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“Saranno quattro anni di duro lavoro”. La nuova presidenza americana di Joe Biden e Kamala Harris darà filo da torcere all’Ue e all’Italia, parola di ambasciatore. Giampiero Massolo, presidente dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) e di Fincantieri, diplomatico di lungo corso e già direttore generale del Dis, mette in guardia dai facili entusiasmi sull’era Biden che si apre oggi a Washington DC. Intervistato dalla “Task Force Italia” e dal suo presidente Valerio De Luca, Massolo ha spiegato perché, soprattutto in politica estera, la nuova era americana sarà un duro banco di prova per Roma e Bruxelles.

Rispetto all’amministrazione di Donald Trump cambia il metodo, certo. “Questa presidenza farà del ritorno al multilateralismo un punto centrale dell’agenda”. Sul merito bisogna farsi poche illusioni. Ci sono pilastri della politica americana, avvisa Massolo, che non si smuovono con un cambio della guardia alla Casa Bianca. È il caso dei rapporti con la Cina di Xi Jinping, rivale sistemico al primo posto della lista. “Abbiamo visto un allineamento crescente al Congresso, che su questi temi non di rado rasenta l’unanimità”. Vale ancor di più per la Russia di Vladimir Putin con cui notoriamente i democratici americani non usano i guanti. “Lo dico a beneficio delle forze politiche italiane: non ci saranno indulgenze né scappatoie da parte di Biden, anche qui ci si muoverà all’unanimità”, dice il presidente dell’Ispi.

Sul fronte del commercio le sfide rimangono. Anche qui, spiega l’ex capo degli 007 italiani, meglio non fare incetta di wishful thinking: la “Guerra Fredda” a suon di dazi e dumping fra Cina e Stati Uniti andrà avanti. “Non si può pensare che di colpo svaniscano i conflitti commerciali”. Non fa eccezione l’Europa, con cui non mancano frizioni, dal fronte digitale al fisco. “Sarebbe sbagliato credere che l’amministrazione Biden abbracci in tutto e per tutto le politiche della Commissione Ue fingendo che non esistano delle contese, quella fra Boeing e Airbus è tra le più evidenti”.

Per “ballare” con la nuova amministrazione democratica servirà un’Europa meno frammentata in politica estera. Si parte dai diritti umani: “Questi valori non possono essere lasciati fuori dai rapporti con una potenza come la Cina, e invece purtroppo abbiamo spesso assistito al contrario in questi mesi”.

La prima sfida però rimane la lotta al Covid e il rilancio dell’economia Ue con i fondi del Next Generation EU. L’Italia ha diritto alla fetta più grande, 209 miliardi di euro. Ma per mettere a terra investimenti che, per ora, restano sulla carta, serve progettualità, e una chiara gerarchia degli interventi. Una necessità riconosciuta da tutti i partecipanti al convegno: oltre a Massolo, i membri della task force Vito Cozzoli, presidente e ad di Sport e Salute Spa, Andrea Gumina, Consigliere del Ministro degli Affari Esteri e componente dello Sherpa Office G7/G20, Saverio Ruperto , Professore Ordinario di Diritto Privato alla Sapienza e la vicepresidente della Task Force Dina Ravera.

“L’occasione è unica. Sotto la spinta della pandemia quelli che sembravano tabù incrollabili, dal patto di stabilità al debito fino agli aiuti di Stato”, ha detto Massolo. Merito di una signora chiamata Angela Merkel, pronta a lasciare la politica nel 2021. “Ha capito che non ci potevamo permettere di ripetere l’errore commesso con la Grecia nel 2010. L’implosione dell’economia italiana avrebbe creato un buco nero”.

Quattro le macro-aree di intervento per il governo italiano, una volta archiviata la crisi invernale. “Demografia, formazione, produzione reale e giovani. Un Paese non si può reggere solo sugli anziani”.

Al cuore del “Recovery Plan” ci deve essere il tessuto imprenditoriale italiano, ha aggiunto Cozzoli. “Il nostro Paese è un esempio di straordinario successo, la capacità produttiva delle nostre imprese del Nord-Est è un modello industriale per tutta l’Europa”. “Ricordo la mia esperienza al Mise, quando dovevo proporre al Capo dello Stato i Cavalieri del lavoro. La legge prevede che siano imprenditori, ma quelli degli ultimi 5 anni sono tutti grandi manager, è un segnale. La presidenza italiana del G20 può essere un’occasione per invertire la tendenza”.

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