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Il Mes spacca il governo, i fantasmi di una crisi estiva sono sempre pronti a materializzarsi. Ma non è ancora detta l’ultima, c’è sempre tempo per trovare un accordo in extremis ed evitare che le crepe diano vita a un cedimento strutturale del governo. Mentre a Palazzo Chigi si lavora alle limature al decreto Semplificazione il Consiglio europeo di metà luglio (17 e 18) chiamato a dare l’ultimo disco verde al Recovery Fund si avvicina sempre di più, sull’esecutivo si allunga sempre di più l’ombra del Mes.

L’OMBRA DEL MES SU CONTE

Le posizioni tra i partiti non potrebbero essere più distanti, soprattutto tra Pd e M5S. Poche ore prima del Consiglio a Bruxelles, il premier Giuseppe Conte si recherà in Parlamento per le consuete comunicazioni della vigilia. Ufficialmente si parlerà solo di Recovery Fund, ma il rischio che un passaggio istituzionale si trasformi in una prima resa dei conti sul Mes è alto. Se poi la decisione sul ricorso al Meccanismo approderà davvero in Aula, allora il rischio di uno scontro all’arma bianca è quasi assicurato. Questa mattina il leader del Pd, Nicola Zingaretti, è tornato a chiedere a gran voce al premier di prendere una posizione chiara: quei 36-37 miliardi concessi dall’Ue a patto che vengano impiegati nella sanità, vanno accettati senza indugio. Non la pensa così il Movimento, che continua a considerare il Mes come un qualcosa di cui poter fare a meno, un po’ come la Lega, per cui il Meccanismo è sempre stato considerato una trappola per le finanze e per il debito italiano.

TRABOCCHETTO EUROPEO?

Ma questo scontro ideologico sul Mes non impedisce a qualcuno di ragionare, tra le fila del M5S. Qualcuno come Ettore Licheri, senatore e presidente della commissione forse più direttamente competente in materia, quella per le Politiche Ue. “Io contesto al Pd questo approccio superficiale, sbrigativo, facilone, su un meccanismo che al netto dei suoi favorevoli tassi di interesse, conserva intatto il suo sistema di allerta rapido per una immediata restituzione del sostegno, un impegno formale del Paese richiedente a rafforzare il suoi fondamenti economici secondo un quadro di sorveglianza speciale e, da ultimo, il diritto di privilegio che godranno i bond del Mes rispetto ai titoli di Stato del Paese beneficiario”, premette Licheri. “Dobbiamo metterci in testa che si tratta di temi di importanza cruciale per il futuro del nostro Paese. Che dietro questi temi potrebbero profilarsi forme di controllo dei conti pubblici di tipo aggiuntivo rispetto a quello già operato dalla Commissione?”

APPELLO AL PD

Ma vale la pena rischiare uno scontro frontale con annessa crisi per il Mes. Licheri si pone il problema e lancia una sorta di appello ai dem. “Il tema Mes è estremamente delicato e va trattato non con gli slogan pro e contro. Dobbiamo sentirci tutti, sia noi sia il Pd, la responsabilità, enorme, di ponderare tutto ciò che si rischia di lasciare in eredità. Ricordo a tutti negli anni ’90 e 2000 l’errore dei politici italiani fu proprio quello di non accendere un serio dibattito sui parametri Maastricht, Patto di stabilità, Fiscal compact etc., e in seguito i figli e nipoti ne pagarono il prezzo. Io non chiedo altro al Pd che attenzione e ponderatezza. È forse chiedere troppo?”. E allora, sintetizza il senatore, “un punto d’incontro si potrebbe trovare, quando capiremo meglio in cosa consiste questo sistema di allarme rapido di cui parlavo, quando ci spiegheranno meglio in cosa consiste l’obbligo di rafforzamento e quando capiremo meglio il problema del diritto di privilegio di cui godono le obbligazioni del Mes”.

IL REBUS MERCATI

Licheri affronta poi un’altra questione. Quella dei mercati. Perché chiedere l’accesso al Mes, secondo alcuni osservatori, potrebbe essere interpretato dagli investitori come una forma di debolezza da parte di un Paese che ha il rapporto debito/Pil a quasi il 160%. “Noi abbiamo tre reti di protezione, tre linee di credito: Bei, Sure e Mes. Bene, chi vorrà tra i Paesi membri potrà scegliere ed accedervi, chi non le vuole non ci accede. Ma a mio avviso è masochistico continuare a perdere tempo a dibattere di Mes a Roma quando stiamo combattendo a Bruxelles per portare a casa uno strumento come il Recovery Fund che garantirà all’Italia oltre 150 miliardi di euro”, spiega Licheri.

Per il quale “i conti pubblici sono in ordine, possiamo scostarci dal bilancio, la Bce ha un potenziale di acquisto di titoli di debito sovrano da 1.400 miliardi. Deve essere proprio l’Italia a dover chiedere, unico paese finora in Europa, l’aiuto del fondo salva Stati? Io sono convinto che possiamo farcela tranquillamente da soli senza infilarci in percorsi insidiosi che rischierebbero di mandare messaggi altamente negativi ai mercati”.

Il Mes e la lezione (dimenticata) di Maastricht. Parla Licheri (M5S)

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