di tutti, sulle loro disgraziate divisioni che non sono robetta da esorcizzare con i sondaggi incoraggianti?

Lo si ammetta, a Salvini gli è venuta male questa bizzarra proposta federalista. Ha guadagnato qualche titolo sui giornali. Ma il nodo del centrodestra non si è sciolto. Citofonare agli alleati per averne conferma.

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