Skip to main content

Lasciamo perdere per un attimo le suggestioni e concentriamoci sui fatti. Il funerale di papa Bergoglio è stato uno straordinario momento di alta diplomazia, fuori dai protocolli, ma con la potenza evocativa del contesto. Il tutto condito da una genuina – all’apparenza – estemporaneità racchiusa nel colloquio fra il presidente ucraino Zelensky e l’inquilino della Casa Bianca, Donald Trump. Parallelamente, il capannello a cui hanno partecipato il britannico Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron. Proprio sul ruolo di quest’ultimo, si sono affollate congetture e analisi. “La presenza di Macron è il frutto dell’accelerazione impressa dalla scomparsa del pontefice ad alcuni processi. Ora è il momento di rilanciare l’asse italo-francese, anche per dare ulteriore forza all’ipotesi di una pace giusta in Ucraina”. La lettura, consegnata alle colonne di Formiche.net, è di Jean-Pierre Darnis professore di Storia contemporanea alla Luiss di Roma e di Storia delle relazioni italo-francesi all’Università di Nizza.

Darnis, il colloquio Trump-Zelensy è stato senz’altro significativo anche in termini di potenza dell’immagine. Come ne escono invece gli altri leader europei?

Nell’estemporaneità, o presunta tale, di quel momento emerge un fatto positivo: dopo il burrascoso incontro fra i due alla Casa Bianca, finalmente un confronto con toni civili. Probabilmente favorito anche dalla diplomazia vaticana. E non c’è dubbio che questo sia un elemento di grande valore per il Vaticano. Gli altri leader, in particolare Macron e Starmer, emergono per quello che sono: due politici che, cogliendo un’occasione di quella portata, non rinunciano al loro essere agguerriti. Ma con scarso successo. Meloni, invece, ha scelto giustamente la strada della compostezza. Però è significativo che in qualche modo si siano incontrati tutti quanti.

In premessa lei ha sostenuto che il rafforzamento dell’asse italo-francese sia fondamentale per tentare di ottenere una pace giusta per l’Ucraina. In che modo?

Innanzitutto una prospettiva di questo tipo mostrerebbe, anche agli occhi degli Usa – che in questo momento hanno un atteggiamento imprevedibile verso l’Ue – un’Europa più forte, compatta e determinata. In questa ottica, sarebbe fondamentale allargare questa “intesa” per lo meno a tutti i Paesi fondatori. Nella mia idea, questa proiezione, coinvolgerebbe anche il Regno Unito. È evidente che in questo quadro, sui rapporti politico-strategici fra Italia e Francia occorra un salto di qualità.

Declinato in quale formula?

La cornice di partenza è il trattato del Quirinale, che peraltro ha dimostrato di funzionare. Ma adesso bisogna riprendere i bilaterali governativi interrotti nel 2021. Le due economie sono profondamente interconnesse, alcuni fra i settori più importanti – dai trasporti all’industria della Difesa – lavorano in maniera ottimale. Così come il rapporto fra ministeri è molto positivo. Ora bisogna uscire dalla logica dello screzio che strutturalmente ha sempre caratterizzato il rapporto con la Francia.

Per parte francese, quale sarebbe il passo avanti da fare?

Prima di tutto uscire dalla logica semplicistica che troppo spesso associa Marine Le Pen alla premier italiana, Giorgia Meloni.

Uno dei punti distintivi fra le due è senz’altro la proiezione europea. Su questo, anche il viaggio di Meloni a Washington è stato apprezzato dalla governance Ue. La posizione francese?

Sicuramente Meloni prima del viaggio aveva avuto un confronto con la Germania, ma posso immaginare anche con la Francia anche se magari non direttamente con il presidente Macron. Il presidente del Consiglio ha avuto un atteggiamento ineccepibile, allineandosi alle posizioni europee. Fra l’altro, dopo un primo momento in cui sia Macron che Starmer erano “saliti in cattedra” nel rapporto con gli Stati Uniti a seguito della dichiarazione di disimpegno militare da parte di Trump, Meloni con quel viaggio e impostando il lavoro più sul piano commerciale ha riacquisito una grande centralità sul piano europeo e non solo.

Siamo ancora cronologicamente lontani, eppure nei giorni scorsi – a seguito della condanna di Marine Le Pen – il leader del RN, Jordan Bardella ha annunciato ufficialmente la sua disponibilità a candidarsi per la corsa all’Eliseo. Che segnale va colto?

Era abbastanza ovvio. Bardella gode di una grande popolarità, si presenta bene. E può veramente rappresentare l’opportunità di arrivare al potere per un campo che non avrebbe mai potuto ambire all’Eliseo con Marine Le Pen. 

Quindi – pur nelle differenze del caso – si può dire che Bardella sarebbe per la Francia quello che Meloni è stata per l’Italia?

Beh, Meloni è una politica decisamente più strutturata e tatticamente più preparata. Però Bardella, al pari di Meloni, è una figura che può competere sull’elettorato della destra tradizionale, può ambire a intercettare il consenso dei gollisti. E, non essendo legato per lo meno formalmente alla famiglia Le Pen, può arrivare all’Eliseo.

