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L’incertezza, lo si sa, è associata a qualsiasi attività umana e a quella economica in particolare. L’incertezza nel post Covid-19 è particolarmente elevata, anche perché non è ancora chiaro quali siano le scelte e le priorità dell’azione a favore della ripresa, a fronte di una caduta del Pil per il 2020 dell’11,6%. La scelta essenziale da fare, per avere successo, nell’intervento a favore della ripresa è quella di agire sulle aspettative, mitigando l’incertezza dominante attraverso l’indicazione delle priorità che l’azione pubblica intente adottare. Non c’è bisogno di sottolineare quanto le aspettative contino sui mercati.

Il tempo conta, l’indicazione delle priorità è decisiva. L’investimento in sanità, con l’utilizzo dei fondi Mes, ha priorità non solo perché i rischi di una ripresa dei contagi è tutt’ora presente, ma anche perché l’esperienza di questi mesi ha mostrato, assieme alla capacità di risposta del nostro sistema ospedaliero, l’inadeguatezza delle infrastrutture territoriali di assistenza. La seconda questione da affrontare è quella dei tempi e modi degli interventi pubblici. Non si tratta solo del tema, ampiamente discusso, della corrispondenza temporale tra i provvedimenti del Cura Italia e del Decreto di Rilancio e la disponibilità effettiva delle risorse erogate a favore di famiglie e imprese. C’è da affrontare nello stesso intervallo temporale un doppio problema, quello relativo al disavanzo e quello del rilancio dell’economia.

La caduta delle entrate pubbliche, legata a quella dei fatturati, suscita preoccupazioni, mostrate dagli indicatori d’incertezza, che vanno dissipate con scelte tempestive in materia di bilancio. Per il rilancio dell’economia è giusto contare sull’utilizzo dei fondi europei, in particolare per quelli del Next Generation Eu. Va però detto che, quando saranno disponibili, la difficoltà non è formulare la lista degli interventi, già fatta in ampia misura dal Rapporto Colao, ma indicare le scelte da fare e le priorità da adottare, che non sono emerse neppure negli Stati generali dei giorni scorsi e preparare fin d’ora le Amministrazioni pubbliche a procedure che non saranno molto diverse, probabilmente, da quelle previste già oggi per i Fondi strutturali europei.

L’atteggiamento da adottare deve esser quello di non perdersi in sterili discussioni sull’atteggiamento dei cosiddetti Paesi frugali. È necessario piuttosto, come ci chiedono, impegnarci, anche usando la grande risorsa del risparmio privato, in progetti di investimento, a forte contenuto d’innovazione capaci di aumentare produttività e crescita, a cominciare dalle opere incompiute soprattutto nel Mezzogiorno.

È questa la principale maniera di aumentare la crescita. Invertire il trend di bassa crescita degli ultimi venti anni è anche la nostra unica possibilità, di mostrare ai mercati la sostenibilità del nostro debito pubblico, quando il problema si porrà. Una crisi come quella che stiamo vivendo è un’opportunità irripetibile se saremo capaci di avere una presa sui nodi cruciali del sistema economico e politico che minacciano di ostacolare lo sviluppo sostenibile e la coesione del nostro Paese.

Dobbiamo, peraltro, essere consapevoli del fatto che i principali ostacoli all’attuazione di un adeguato programma di ricostruzione del capitale pubblico non risiedono soltanto in una carenza di risorse finanziarie, ma nella mancanza di capacità di utilizzare e gestire tali risorse in modo corretto ed efficace. Una delle principali difficoltà per il rilancio dell’economia italiana, infatti, per l’immediato futuro, deriva dalla mancanza di capacità tecniche e amministrative per pianificare, progettare e realizzare interventi pubblici.

La sfida della ricostruzione dell’economia offre l’opportunità di indirizzare le risorse allo sviluppo della capacità della amministrazione pubblica, rinnovandone le qualità, le competenze e l’autorità. Ma servono incisive riforme legislative e regolamentari.

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