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Il 2023 di Giorgia Meloni volge al termine e il 2024 parte da una certezza: la spinta e la fiducia dei mercati verso il governo italiano. Non è stato certo un anno privo di emozioni quello della prima premier donna, reduce dal complicato negoziato sul nuovo Patto di stabilità, conclusasi con una piccola vittoria italiana, anche se forse qualcosa di più l’Europa poteva concedere (qui l’intervista all’economista Stefano Micossi). Prima l’onda d’urto della stretta monetaria voluta dalla Bce, poi il braccio di ferro sul Mes e la messa a terra di una manovra basica e dalle poche pretese, collateralmente alla revisione delle previsioni di crescita. In mezzo, due conflitti alle porte dell’Ue che ne minano la ripresa.

Ma in tutto questo i mercati che prestano all’Italia non meno di 400 miliardi all’anno, rappresentando il pilastro che sostiene il debito sovrano (oltre 2.800 miliardi), hanno mantenuto la loro postura, a scanso di crisi di panico verso lo Stivale. Per un esecutivo che tra qualche mese dovrà cominciare ad abbassare la cloche e avviare la traiettoria discendente del debito (dell’1% annuo, mentre il deficit dovrà avviarsi verso un target dell’1,5%), pagando al contempo 90 miliardi di interessi (oltre 100 entro il 2026) sapere che gli investitori e i fondi tifano ancora Italia è molto rassicurante. Certo, la tripla promozione da parte delle agenzie di rating arrivata tra ottobre e novembre ci ha messo del suo, ma nulla di quanto visto sino ad oggi era scontatto.

La scorsa settimana i rendimenti del Btp decennale, il titolo benchmark per i mercati, sono scesi al 3,70%, portandosi ai minimi da un anno. Il che ha schiacciato lo spread Btp/Bund fino a 155 punti base, il valore minimo degli ultimi 365 giorni. Se poi si prende per un momento il grafico con la curva del differenziale di rendimento tra titoli tedeschi e italiani, il quadro appare ancora più chiaro. Nell’ultimo anno, fatta eccezione per i giorni caldi di ottobre, quando la Nadef sancì l’extra deficit da 15 miliardi (4,3%) per il 2024 con cui finanziare il taglio del cuneo fiscale, lo spread si è sempre mantenuto sotto la soglia di sicurezza dei 200 punti base. Insomma, il mercato obbligazionario al momento non ha motivo di agitarsi.

Ma non è finita, l’altro versante è quello della Borsa. Nel 2023 Piazza Affari è stata la migliore tra le principali del mondo. Certo, deve recuperare ancora molto per arrivare ai massimi storici che altri listini azionari anche europei stanno aggiornando, ma intanto da inizio anno ha messo a segno la crescita maggiore. Con un dato importante: il miglioramento dei titoli di Stato italiani, indifferenti per ora alle turbolenze sul Mes, stanno aiutando non poco Piazza Affari. La prova?

L’indice Ftse Mib di Milano da inizio 2023 è cresciuto del 28%, il listino principale di Madrid del 22%, Francoforte del 19% (ecco una Borsa che viaggia comunque sui suoi massimi di sempre), Parigi del 16%. Il rally ha compensato i cali dell’anno scorso causati dalla guerra in Ucraina e ne hanno approfittato in misura minore i mercati azionari al fuori dalla zona euro: Zurigo è salita solo del 4%, Londra di tre punti percentuali. Un segnale chiaro che gli operatori stanno guardando soprattutto alla politica monetaria delle banche centrali. E, non a caso, i titoli di Stato europei hanno molto migliorando le loro performance nelle ultime settimane, contando sui prossimi tagli dei tassi da parte della Bce.

Conclusione, la calma registrata sul mercato dei titoli, con i rendimenti ai minimi, è la vera ragione dell’ottima performance della Borsa italiana. Va detto che l’attuale costo di un Btp decennale rimane un livello assai superiore ai titoli equivalenti di Paesi come la Grecia (2,9%) e il Portogallo (2,5%), ma è un dato che fa bene a Piazza Affari dove le banche, che hanno in pancia un grande quantitativo di prodotti del debito pubblico italiano, pesano moltissimo.

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