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Finiti i festeggiamenti iniziano i compiti a casa. La valanga di soldi in arrivo da Bruxelles non si trasformerà da sola in investimenti in infrastrutture, innovazione, ricerca. Comincia ora la vera prova del nove per l’Italia: la pianificazione. È qui che i “Frugali” pensano di cogliere Roma in fallo, qui il governo si gioca il suo futuro. Ne è convinto Mario Turco, sottosegretario a Palazzo Chigi con delega agli investimenti del Movimento Cinque Stelle, in prima linea per incanalare il Recovery Fund lì dove il Paese ha più bisogno

Turco, è presto per cantare vittoria?

Una prima vittoria c’è, un cambio di paradigma. Per la prima volta nella storia d’Europa si adotta una politica di investimento che si basa su un indebitamento comune. Uno sforzo condiviso per un grande piano di rilancio da 750 miliardi, destinati a investimenti, infrastrutturali, materiali e immateriali. Consente all’Italia di intercettare delle risorse in cui molti alla vigilia non speravano. Intercetteremo 209 miliardi di euro, di cui circa 81 a fondo perduto.

La ripartizione non è esattamente quella pronosticata.

Assolutamente no. Infatti siamo andati ben al di là delle nostre attese. L’effetto indiretto è che il debito attuale italiano, oggi, costa meno grazie a questa risposta comune.

Ovviamente ci sono delle condizioni. Anzi, condizionalità.

Se condizionalità significa effettuare un monitoraggio della spesa, ben vengano le condizionalità. Siamo noi che nel dl semplificazione abbiamo introdotto il monitoraggio degli investimenti, a proporre questa nuova prospettiva. Il monitoraggio già è previsto, è parte integrante della programmazione.

Rimane un sospetto di fondo. Che a Bruxelles qualcuno non si fidi di come l’Italia spende quei soldi.

Se l’Europa ha accolto questa nostra richiesta sostenuta anche da altri Paesi europei, vuol dire che in questi mesi ci siamo guadagnati la sua fiducia. Nel 2012 nessuno ha proposto né considerato una cosa del genere. Il fatto che oggi si cambi paradigma significa che l’Italia ha acquisito quella credibilità che prima non aveva. Ora dobbiamo ripagare la fiducia.

Buona parte dei dubbi dei “frugali” si è concentrata su Quota 100. Il Movimento Cinque Stelle era al governo quando è stata approvata. Ora che si fa?

Una precisazione. Quota 100 non è una vera e propria riforma della legge Fornero, ma solo una norma che ha trovato copertura finanziaria per un brevissimo periodo di tempo. Era comunque destinata ad essere rifinanziata o rivista nella sua complessità. Adesso è compito nostro trovare il giusto equilibrio fra tutela di chi è in pensione e le nuove generazioni.

A proposito di nuove generazioni. Se si chiama #NextGenerationEu, perché tagliare su ricerca, innovazione, green, Horizon? Sembra che il Parlamento Ue non sia entusiasta.

Fra i meriti del Recovery Fund c’è quello di dare agli Stati membri la possibilità di fare le proprie scelte. Sono gli Stati che decidono cosa finanziare, senza vincoli o capitoli di spesa. Tutto ciò che è Green new deal e sviluppo sostenibile è al centro dell’agenda di questo governo, abbiamo spazio di manovra per finanziare la ricerca, la transizione energetica, la digitalizzazione delle imprese e della Pubblica amministrazione.

Turco, il premier ha annunciato un’altra task force. Ce n’era proprio bisogno?

È un lavoro che va avanti da settimane fra forze di governo, e non solo fra tecnici. Abbiamo individuato direttive comuni con le parti sociali. Si tratta di rispettare i parametri indicati dall’Europa, poi a settembre presenteremo un piano di rilancio straordinario, perché il Paese richiede un intervento non ordinario.

Prima va sciolto un nodo, si chiama Mes. Il Pd lo vuole, voi no. Come se ne esce?

A me la questione sembra semplice. Abbiamo risorse già stanziate sulla Sanità, e abbiamo necessità di spenderle. Un ulteriore indebitamento è superfluo, tanto in un momento in cui non sappiamo con certezza se ci sarà o meno una recrudescenza della pandemia.

Magari una task force può aiutare a decidere…

No, per il momento non ce n’è bisogno (ride, ndr).

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