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Dal codice giallo a quello rosso il passo è breve, se c’è di mezzo il costo del denaro. Pochi giorni fa questa testata ha raccontato come la forsennata corsa agli armamenti in Russia stia di fatto mettendo in ginocchio le sue stesse imprese. Breve pro memoria. Se l’economia dell’ex Urss finora non è crollata sotto il peso delle sanzioni, lo si deve solo al fatto che la produzione bellica ha garantito quella domanda necessaria a generare Pil. Ma proprio quella stessa domanda ha innescato una delle più insidiosi e pericolose spirali inflattive che la Federazione ricordi, costringendo la Bank of Russia a portare i tassi al 21%.

Questo ha generato vere e proprie scosse telluriche, mettendo le imprese nell’impossibilità di contrarre nuovi prestiti con le banche o, più semplicemente, di rimborsare quelli già ricevuti. Per paradosso, quindi, la guerra che ha tenuto in vita l’economia russa, ora la sta, lentamente, demolendo. Il primo settore a pagare lo scotto di una crescita con un unico baricentro, quello bellico, è stato, anche questo un paradosso, quello delle Difesa, anch’esso, suo malgrado a questo punto, legato a doppio filo al sistema bancario. Ma adesso il contagio si sta allargando.

Basti pensare che all’estate del 2023, il tasso di interesse in Russia è aumentato costantemente, rendendo i prestiti più costosi e aumentando gli oneri del debito a carico delle aziende. Il tasso di riferimento ora al 21% e si prevede che la Banca centrale lo aumenterà di nuovo, a dicembre. Le banche, da parte loro, hanno già iniziato a segnalare al governo un aumento dei pagamenti in ritardo da parte delle imprese. Il che vuol dire essenzialmente due cose. Primo, se il costo del denaro dovesse rimanere su simili livelli, gli istituti potrebbero aggredire le aziende insolventi, con tutte le conseguenze del caso. Secondo, se i prestiti rimarranno eccessivamente onerosi, presto molte imprese, ben oltre il perimetro della Difesa, avranno serie crisi di liquidità.

La quantità di società russe fallite è aumentata vertiginosamente nei primi mesi del 2024. A gennaio 571 aziende hanno dichiarato bancarotta, con un incremento del 57% rispetto alle 364 del 2023, mentre a gennaio sono state 771, il 60% in più rispetto alle 478 dell’anno precedente. E anche i numeri per il futuro non sembrano presagire inversioni di rotta.

Il rublo è crollato a 100 rispetto al dollaro Usa, la spesa pubblica è salita alle stelle e l’attività commerciale si è intensificata, il tutto alimentando l’inflazione. Contrariamente alle previsioni, la Banca centrale ha avviato un ciclo di aumenti dei tassi, spingendo il tasso chiave a un inedito, come detto, 21% entro la fine del 2024. Con i premi aggiuntivi delle banche commerciali, i tassi di interesse reali per le aziende sono saliti di fatto al 25%. Troppo.

Tassi e inflazione dietro al bluff della crescita russa

L’industria bellica ha tenuto in vita l’economia dell’ex Urss, immunizzandola dalle sanzioni. Ma ha anche innescato una micidiale spirale inflattiva che ora rischia di seminare fallimenti tra le imprese, andando ben oltre il comparto della Difesa

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