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Ne ha una per tutti, Piero Ignazi. Il politologo, docente di Politica Comparata all’Università di Bologna, promuove il premier Giuseppe Conte, ma avvisa: la Fase 2 richiede un cambio di passo. Quella “svolta” chiesta a gran voce da Nicola Zingaretti alla Direzione nazionale del Pd è un appello, forse tardivo, a un alleato “refrattario”, il Movimento Cinque Stelle, che ancora non sa scegliere se fare o meno di questa maggioranza un nuovo percorso politico.

Professore, l’impressione è che il Pd voglia sfilare l’agenda economica dalle mani del premier.

Naturale, il ministro dell’Economia è del Pd. Così come è naturale che Conte abbia preso un po’ in mano il timone in questi mesi. È stata la figura di riferimento inevitabile in una situazione di crisi e tensione. L’uomo giusto al momento giusto. Ne ho apprezzato i toni rassicuranti, l’eloquio tranquillo.

Questi toni funzionavano nella Fase 1. Ora siamo nella Fase 2…

Bisogna reinventarsi, non ci sono dubbi. Un conto è rassicurare, un altro è indicare una via. Per il momento non mi sembra ci siano segnali precisi. Attendiamo.

Politicamente, il governo sembra in bilico.

No, invece è solido, e va avanti. Non fosse altro perché, come ha detto Zingaretti, non ci sono alternative. Certo, è arrivato in un momento emergenziale, la crisi aperta da Matteo Salvini, cui è presto seguita un’altra, più grande emergenza. Ora, grazie ai finanziamenti dell’Ue, la strada è più in discesa. Nel breve periodo sarà facile usarli.

E nel lungo?

Qui le cose si fanno più difficili. Servono programmi coerenti. Il grande rischio che si corre, sennò, è ricevere un fiume di denaro che non solo non riusciamo a usare bene, ma non riusciamo proprio a usare. Sarebbe la fine. È l’ultimo treno prima di finire come l’Argentina.

Il Mes fa ancora discutere i Cinque Stelle. Come finirà?

Come con la Tav. Come con l’Ilva. Come sempre. Un po’ di ammuina, e la realtà si imporrà sugli arroccamenti ideologici.

In queste settimane molti esponenti dem hanno rivendicato un ruolo “educatore” al governo nei confronti degli alleati. Ci sono davvero riusciti?

Poco, troppo poco. I Cinque Stelle si sono mostrati refrattari. Il Pd aveva come compito subistituzionale, per usare un termine demitiano, di fare da guida, insegnare come si governa seriamente.

Intanto è fissato l’election day a settembre. Meglio l’alleanza organica o ognuno per la propria via?

Questo è un problema. La possibilità di perdere molte regionali non è remota per questa maggioranza. L’impressione è che a ostacolare un’alleanza organica non siano tanto gli elettori, molti anche fra i dem che prima storcevano il naso si sono abituati dopo nove mesi di governo, quanto gli eletti. I Cinque Stelle non sanno cosa fare, perdono tempo.

Professore, lei ci crede al partito di Conte?

Sciocchezze. Conte non tornerà a casa finito questo governo, questo lo abbiamo capito. Ma non farà neanche un partito. Si ricorda come tutti noi la lezione catastrofica di Monti, che partiva da ben altri presupposti.

E per Renzi che futuro immagina?

Quando realizzerà che questo progetto politico non va avanti, dovrà trovare vie alternative. Se, come sembra, Italia Viva è destinata a rimanere un micropartito, virerà su conferenze, consulenze e altre attività.

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