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Pesca grossa dell’Iran all’Onu. Nessuno dei grandi all’Assemblea generale di New York vuole le sanzioni contro il regime di Teheran. Nessuno tranne Donald Trump, che nell’attesa di un segnale dal Palazzo di Vetro ha dato il via alla sua amministrazione per un nuovo round di misure restrittive e di sanzioni secondarie per i Paesi che vi si oppongano.

Fiaccato da una crisi economica senza precedenti, irritato dall’accordo fra Israele, Bahrain ed Emirati Arabi Uniti che ha sdoganato nel mondo arabo-sunnita il suo più grande rivale di sempre, grazie a Trump, l’Iran ha ripreso ossigeno durante la riunione dei grandi del mondo alle Nazioni Unite. Un cordone di sicurezza più ampio del previsto si è erto a difesa del regime di Hassan Rouhani contro le sanzioni unilaterali.

Cina, Russia, Ue non vogliono saperne. Perfino il Vaticano lascia intendere neanche troppo velatamente che l’ennesimo colpo all’economia iraniana da parte della Casa Bianca è da evitare. La parola chiave degli interventi sul palco dell’Onu è “multilateralismo”.

Ricorre nel discorso del presidente cinese Xi Jinping, in ossequio a un copione collaudato del Partito comunista cinese (Pcc) che da mesi ha avviato una campagna di advocacy in Europa per presentarsi come alfiere del multilateralismo contro l’unilateralismo di Trump. “Continueremo ad allentare le divergenze e a risolvere le controversie attraverso dialoghi e negoziati” ha detto serafico il presidente-segretario.

Ma i cinesi non sono gli unici a dare picche all’affondo anti-iraniano della Casa Bianca. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha risposto quasi all’unisono con un no-grazie alla proposta americana di un nuovo embargo.

Braccio teso all’Iran dalla Russia di Vladimir Putin, bisogna “liberare il mondo dai bandi, dalle barriere commerciali e dalle sanzioni illegittime”, tuona il presidente dal palco. Da Mosca arriva un altro guanto di sfida agli americani. Terminato l’embargo a fine mese, ha fatto sapere il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov, “nuove opportunità emergeranno” nella cooperazione militare fra Russia e Iran. Si partirà dalla maxi-esercitazione Kavkaz-2020 nel Caucaso, dove sono invitati anche soldati della Repubblica islamica.

Gelo totale anche dai padroni di casa. Nel suo discorso inaugurale il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres non ha fatto neanche menzione degli “Accordi di Abramo” Israele-Emirati-Bahrain. Tanto da indignare l’ambasciatore israeliano Gilad Erdan, “è imbarazzante” ha twittato postando un selfie con una mascherina celebrativa dell’intesa.

Quanto alla Santa Sede, nessun riferimento esplicito, e non potrebbe essere altrimenti, ma fra le righe del discorso del segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin si legge con facilità una condanna degli strumenti unilaterali, sanzioni in primis. L’Onu è nato ed esiste per trovare “soluzioni multilaterali alle sfide globali”, ha spiegato il cardinale.

Una posizione d’altronde che rispecchia quella di papa Francesco. Solo ad aprile il papa, riferendosi al Venezuela, ha fatto un appello da San Pietro alla rimozione delle sanzioni, strumento che inevitabilmente si abbatte anche sulla vita quotidiana delle persone. Gli ayatollah iraniani lo sanno. E durante la pandemia hanno più volte fatto appello alla Santa Sede, chiedendo un (impossibile) schieramento di campo.

In Vaticano, mentre si attende una risposta all’affondo del segretario di Stato Usa Mike Pompeo contro l’accordo Santa Sede-Cina, l’attenzione resta alta. Non è forse un caso che l’Osservatore romano abbia aperto la sua edizione odierna con un grande focus sulla sfida americana sulle sanzioni all’Iran. Un altro nodo da sciogliere, quando il capo della diplomazia Usa arriverà a Roma il 29 settembre.

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