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Nessuno governa da solo, tantomeno con una pandemia in corso e con un cambio epocale di fase politica, che rimette in discussione la stessa impalcatura delle istituzioni e il rapporto tra Stato, Regioni e Europa. Lo crede Francesco D’Onofrio, che con Formiche.net fa un’analisi approfondita della crisi di governo, delle ragioni che l’hanno scatenata e degli scenari possibili. Un Conte ter? Improbabile, crede il professore e più volte ministro e parlamentare, che non guarda solo a Palazzo Chigi ma anche al Colle, e non esclude un Mattarella bis.

Professore, che idea si è fatto di questa crisi?

Quella in atto non è una normale crisi di governo perché siamo in un passaggio di sistema politico ancora da definire. In Italia ci sono state tantissime crisi di governo dal ’48 in poi, ma alcune di queste testimoniavano il passaggio da una fase politica a un’altra.

Ad esempio?

Ad esempio quando ci fu la caduta del muro di Berlino e a seguire la fine dell’Unione Sovietica nel 1991 il passaggio dal dopoguerra a un nuovo equilibrio politico che doveva essere definito, oppure dopo Mani Pulite, la vicenda giudiziaria che colpì prevalentemente i partiti che avevano concorso a governare quella che si iniziava a chiamare Prima Repubblica, fu un momento nodale da cui iniziò una nuova fase aperta proprio da una crisi di governo.

Cosa cambia, in quegli anni?

Si passa da un modello quasi esclusivamente proporzionale, ad un modello misto tendenzialmente maggioritario, il cosiddetto Mattarellum che prende il nome proprio dal suo relatore, Sergio Mattarella, che in quegli anni era componente della Commissione Affari Costituzionali di cui anche io facevo parte. Quella che guida Mattarella in questi giorni, quindi, è molto più di una semplice saggezza personale.

Ci spieghi meglio.

Abbiamo la fortuna di avere in questo spinoso passaggio di fase politica un Presidente della Repubblica che riassume in sé, al meglio, la cultura politica della Prima Repubblica, la cultura istituzionale della Seconda e una sua preferenza per ordine costituzionale da giudice della Corte Costituzionale. È un insieme di circostanze che rendono Mattarella un caso unico in un momento di passaggio fondamentale come quello che stiamo vivendo.

Cosa può fare, ora, il Capo dello Stato?

Non può inventare nuovi sistemi di maggioranza, non è una sua competenza costituzionale e lui è rigorosissimo nel rispettare le norme della Carta, però può concorrere con la cosiddetta moral suasion molto più di quanto si creda in questa fase politica di estrema difficoltà.

Ma parliamo di nomi. Mattarella darà l’incarico a Conte?

Non credo che il Capo dello Stato in questo momento potrà dare un incarico pieno a Conte, perché finirà per constatare, attraverso le consultazioni tra oggi e domani, che su Conte non c’è una maggioranza di governo capace di far fronte alle due grandi strategie politiche che abbiamo di fronte. Ma non credo neanche che lo farà fuori completamente.

Cosa resta, allora?

Questa è la mia previsione: al termine di questo primo giro di consultazioni ritengo possibile una sorta di mandato esplorativo a Conte in tempi molto rapidi – due o tre giorni, per intenderci – per verificare se lui riuscirà ad avere una maggioranza per governare o se deve rinunciare. Ma sarà molto difficile trovarla.

Quindi niente Conte ter?

Conte ha rappresentato un punto di equilibrio politico complessivamente accettabile di un sistema politico che non c’è più. Quel sistema politico che aveva concorso a costruire il governo Conte II, M5S, Pd, LeU e Italia Viva, non esiste più. Un’ipotesi di un Conte Ter, quindi, con quel tipo di equilibrio non lo ritengo neanche lontanamente possibile.

Per questo è nato il gruppo dei cosiddetti responsabili…

Sì, si sta tentando di dare vita a quella molto strana vicenda di un gruppo parlamentare che dovrebbe astrattamente e potenzialmente ridurre l’impatto politico di Italia Viva nel contesto della maggioranza e avere quindi un altro equilibrio politico. Ma anche in questo caso, non credo sia possibile sommare al quadripartito originario il gruppo, peraltro ancora sostanzialmente misterioso, dei cosiddetti responsabili.

Misterioso ma non troppo. Al Senato il nuovo Gruppo ha preso forma…

Quando dico misterioso non intendo in termini puramente formali. È misterioso dal punto di vista politico. Che cosa sia questo gruppo in termini politici non lo si sa. E ritengo che quando il Presidente della Repubblica parlerà con loro capirà che si tratta di una mera aggregazione parlamentare priva di sostanza politica. Insomma, irrilevante per formare un governo e rilevante solo per ridurre l’impatto politico di Italia Viva.

Ci sono stati passi avanti e passi indietro di diversi senatori, in effetti. Da Sandra Lonardo a Luigi Vitali.

