Skip to main content

Ursula von der Leyen scopre le carte sul Recovery Fund da 750 miliardi. E lo fa nel giorno del discorso sullo Stato dell’Unione, l’appuntamento con cui fare il punto della situazione sui progressi, politici ed economici, dell’Europa. Svelando un Recovery Fund a trazione verde. A stretto giro il governo italiano alza a sua volta il velo sul piano di riforme da presentare a Bruxelles entro il 15 ottobre (e da ieri all’attenzione del Parlamento) su cui veicolare i 209 miliardi riservati all’Italia. Piani ambiziosi, da ambo le parti (per l’Italia si parte dal riassetto dell’Irpef fino al sostegno alla digitalizzazione).

C’è però un dato che più di tutti è saltato all’occhio, anzi due: quel 37% che nei piani della presidente della Commissione Ue va destinato al cambiamento climatico. Poco più di 277 miliardi su 750 da dirottare sulla transizione verde e la decarbonizzazione. In una parola, sul cambiamento dell’industria continentale. Di più. Un sorpasso a destra degli accordi di Parigi del 2015 sulle emissioni di gas serra, che cinque anni fa ha fissato al 40% la riduzione dei gas entro il 2030. Ecco però l”ambiziosa proposta dell’esecutivo comunitario di rivedere l’obiettivo, portandolo dall’attuale 40 ad “almeno” il 55%. Una vera e propria fuga ambientalista, dice a Formiche.net Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. Ma non è che a rimetterci sarà l’industria?

Tabarelli, il 37% del Recovery Fund per il climate change. E gli accordi di Parigi quasi ormai superati. Siamo alla svolta verde dell’Unione?

Siamo alla fuga in avanti verso l’ambientalismo, c’è stata una grande e forte accelerazione. Si è confermata una politica comunitaria fortemente improntata all’ambientalismo che è un po’ quello che serviva alla sinistra europea per contenere il populismo. Credo che una spinta a tutto questo sia anche arrivata dai partiti ambientalisti tedeschi, che sono molto influenti.

Le indicazioni date oggi dalla von der Leyen sembrano comunque impattare sugli obiettivi ambientali già fissati per il 2030, in termini di taglio alle emissioni. O no?

Certamente gli annunci di oggi confermano come il verde sarà uno dei valori guida di questa ripartenza dell’Europa. Ci saranno più rinnovabili e più idrogeno, ma questo grande salto nel verde non deve tramutarsi in una fuga dalla realtà, che sarebbe un errore strategico da non commettere.

Che cosa intende dire?

La questione è semplice. Si fa presto a dire ambientalismo se poi però manca una convergenza sull’industria. Cina e Stati Uniti non stanno seguendo l’Europa per quanto riguarda la lotta alle emissioni e infatti le imprese cinesi e americane pagano molto meno l’energia di quanto la paghino le aziende europee. Questo si traduce in una perdita di competitività per le aziende del Vecchio Continente. Voglio dire, se Cina e Stati Uniti non rinunciano al carbone e l’Europa insegue il verde va anche bene ma a un patto: che la rincorsa al verde si tramuti in dei vantaggi per la nostra industria, con un abbassamento dei costi per l’energia.

E l’Europa può vincere la sfida verde senza perdere quella industriale, recuperando la competitività perduta con Cina e Usa?

Difficile. Non è un caso che sia l’Italia, sia la stessa Europa siano in fase di de-industrializzazione. Il caso più estremo è proprio l’Italia, che rispetto al 2007 è un Paese più povero, che ha buttato via persino l’automotive. La stessa auto-elettrica è in un certo senso un rischio, una scommessa. Si sono investiti miliardi nell’auto elettrica senza la ragionevole certezza che possa essere venduta su larga scala, visto che non tutti se la possono permettere.

Allora era meglio puntare più su un rinnovamento dell’automotive, magari un ricambio del parco veicoli?

Diciamo che per incentivare le auto elettriche dei ricchi professionisti, i monopattini dei giovani metropolitani e le bici delle mamme consapevoli sono state sottratte risorse da destinare invece alla ben più vitale sicurezza: ponti stabili, asfalti saldi, utilitarie nuove a basse emissioni al posto di vecchie caffettiere pericolose, divieti di sosta rispettati, piste ciclabili rassicuranti, semafori funzionanti.

Insomma, Tabarelli, non è tutto oro quel che luccica. E Quanto detto oggi da von der Leyen non deve illudere più di tanto…

Il fattore verde, il concetto di transizione, il Green new deal non sono cose sbagliate. Ma hanno anche una precisa valenza politica perché servono a compattare e unire un Continente, l’Europa, profondamente diviso. Però tutto questo ha un prezzo e il prezzo è la perdita di competitività delle imprese e dell’industria. Va bene l’energia pulita, ma se costa il doppio rispetto ad altri contesti allora non è un vantaggio. Questa è una verità e bisogna dirla. L’economia verde non può compensare l’industria, dobbiamo capirlo.

E come la mettiamo con la decarbonizzazione? Anche qui l’Italia si è data obiettivi precisi.

L’Italia ha otto centrali a carbone che vuole chiudere presto, la Germania ne ha 100. Ma la chiusura costerà qualcosa in bolletta per i consumatori, perché parliamo di costi derivanti dalla chiusura non pienamente ammortizzati.

