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“Spesso è stato usata la parola storico per descrivere quello che sta succedendo in Bielorussia. Ed è vero: i manifestanti in piazza dicono ‘ci siamo finalmente svegliati, e non ci addormenteremo più’. C’è molta determinazione da parte del popolo di arrivare a un vero cambiamento. Ma vedo anche molta determinazione da parte della Russia nel mantenere per ora questo status-quo”, commenta con Formiche.net Nona Mikhelidze, che guida il programma Europa orientale ed Eurasia dello Iai.

LA CRISI A MINSK

Alle richieste della popolazione, il presidente-eterno Aleksander Lukashenko ha reagito col pugno di ferro. Arresti, rapimenti, espatri forzati per indebolire le opposizioni che mai come alle presidenziali di poche settimane fa avevano impensierito il batka bielorusso. “Lukašenka non ha nessuna intenzione di lasciare il potere, e stretto all’angolo ha trovato in Vladimir Putin le garanzie che cercava”, aggiunge Mikhelidze. Per anni la Bielorussia non è stata un partner comodo per Mosca: Lukašenka è molto abile dal punto di vista geopolitico e ha usato la continuità tra Russia-Bianca e mainland come vettore di ricattato sul Cremlino.

Ha ottenuto concessioni e sussidi, ed è riuscito a svincolarsi dalla proposta sullo stato unico; ha tenuto sempre una certa autonomia nei rapporti. “Però adesso, rifiutato dal proprio Paese e dal proprio popolo, non ha altra via d’uscita se non strisciare ai piedi di Putin. D’altronde per Putin mantenere al potere un Lukašenka così debole è conveniente: ha da parte della Bielorussia una disposizione completa. Minsk attualmente non è più in grado di sviluppare una politica autonoma nei rapporti con Mosca”, aggiunge l’analista dello Iai.

LA SUBORDINAZIONE A MOSCA

C’è un esempio evidente di questa subordinazione: quando recentemente il nuovo primo ministro bielorusso, Roman Golovchenko,  ha incontrato le controparti russe a Mosca ha deciso anche di farsi somministrare il vaccino anti-Covid. Un’operazione che è servita al Cremlino per l’immagine – con il vaccino che è molto discusso perché manca della Fase 3, ossia quella cruciale per valutarne gli effetti collaterali. “Quello che ha fatto il primo ministro bielorusso, mettendosi direttamente a rischio, dimostra quanto Minsk sia sottomessa in questo momento. Una dimostrazione di fedeltà assoluta, dimensione di sottomissione completa”, continua Mikhelidze.

Per l’analista la crisi che si è aperta con le manifestazioni anti-Lukašenka di queste settimane, ha stretto ancora di più il rapporto Mosca-Minsk: anzi, in questo momento potrebbe essere inutile affrontare il dossier bielorusso senza passare dal Cremlino: “Il presidente a Minsk serve a Putin per arrivare all’ambito stato unito, poi può anche mollarlo. E su questo progetto si sente protetto dalla sua cittadinanza, perché secondo i sondaggi la maggioranza dei russi è d’accordo nell’aiuto che Mosca sta offrendo al regime contro i manifestanti”.

STRATEGIA, SANZIONI, DIMOSTRAZIONI

La Russia ha un’agenda e una strategia che riguarda la Bielorussia: costruire lo stato unito appunto, su cui il batka di Minsk ha finora retto, ma ora in difficoltà potrebbe anche fare concessioni – e si è in effetti parlato di riforme costituzionalii che potrebbero andare in quel senso. “È questo che distingue la Russia dall’Ue: una strategia, avere un’idea su quel che vuole. Certo, in fine dei conti, cosa potrebbe fare l’Ue? A me pare che con tutti problemi, dal Covid alla crisi economica o le tensioni nel Mediterraneo, per dire alcune, Bruxelles abbia abbastanza le mani legate”.

E le sanzioni? “Credo che si giusto metterle in generale. Ritengo le sanzioni uno strumento valido per dimostrare quali sono i valori che difendiamo, quali sono le linee rosse che non accettiamo vengano superate. Riguardano noi però, e in termini di policy-impact sulla Bielorussia è impensabile che saranno le sanzioni a fermare Lukašenka. E per questo l’Ue non può far altro che parlare con il Cremlino, perché Lukashenko è da lì che si sente assicurato”, spiega Mikhelidze.

Ora, nel parlare con la Russia, l’Ue ha anche un altro elemento di peso, il caso-Navalny, l’avvelenamento di uno dei leader – di sicuro il più famoso e mediatico – degli oppositori al Cremlino. “Quella è stata una dimostrazione di come Mosca si comporta con le opposizioni. Un aspetto che chiaramente riguarda anche la Bielorussia, perché il Cremlino manda il messaggio che non tollererà nessuna rivoluzione nello spazio post-sovietico aiutando Minsk. La paura è chiara: le proteste potrebbero attecchire in Russia, e anche a questo si lega l’avvelenamento di Navalny. Ossia dimostrare che non c’è spazio per le opposizioni attorno a Mosca”.

LA SOVRAPPOSIZIONE COL CASO NAVALNY: IL NORD STREAM

Le due situazione sono dunque sovrapponibili? Certamente. Bruxelles dovrebbe legare queste questioni insieme, e smettere di far finta di non vedere quanto Putin stia già aiutando Lukašenka. L’idea degli europei  era di parlare con Mosca spiegando che non c’è geopolitica dietro a quanto succede in Bielorussia, perché là è solo una questione interna, che riguarda la richiesta di maggiore democrazia nel paese da parte dei cittadini. Ma è proprio qui il punto: per Putin, la parola ‘democrazia’ ha un significato geopolitico, perché è automaticamente associata all’Occidente. Una Bielorussia democratica, per Putin, significa un cambiamento di orbita geopolitica: ossia lo spostamento di Minsk all’interno delle strutture euro-atlantiche”.

E dunque? Quale sarebbe un fatto determinante con cui l’Ue può far leva sulla, o sulle, situazioni? “Dal mio punto di vista l’unico modo, che può veramente essere un game-changer, è fermare il Nord Stream 2″, il gasdotto che tagliando il Baltico collegherà la Russia alla Germania. Opera strategica per Mosca, perché permette al gas naturale russo di raggiungere l’Europa senza passare per l’Ucraina; valore geopolitico enorme, perché costituisce un collegamento fisico con Berlino. “Per essere efficaci – aggiunge Mikhelidze – questa che è stata una minaccia di reazione alcune voci tedesche sul caso-Navalny, dovrebbe essere legata anche alla Bielorussia vincolandola al fatto che Putin sta aiutando e aiuterà Lukašenka. Questa doppia e duplice risposta mi pare l’unico modo, l’unica azione concreta possibile per l’Ue”.

L'Ue sulla Bielorussia può punire Putin (su Nord Stream 2). L'analisi di Nona Mikhelidze

"Spesso è stato usata la parola 'storico' per descrivere quello che sta succedendo in Bielorussia. Ed è vero: i manifestanti in piazza dicono 'ci siamo finalmente svegliati, e non ci addormenteremo più'. C'è molta determinazione da parte del popolo di arrivare a un vero cambiamento. Ma vedo anche molta determinazione da parte della Russia nel mantenere per ora questo status-quo", commenta…

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