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Josef Joffe, membro del consiglio editoriale del settimanale tedesco Die Zeit e distinguished fellow della Hoover Institution di Stanford, definiva nel libro Perché l’America non fallirà (Utet) il declino “non meno americano della apple pie”. Da oltre mezzo secolo, infatti, le profezie del tramonto del dominio a stelle e strisce si susseguono. Tutte (almeno finora) si sono rivelate false. Secondo Joffe stiamo vivendo il declino 5.0, cioè la fase contraddistinta dallo scontro tra Stati Uniti e Cina per la supremazia mondiale. Chi vincerà? Un sistema educativo e investimenti militari inavvicinabili sono ancora una garanzia per gli Stati Uniti, dice Joffe.

Ma oggi, tra quei profeti che sembrano disposti perfino a chiudere un’occhio sui sistemi autoritari che sfidano la supremazia americana si è iscritto anche l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell. Parlando alla conferenza annuale degli ambasciatori tedeschi, il capo della diplomazia europea ha spiegato che “viviamo in un mondo senza leader dove l’Asia sarà sempre più importante, in termini economici, di sicurezza e tecnologici”. E ancora: “Gli analisti hanno parlato a lungo della fine di un sistema guidato dagli americani e dell’arrivo di un secolo asiatico. Questo sta accadendo davanti ai nostri occhi”. 

“Se il ventunesimo secolo si rivela un secolo asiatico, poiché il ventesimo era americano, la pandemia potrebbe essere ricordata come la svolta di questo processo”, ha spiegato ancora l’ex ministro degli Esteri del governo di  Pedro Sánchez e membro del Partito socialista operaio spagnolo dal 1975. Borrell punta il dito contro gli Stati Uniti di Donald Trump, e lo fa in modo esplicito: “La domanda di cooperazione multilaterale non è mai stata così grande. Ma l’offerta è in ritardo. Questa è la prima grande crisi degli ultimi decenni in cui gli Stati Uniti non stanno guidando la risposta internazionale. Forse a loro non importa, ma ovunque guardiamo vediamo crescenti rivalità, specialmente tra Stati Uniti e Cina”. 

Secondo Borrell “come Ue dovremmo seguire i nostri interessi e valori ed evitare di essere strumentalizzati dall’uno o dall’altro”. Inoltre, ha evidenziato che “anche la rivalità tra Stati Uniti e Cina sta avendo un effetto importante e spesso paralizzante sul sistema multilaterale: nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nel G20, nell’Organizzazione mondiale della sanità e altrove, ci sono molti più disaccordi e veti e meno accordi”.

Abbiamo tre domande per l’Alto rappresentante. 

La prima: se andiamo verso uno scontro tra Stati Uniti e Cina, che senso avrebbe essere neutrali? 

La seconda: “evitare di essere strumentalizzati dall’uno o dall’altro” include anche evitare “incidenti” come quelli della lettera dell’ambasciatore Ue in Cina censurata dai media cinesi e del report Ue sulla disinformazione “ammorbidito” per non irritare Pechino, o no? 

La terza: davvero se l’offerta di cooperazione multilaterale è in ritardo è per colpa degli Stati Uniti e non della Cina e dei suoi silenzi nelle sedi di quel sistema multilaterale che le sta tanto a cuore?

Così Borrell profetizza il secolo asiatico e chiede agli Usa più multilateralismo

Josef Joffe, membro del consiglio editoriale del settimanale tedesco Die Zeit e distinguished fellow della Hoover Institution di Stanford, definiva nel libro Perché l’America non fallirà (Utet) il declino “non meno americano della apple pie”. Da oltre mezzo secolo, infatti, le profezie del tramonto del dominio a stelle e strisce si susseguono. Tutte (almeno finora) si sono rivelate false. Secondo…

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