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Alexej Navalny è solo la punta dell’iceberg. Per dare veramente seguito alle proteste di piazza contro il Cremlino serve un’opposizione politica unita che, al momento, non esiste. Nel frattempo, la palla passa alle democrazie occidentali, dice Edward Lucas, vicepresidente del Center for European policy analysis (Cepa) ed editorialista del Times.

Le immagini raccontano un movimento di massa, il Cremlino nega. Queste proteste sono davvero senza precedenti?

Sono significative. Forse sono inferiori a quelle nate all’indomani dell’uccisione della Politkovskaja ma danno speranza alle opposizioni e un forte mal di testa al Cremlino. Sabato prossimo ce ne sarà una più grande, quello dopo ancora di più.

Dove possono arrivare?

Temo non molto lontano. Le opposizioni sono disorganizzate, non hanno una strategia, un leader, una disciplina. Non esiste un’opposizione ufficiale in Russia.

Navalny può unirle?

Difficile, perché l’immagine che se ne ha in patria è molto diversa dalla nostra. I media ufficiali ne hanno fatto un personaggio, la maggior parte dei russi non ha nemmeno idea di chi sia. Credono che, tutto sommato, la vita sotto Putin non sia così male, che le cose potrebbero andare peggio. In fondo stanno vivendo il periodo di prosperità e libertà personali più lungo della storia russa, e questo la dice lunga.

Chi può fare la differenza?

La classe medio-alta, la borghesia istruita russa è allo stremo. Non ne può più della stagnazione economica né della pomposità, ipocrisia e corruzione del regime. Ma resta una minoranza.

Dietro i sommovimenti si cela una lotta interna all’establishment?

È la storia di qualsiasi regime autocratico, sono su una perenne altalena. La personalizzazione del potere è un antico problema russo, era così ai tempi dell’Urss e prima ancora con i Romanov. Qualcosa inizia a muoversi ma è ancora presto per aprire la lotta per la successione. È vero, Putin sta invecchiando ma ha ancora tempo e, al momento, nessun serio rivale.

Cosa può smuovere le acque?

In attesa che nasca un’organizzazione politica unitaria, serve una scossa dall’esterno. I Paesi occidentali che fanno affari con il Cremlino, dalla Francia alla Germania, dalla Spagna alla Gran Bretagna e l’Itali, devono smettere di fare i concierge. Iniziando a dire no agli avvocati, ai cleptocrati e ai banchieri che investono milioni di euro in Europa.

L’Ue intanto minaccia sanzioni. Ma la Germania non vuole saperne di bloccare il gasdotto russo North Stream 2. Non è una contraddizione?

È così. La Germania e i tedeschi si stanno assumendo delle gravi responsabiità geopolitiche, e stanno dando un pericolo esempio. Le colpe vanno distribuite fra buona parte dell’élite politica, dalla Cdu alla Csu fino alla Spd. Credono che si possa avere gratis la sicurezza, si sbagliano. Se fai accordi con dittatori, siano cinesi o russi, indebolisci tutti gli altri. E infatti gli ucraini pagheranno con le loro vite quel gasdotto.

Cosa cambia con Biden alla Casa Bianca?

L’inizio è promettente. È la prima volta da Regan che una presidenza americana non inizia con la promessa di un reset delle relazioni con la Russia. Biden si è circondato di grandi esperti, persone che hanno imparato dagli errori commessi durante l’amministrazione Obama e non vogliono ripeterli. Ma gli Stati Uniti hanno i loro problemi e se l’Europa pensa di poter restare a guardare con le mani in mano si sbaglia di grosso.

 

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