Ma certo. Perché è un soggetto parlamentare raccogliticcio senza un’idea di fondo. Parliamo di un gruppo dalla consistenza molto varia e incerta, uno viene e uno va. Io sono molto amico di Sandra Lonardo, la vicenda che la coinvolge è la controprova che non c’è una visione politica, non è stato un fatto umorale ma una valutazione politica che rappresenta l’inesistenza del soggetto politico a cui fa riferimento.

Torniamo allora a Conte e al mandato esplorativo. Con quale scopo il presidente del Consiglio ipoteticamente incaricato, parlerà con le forze politiche in Parlamento?

Il mandato esplorativo tenderà a due questioni di fondo ancora aperte: qual è il punto di equilibrio accettabile dentro i 5 Stelle tra l’ipotesi di ritornare al voto (quindi o Conte o morte) e l’ipotesi di non tornare al voto con un altro esponente che comunque abbia il consenso dei 5 Stelle. Questo punto di equilibrio è da verificare nel rapporto tra Conte e i 5 Stelle.

Per quanto riguarda il Partito democratico, invece?

Il problema è molto più delicato. C’è un intreccio di fatti umorali e personali che riguardano il rapporto tra Pd e Renzi, problema mai definitivamente risolto da quando è nata Italia Viva ad oggi, con punti di estremismo antirenziano o di sospetto di renzismo occulto da parte di alcuni. Ma la questione politica è che il Pd ha avuto il ruolo determinante per l’equilibrio politico esistente. Se vuole essere determinante in un nuovo equilibrio politico, come ritengo che possa volere, questo pone in discussione la sostanza del Partito democratico.

Perché questo ha un impatto diretto sul tipo di governo che uscirà dalle consultazioni?

Ci sono due grandi punti nodali: la pandemia, per la quale è chiaramente più facile trovare un punto d’accordo tra i diversi soggetti politici. L’altro nodo, invece, è molto più complesso e anche centrale, malgrado sia stato sostanzialmente ignorato.

A cosa si riferisce?

La gestione finanziaria, progettuale e politica del Recovery Fund è fondamentale. Questo si traduce in qual è l’idea di rapporto tra Italia e Europa, e qui il Partito democratico si dovrà interrogare. Così come si dovrà interrogare sul rapporto tra Stato e Regioni, quello che si sintetizza con la domanda ancora senza risposta: “Un nuovo Titolo V?”. Non a caso c’è il punto interrogativo.

È cambiato il rapporto tra centro e periferia…

Totalmente. Oggi è un rapporto da ripensare completamente. Chi lo può fare? Un governo che possa farlo dovrebbe prevedere un organismo speciale, e qui la novità istituzionale che occorre immaginare, non la commissione bilaterale data alle opposizioni di cui ho letto sui giornali, ma un organismo bilaterale che abbia come punto centrale il ripensamento del rapporto centro-periferia in Italia e il rapporto Italia-Europa. Questo è il cuore della nuova fase.

Una fase che non sarà breve.

Esatto, ovviamente non finisce in uno o due anni. Questa fase coinvolgerà i prossimi dieci, quindici anni, nessun governo ha una durata del genere, neanche l’incarico del Presidente della Repubblica, a meno che non venga riconfermato per un intero mandato.

Credo possibile un Mattarella-bis?

Oggi non mi sentirei di escludere in via di principio una riconferma di Mattarella al Quirinale. Ritengo improbabile un prolungamento, ma un rinnovo totale non sarebbe strano. Quello attuale è un caso raro di equilibrio tra i rapporti interni e quelli con l’Europa. Noi non abbiamo nessuno nel panorama politico italiano dello stesso livello.

Neanche Draghi?

Draghi è persona eccellente, ma si muove su un terreno di cultura finanziaria internazionale, non viene da un’esperienza politica diffusa, è una cosa molto diversa.

E la prospettiva delle elezioni, allora, si avvicina?

Le elezioni non possono essere minacciate per ottenere il consenso a questa maggioranza, come qualcuno è tentato di fare. Non possono essere uno strumento contundente con cui si cerca di intimorire i parlamentari per poter aderire ad un governo che garantisce che non si vada a elezioni. L’ipotesi che si vada a elezioni non è da escludere, ma occorrerebbe anche lì che emergesse un soggetto politico che oggi non c’è.

Il cosiddetto Partito di Conte?

Non si tratta della semplice lista di Conte, si tratta di un nuovo soggetto politico che io oggi non vedo, ma che nei prossimi mesi potrebbe emergere. Ma il cuore del problema, mi permetta di insistere, è un altro, che si vada a elezioni oppure no.

Quale?

Al cuore dell’opposizione di Renzi c’è stato il problema su come organizzare la gestione di quei fondi che arriveranno dall’Europa. Qualunque nuovo governo può nascere dicendo come intenda affrontare la gestione organizzativa di questi fondi: una commissione speciale, una commissione congiunta, una struttura che però preveda anche i partiti che non sono al governo. E questo vuol dire che alla guida del prossimo governo è necessario un tandem, come furono il governo Amato con Ciampi, il governo Berlusconi con Bossi. Nessuno governa da solo, in questa fase.

Sergio Mattarella

Conte ter? Non credo, ma un Mattarella bis... Parla D'Onofrio

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