Tabarelli, pochi giorni fa il ministero dell’Ambiente italiano ha lanciato un sondaggio per valutare l’aumento delle accise sul diesel. Metodo quanto meno bislacco…

Una vetrina per poter parlare di consultazione popolare quando invece avevano già deciso tutto. La scelta di aumentare le accise sul diesel è l’ennesimo paradosso: noi abbiamo accise sull’energia tra le più alte d’Europa, dire che il gasolio gode di sussidi ambientalmente dannosi è assurdo. Tutti gli anni lo Stato incassa 40 miliardi dalla tassazione del petrolio e quest’anno, causa crollo consumi, avremo meno entrate per 8 miliardi di euro. Aumentare le tasse ora, mi pare francamente assurda come scelta.

Brava Ursula su clima ed emissioni ma non dimentichiamo l'industria. Parla Tabarelli

Ursula von der Leyen scopre le carte sul Recovery Fund da 750 miliardi. E lo fa nel giorno del discorso sullo Stato dell'Unione, l'appuntamento con cui fare il punto della situazione sui progressi, politici ed economici, dell'Europa. Svelando un Recovery Fund a trazione verde. A stretto giro il governo italiano alza a sua volta il velo sul piano di riforme…

hacker

Zhenhua, perché la Cina è attenta anche all’anti-Stato. Scrive Adriano Soi

Dalle pagine del Foglio abbiamo appreso che due milioni e mezzo di persone in tutto il mondo sono state schedate da Zhenhua Data, società cinese costituita un paio d’anni fa e specializzatasi nella raccolta di dati personali tratti da fonti aperte. Sembra che anche dalle parti di Shenzhen, il diavolo faccia bene le pentole ma non i coperchi e così…

Siria, dopo le bombe la povertà. Lo sguardo fraterno del cardinal Zenari

Da alcuni giorni il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, è in Vaticano, dove è stato ricevuto da papa Francesco nei giorni della preghiera per il Libano. Un viaggio non semplice il suo dal cuore incandescente del Mediterraneo orientale: si parte da Damasco alla volta dello scalo di Beirut, con le sommosse che sconvolgono il Libano, con posti di…

Un vaccino contro la pandemia della penuria

Un virus e viene giù tutto. Si, tutto, pure l’economia e in tutto il mondo! Nel mondo, oltre cinque miliardi di persone ne sono rimaste invischiate; quando da questa pandemia saremo fuori, toccherà trovare il modo di non cadere in quella della penuria, a cui già sembrava costretto il mondo dalla “stagnazione secolare”. Pandemia della penuria, appunto, che costringerà a…

Punire Putin, accontentare Trump. Il dilemma tedesco sul Nord Stream 2

Il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, non ha usato mezzi termini con la Russia, eterno incubo: "L'Europa dovrebbe trattare la situazione in Bielorussia e l'avvelenamento di Aleksej Navalny come un monito, forse l'ultimo. L'unica razionale via d'uscita dovrebbe essere lo stop alla realizzazione del progetto Nord Stream 2". Il gasdotto che collega la Russia alla Germania, e che farà raddoppiare il quantitativo…

Muraglia (anti)cinese. Così Trump blinda Taiwan

Gli Stati Uniti hanno in mente di vendere fino a sette principali sistemi d’arma — tra cui mine, missili da crociera e droni — a Taiwan. Lo riporta l’agenzia Reuters citando quattro fonti vicine al dossier sottolineando la concomitanza con gli sforzi dell’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump per “aumentare la pressione sulla Cina”.  Entro poche settimane la questione dovrebbe…

Futuro digitale, ma più sicuro. Le parole di Pisano e Profumo a Cybertech Europe

Il mondo del post-Covid-19 sarà sempre più digitale. È per questo che serve un nuovo approccio alla cyber-sicurezza, europeo e all'insegna dello sforzo condiviso tra istituzioni, industria e mondo della ricerca. È il messaggio che arriva dalla CybertechLive Europe 2020, capitolo europeo della rassegna nata in Israele, quest'anno tutto in modalità virtuale a causa della pandemia. Tra i protagonisti del dibattito Paola Pisano, ministro per l’Innovazione…

Al porto di Haifa è già in moto l’accordo Israele-Uae (contro Cina e Iran)

L'accordo per la normalizzazione dei rapporti tra Israele ed Emirati Arabi, mediato dalla Casa Bianca (dove ieri è stato formalmente siglato), ha già un effetto diretto di carattere economico-commerciale quanto forse geopolitico. Secondo quanto riporta Haaretz (quotidiano progressista israeliano non amico del governo Netanyahu), la Israel Shipyards e l'emiratina DP World stanno discutendo l'acquisto congiunto di tutte le banchine rimase in…

iraq, netanyahu, insediamenti

Tutte le sfumature del nuovo rapporto tra Israele e Bahrein. L'analisi di Valori

La questione del nuovo rapporto tra Israele e il Bahrein, che segue l’accordo già siglato tra Gerusalemme e gli Emirati Arabi Uniti, è di particolare interesse; e segna un riallineamento del mondo sunnita, in evidente funzione anti-iraniana, con lo stato ebraico e, quindi, indirettamente, con l’occidente. Ma Israele non pensa sempre, sul piano strategico, come i suoi alleati occidentali, e…

Maduro viola i diritti umani in Venezuela. La denuncia delle Nazioni Unite

Omicidi, torture, arresti arbitrari. Il regime di Nicolás Maduro in Venezuela, attraverso le forze di sicurezza e i gruppi armati alleati, compiono violazioni sistematiche dei diritti umani. La dura denuncia diffusa oggi arriva dagli esperti delle Nazioni Unite, che hanno presentato un report commissionato l’anno scorso dal Consiglio per i diritti umani di 47 Stati membri. I risultati si basano…

×

Iscriviti alla newsletter