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Il giorno 13 novembre, le Forze armate del Marocco hanno portato avanti, nella zona cuscinetto di Guergarat fra la frontiera del Marocco e della Mauritania, un’azione pacifica, inoffensiva e non bellicosa per allontanare le milizie armate del gruppo separatista del Polisario, sostenute dall’Algeria, introdotte illegalmente.

Il Marocco si è visto costretto a intervenire, dopo che questo gruppo separatista, dedito ad atti di provocazioni, di blocco della libera circolazione civile e di merci e di intimidazione degli osservatori dell’Onu, ha disprezzato le molteplici chiamate del segretario generale dell’Onu e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che gli ingiungevano di ritirarsi e di astenersi da qualunque atto suscettibile di rappresentare un rischio per la pace e la stabilità regionale.

Le ragioni che hanno costretto il Marocco a intervenire erano chiare. Le provocazioni del Polisario rappresentano una violazione del cessate il fuoco del 1991. Con i suoi irresponsabili atti a Guerguerat, il gruppo separatista del Polisario cercava di modificare con la forza lo status giuridico e storico di questa zona cuscinetto, di sovranità marocchina, e ceduta in segno di buona volontà all’Onu in virtù degli accordi del 1991, per garantire il cessate il fuoco.

Lo scopo del gruppo separatista era vendere l’illusione menzognera di un territorio liberato, definizione non riconosciuta dall’Onu in nessun rapporto del segretario generale e da nessuna risoluzione del Consiglio di sicurezza.

La vicinanza di questa zona alla regione del Sahel, in cui i Paesi dipendono in una misura importante dagli scambi commerciali fra l’Europa e l’Africa, attraverso l’asse di trasporto di Guerguerat, minacciava di asfissiare le economie di diversi Paesi di questa zona, nel contesto difficile del Covid.

A questo, si aggiunge il rischio di creare una situazione di instabilità tenendo conto della fragilità della vicinanza del Sahel in termini di sicurezza, terrorismo jihadista, traffico di droga e di esseri umani.

Pensare che quanto succede al confine del Sahara sia solo un affare marocchino e africano è miopia politica. L’impatto concerne anche l’Europa.

Ma perché cascare nuovamente nelle provocazioni e le aggressioni? Le ultime pericolose azioni provocatorie per mano del Polisario, sono in realtà un fallito tentativo di nascondere la profonda ribellione scoppiata all’interno delle milizie costrette ad affrontare il crescente malessere e la contestazione della popolazione nei campi di Tindouf, esasperate da false promesse e utopie indipendentiste che durano da 40 anni, seppellite dal 2000 dalle risoluzioni dell’Onu, come il referendum di autodeterminazione. La popolazione di Tindouf protesta, come denunciano tutte le organizzazioni umanitarie, per una vita dignitosa e soprattutto per fuggire dall’inferno dei campi e fare ritorno alla loro terra nel Sahara marocchino.

La verità è che quanto avvenuto a Guerguerat rappresenta una foglia di fico per nascondere la sconfitta del Fronte Polisario sotto i colpi delle risoluzioni dell’Onu, e da ultima, la 2548, che ha definitivamente ribadito la “soluzione politica” come unica via per risolvere la controversia artificiale creata intorno al Sahara marocchino.

In Italia, questa situazione è seguita con attenzione in virtù dei forti legami con il Nord Africa, della priorità del Mediterraneo nella politica estera e dell’impegno nella stabilità e nello sviluppo del Sahel.

Fedele alla sua posizione costruttiva, la Farnesina ha espresso la necessità per tutte le parti coinvolte di tornare al processo politico al fine di raggiungere una soluzione politica in linea con la risoluzione 2548.

Mentre nella società civile, accanto alla posizione a sostegno dello sforzo dell’Onu e soprattutto della risoluzione 2548 adottata il 30 ottobre, altre voci si sono espresse a sostegno del gruppo separatista del Polisario.

Mi rivolgo a loro, da una posizione di rispetto delle loro idee, per dire che non fanno un favore alla causa che difendono. Sostenendo gli atti irresponsabili del Polisario, lo stanno incoraggiando nella sua ribellione contro la legalità internazionale.

Mi appello al buon senso di questo settore della società italiana per chiedere che, se veramente è interessato a porre fine alla sofferenza e alla tragedia delle 40mila persone dei campi di Tindouf, in Algeria, deve convincere il gruppo separatista ad abbandonare le posizioni intransigenti, massimaliste e utopistiche appartenenti a un’epoca ormai passata.

L’opportunità è presente, con l’iniziativa di autonomia per il Sahara proposta dal Marocco nel 2007 e considerata dalla Comunità internazionale come seria e credibile.

Questa iniziativa, come base per la soluzione politica, è migliorabile, elaborata secondo gli standard internazionali e la sua applicazione sarà garantita dall’Onu. L’autonomia permetterà alla popolazione del Sahara di dotarsi di istituzioni autonome per una autogestione dei loro affari, come un potere esecutivo autonomo, un potere legislativo autonomo, un potere giuridico autonomo e un sistema fiscale autonomo.

Garantire il ritorno con dignità delle migliaia di persone in situazioni drammatiche nei campi di Tindouf, alla loro terra, deve essere la priorità di questa associazione.

 

Sahara, la soluzione è l’autonomia. Scrive l'amb. del Marocco, Youssef Balla

Di Youssef Balla

Pensare che quanto succede al confine del Sahara sia solo un affare marocchino e africano è miopia politica. L’impatto concerne anche l’Europa. L’intervento di Youssef Balla, ambasciatore del Regno del Marocco in Italia

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