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“Il presidente Trump non ha il potere di modificare la data del voto. Quello pertiene al Congresso e questo Congresso non lo avallerà mai”, Mario Del Pero, docente di Storia Internazionale e Storia della politica estera statunitense all’Institut d’études politiques di Parigi, è molto chiaro sul perimetro del tema del momento scatenato da un tweet del presidente statunitense giovedì 30 luglio.

Oltre 130mila retweet e 230mila mi piace, tutti i media del mondo magnetizzati dall’unicità dell’affermazione. Del Pero aggiunge un altro contrino tecnico ricordando che “la data in cui termina un mandato presidenziale, il 20 gennaio successivo alle elezioni, è fissata dalla costituzione (esattamente dal XX emendamento del 1933; prima era il 4 marzo, ma l’interregno di Presidenza azzoppata era diventato troppo lungo).

E allora, da cosa nasce quel tweet? Secondo il professore di SciencesPo ci sono tre spiegazioni, una strutturale, una contingente e una legata a una tendenza di lungo periodo. Iniziamo dalla prima dunque. “Quella strutturale — spiega Del Pero — è il combinato disposto d’impulsività e incultura politico-istituzionale di Trump, che twitta e ritwitta compulsivamente tutto quello che gli passa per la testa e gli transita sotto gli occhi, incluse bestialità tipo le cospirazioni dei QAnon, oppure commenti razzisti e politicamente scorretti, o frasi sgrammaticate e senza senso. Assurdo e finanche demenziale che un presidente degli Stati Uniti possa usare i social in questo modo o abbia problemi elementari di grammatica e sintassi, ma così siamo messi e oramai non ci facciamo quasi più caso”.

Questo aspetto tratta un problema, appunto strutturale, da tempo registrato dietro allo Studio Ovale: e la spiegazione contingente? “È legata alla volontà di dirottare l’attenzione dei media e del pubblico, in una giornata in cui venivano rivelati dati economici disastrosi e in una fase in cui gli effetti della malagestione della crisi sanitaria sono sempre più visibili. Il meno 33% del Pil su base annua; 1.250 morti per Covid nella giornata di ieri (+57%); 70mila nuovi contagi; nuovi lockdown. È chiara la funzione diversiva del tweet di ieri”.

E però non è un tweet isolato ed estemporaneo. “Vero, e i repubblicani da tempo stanno denunciando l’azione dei Dems e di varie associazioni per i diritti civili finalizzata a registrare nuovi elettori e aumentare la partecipazione elettorale come pericolosa, in quanto faciliterebbe frodi e irregolarità”. Quanto c’è di realistico e quanto di puramente propagandistico? “Diciamo che gli studi di cui disponiamo ci dicono che così non è (al link un esempio tra svariati, ndr). Ma la narrazione è ormai consolidata e serve per giustificare politiche che, con la scusa di maggiori controlli, di fatto riduce l’esercizio del diritto di voto (il disenfranchisement, insomma). Questo si combina a sua volta con il voto del 2020, per il quale, anche a causa della pandemia, è previsto un uso molto più ampio del voto postale”.

Si tratta della spiegazione riguardo alla tendenza di lungo periodo: ma cosa teme Trump? “Attacca in forma preventiva, come modo per delegittimare il voto e prepararsi a contestarlo laddove il margine di distacco tra i due candidati dovesse essere particolarmente stretto: possibilità che ritengo tutt’altro che irrealistica in un paese così diviso e polarizzato”.

Le tre spiegazioni dietro al tweet di Trump sulle elezioni. L'analisi di Mario Del Pero

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