Perché un forte asse italo-francese aiuterebbe Kyiv. La versione di Darnis

I funerali del papa hanno rappresentato uno straordinario momento di confronto fra il presidente ucraino e quello americano, ma anche per rafforzare la dimensione europea allargata al Regno Unito. Per arrivare a una pace giusta, occorre rafforzare l’asse franco-italiano estendendolo anche ai Paesi fondatori. Sul piano politico-strategico, serve un salto di qualità nei rapporti, riprendendo gli incontri bilaterali. Conversazione con il politologo Jean-Pierre Darnis

Trump rilancia, altri 150 miliardi per la Difesa nel 2025. Cantieristica e Golden Dome in cima alla lista

Il partito repubblicano ha proposto un boost da 150 miliardi di dollari al budget del Pentagono per il 2025. Se approvato, porterebbe la spesa militare Usa oltre i mille miliardi entro l’anno. In cima alla lista delle priorità, cantieristica e Golden Dome, ma anche munizionamento e il potenziamento delle capacità nucleari

Roma-Riad, così Assolombarda pesa il valore della partnership

A Milano il Forum per le imprese italiane e saudite, organizzato da Assolombarda. Il punto di partenza è un export aumentato dell’87% in quattro anni. Ma si può fare molto di più, specialmente se la guerra commerciale dovesse protrarsi a lungo

Fatti nuovi nell’economia russa e prosecuzione della guerra. Tutti i legami secondo Jaconis           

Di Stefania Jaconis

La resilienza che l’economia russa ha mostrato fino ad oggi poggiava in gran parte sull’acquiescenza di quel quasi 50% di famiglie che non si sentivano economicamente danneggiate dalla guerra. Se però, per motivi sia interni che internazionali, continua il degrado progressivo di un numero crescente di parametri, e se questo induce un impoverimento crescente della popolazione, per la prima volta il livello di vita dei cittadini russi potrebbe diventare per il regime putiniano un fattore di limitazione delle scelte. L’analisi dell’economista Stefania Jaconis

Dalla difesa al tessile, ma non solo. L'occasione del vertice Meloni-Erdogan

Il vertice italo-turco di domani da un lato segna un’altra significativa tappa del rafforzamento della cooperazione tra i due Paesi, dall’altro si inserisce in un momento forse decisivo per le sorti della guerra in Ucraina. E per il concepimento di futuri progetti in Africa, viste le politiche turche in Libia e la presenza italiana con il Piano Mattei

Impegno sociale e attenzione agli ultimi. Il premio Carli nel solco di papa Francesco

La straordinaria eredità di Papa Francesco sarà il filo conduttore della XVI Edizione del Premio Guido Carli, intitolata al Santo Padre appena scomparso e interamente dedicata all’impegno sociale e alla condivisione. L’evento promosso dalla Fondazione Guido Carli presieduta da Romana Liuzzo, si terrà il 9 maggio 2025 a Roma, alle ore 17.30, nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica. Ecco chi sarà premiato e perché

L’ombrello americano nell’Indo-Mediterraneo sta proteggendo l’Europa dagli Houthi

La campagna americana ha ridotto le capacità offensive degli Houthi nell’IndoMed. Con i militanti indeboliti si apre una nuova fase (negoziale) per lo Yemen? Intanto l’efficacia Usa smentisce le recenti preoccupazioni europee sulla capacità americana di garantire la sicurezza globale

Fake news elettorali su TikTok. Cosa sta succedendo in Portogallo

TikTok Portogallo ha messo in piedi un “centro elettorale” per aiutare gli utenti a distinguere e valutare le informazioni sulle prossime elezioni del 18 maggio. Il rischio interferenze, come nelle elezioni in Romania è ancora alto, in attesa delle conclusioni dell’indagine Ue

Meno tasse per chi spende. La mossa anti-dazi della Cina

La guerra commerciale sta facendo sentire i suoi effetti sul Dragone. Ora l’imperativo è rilanciare la spesa e per farlo non resta che tagliare le imposte per gli acquisti oltre i 200 yuan

Così la Cina spinge Manila tra le braccia di Washington. L’occupazione di Sandy Cay letta da Caruso

Di Ivan Caruso

Nel contesto delle crescenti tensioni geopolitiche nella regione indo-pacifica, un minuscolo banco di sabbia è diventato l’ultimo campo di battaglia diplomatico tra Cina e Filippine. Il 28 aprile 2025, i media statali cinesi hanno annunciato che la Guardia Costiera cinese ha “implementato il controllo marittimo” e “esercitato giurisdizione sovrana” su Sandy Cay, un piccolo banco di sabbia nelle contese Isole Spratly del Mar Cinese Meridionale. L’occupazione di questa minuscola formazione geografica, apparentemente insignificante, è in realtà un tassello cruciale nella strategia espansionistica di Pechino, con potenziali ripercussioni che si estendono ben oltre la regione. L‘analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Sioi

×

Iscriviti alla newsletter