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In una corrispondenza del 2012 per Formiche raccontavo il dramma sociale nella Grecia della troika, con file per avere del cibo gratuito. Giorni fa uno scenario più o meno simile è stato testimoniato da alcuni colleghi a Milano, con i nuovi poveri in dignitosa fila per un pasto. Non vorrei che in Italia in questo primo anno post Covid si parlasse solo di Sanremo, dpcm e zonarossa.

Il pezzo andato in onda su Rai3 qualche sera fa dava conto di una cooperativa sociale a cui si sono rivolti negli ultimi mesi non solo “indigenti storici”, come senzatetto o immigrati, ma anche altre vittime della pandemia. Camerieri, camionisti, lavoratori di vario genere che sono purtroppo stati privati del sostentamento quotidiano dato dall’occupazione. Un contratto che evapora, un’azienda che non ce la fa e chiude, la cassa integrazione che non arriva, una mole di spese che non si possono più affrontare.

Come la Grecia?”, abbiamo titolato più volte in passato rammentando lo schema che sarebbe potuto toccare all’Italia, che quanto a fondamentali ha parecchie pecche da sanare. Si diceva che ovviamente i due paesi sono diversi e con strutture non paragonabili: corretto, ma quelle immagini girate a Milano, la capitale industriale italiana, mi hanno lasciato un segno.

Avendo raccontato sui giornali italiani e stranieri la crisi greca, a cui ho dedicato il pamphlet Greco-eroe d’Europa” (Albeggi, 2014) ho toccato personalmente la disperazione di quelle persone. Suicidi da crisi anche fra i ceti più abbienti, come un farmacista che si sparò un colpo di carabina in piazza Syntagma perché lo Stato gli doveva centinaia di migliaia di euro; bimbi che si accasciavano a scuola perché malnutriti; lavoratori che hanno ricevuto via mail la notizia di tre tagli a pensioni e stipendi; costi di alcuni prodotti alimentari aumentati del 20% dalla sera alla mattina; banche chiuse senza alcun preavviso, con tutti i dipendenti licenziati.

Righe da Cassandra? Mi auguro di no, ma la Milano di oggi mi è sembrata proprio la Atene di ieri, quando l’aria nell’Egeo (non nelle gettonatissime isole, ma in provincia e nei sobborghi) era parecchio pesante.

La soluzione? Non si trova evidentemente in una tasca, ma sarebbe utile che anche sui media si parlasse di più di questo aspetto sociale, almeno per chi crede ancora al ruolo pedagogico della comunicazione. Senza dimenticare la scuola (tra dad e nuove depressioni giovanili) tragicamente sparita dai radar di dibattiti e analisi.

twitter@FDepalo

File per mangiare: è Milano oggi, ma sembra la Atene di ieri

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