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Il governo Conte ha circa 250 consulenti in comitati tecnico scientifici, task force e collegi vari – tra cui uno per “le donne nel nuovo Rinascimento” -, alcuni con prebende, altri con puri rimborsi spese. A questi se ne assommano almeno altrettanti presso i singoli dicasteri. Inevitabile che tra tanta folla ci sia una certa confusione: le competenze si accavallano, non sono chiari i canali di comunicazione tra i vari gruppi, imperversano la “selezione avversa” e la “cooptazione” tra esperti della disciplina – a vote i “talebani” di questa e di quella professione si scelgono a vicenda e si fanno nominare in gruppo. Tra tanta gente, poi, è impossibile mantenere la riservatezza, specialmente se si è costretti a lavorare e comunicare in telematica.

È bene ricordare che la Costituzione della Repubblica ha dato al governo ed al Parlamento un consigliere istituzionale: il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel). Nel Cnel sono presenti, attraverso una apposita procedura di nomina, le rappresentanze delle forze sociali del mondo dell’impresa, del lavoro autonomo e del lavoro dipendente e di alcune organizzazioni dell’associazionismo sociale e del volontariato. È composto di 66 consiglieri, di cui 56 espressione delle categorie economiche e sociali e 10 esperti di chiara fama (8 nominati dal Presidente della Repubblica e 2 dal Presidente del Consiglio). Non ricevono retribuzioni e prebende ma solo delle spese di trasferta (molti vivono e operano fuori Roma).

Ho fatto parte del Cnel dal 2010 al 2017, anni complessi perché il governo Renzi ne voleva la chiusura. Mi sono convinto della sua utilità, dimostrata tra l’altro che ci sono organi consultivi analoghi in un’ottantina di Stati, nonché a livello dell’Unione europea. In quegli anni, molti colleghi sono diventati amici. Specialmente ai tempi dei governi Monti e Letta sono giunti molti stimoli da esecutivo e Parlamento, come fanno fede “i documenti di osservazioni e proposte”, tutti disponibili sul sito dell’organo.

Credo sia legittimo chiedersi perché ci si avvale di un tale coacervo di consulenti invece del Cnel (e delle sue commissioni) opportunamente integrato (come, d’altronde, si è sempre fatto) con l’apporto tecnico-scientifico specialistico in alcune discipline. Filtrano spifferi da questo o da quel comitato di consulenti, ma non si sa se e quando Palazzo Chigi e le Camere hanno ascoltato il loro consigliere istituzionale.

Il Cnel ha continuato a lavorare e a riunirsi in telematica da quando è in atto il lockdown e sta approntando un documento organico sulla emergenza e la possibile graduale riapertura del Paese.

Non sta certo a me anticiparlo. Da conversazioni con colleghi di consiliatura, credo che la proposta ponga l’accento sulla necessità di fare ripartire la produzione, nel rispetto della salute delle persone, anche se la ripartenza appare difficile per molte determinanti:

a) i settori produttivi sono stati colpiti in modo asimmetrico (numerosissimi, pesantemente danneggiati – commercio, trasporti, turismo, ristorazione – e pochi favoriti – farmaceutica, telecomunicazioni, apparecchiature sanitarie); b) non sono ancora chiari quali possano essere i reali interventi economici della Ue e dello Stato, nei settori più colpiti e non sono neppure state esplicitate le modalità di erogazione e di rimborso degli eventuali aiuti a imprese e commercianti.

Tra le proposte in via di affinamento:

a) nella sanità. Preso atto del lavoro eccellente fatto dai sanitari nell’emergenza Covid-19, occorre utilizzare l’esperienza maturata per eliminare le criticità evidenziate dalla virosi, potenziando gli aspetti positivi e creando le premesse per una adeguamento dell’assetto del Ssn, soprattutto nel percorso territorio-ospedale, con rafforzamento della rete ambulatoriale territoriale, delle strutture ospedaliere specialistiche e del personale tutto.

b) per la riapertura delle attività. Essa deve avvenire con regole chiare e nel rispetto del protocollo 14/03 firmato dal governo con alcune parti sociali al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori, sul posto di lavoro, nonché la tutela individuale sui mezzi di trasporto pubblico e tener conto della probabile esplosione del trasporto privato nel modulare i mezzi di protezione individuale e collettiva.

c) vanno sostenuti con determinazione settori fondamentali per la vita sociale: turismo, ristorazione, trasporto, collaboratori, badanti, rappresentanti, liberi professionisti.

d) molte piccole imprese sono sotto capitalizzate e, ancor prima del Covid-19, avevano spesso problemi di liquidità. Per queste, il Decreto Liquidità va ritoccato inserendo alcuni elementi integrativi: il periodo di restituzione va allungato da 6 a 15 anni; la soglia minima di aiuto va elevata al di sopra dei 25mila euro, con copertura al 100%; va attivato un sistema di compensazione a fondo perduto (che consideri il netto crollo dei ricavi, da febbraio in poi). Soprattutto, la Pubblica amministrazione deve finalmente pagare i 70 miliardi che deve alle imprese e la velocità nell’erogazione è fondamentale. Da ciò, la necessità di semplificare le procedure nel rispetto della legalità tramite, ad esempio, autodichiarazioni di responsabilità.

Il documento pone anche l’accento di misure specifiche per appianare le diseguaglianze sociali e combattere la dispersione scolastica. Lancia naturalmente un appello per la costituzione di un Fondo per la Ricostruzione Europea.

Nella mia esperienza settennale ho spesso notato che il Cnel o direttamente o tramite i suoi omologhi in altri Paesi o tramite il Comitato economico e sociale europeo è molto ascoltato a Bruxelles.

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