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Sarà anche solo un rumor, ma a Pechino sta facendo parecchio rumore. Una lettera anonima divenuta virale su WeChat, social network molto popolare nel Dragone, è arrivata alle orecchie della Città Proibita, che non ha apprezzato, neanche un po’.

La missiva mette nel mirino l’operato del segretario del Partito comunista cinese (Pcc) nonché presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping, la sua gestione dell’emergenza coronavirus, la sua stessa leadership. L’autore ignoto si chiede “se Xi Jinping sia ancora adatto a servire come guida del Paese, segretario del Pcc, e capo della Commissione militare”.

Poi mette in fila una lunga lista di domande rivolte ai piani alti del partito. “È possibile sacrificare i diritti fondamentali dei cittadini per mantenere la stabilità? È permesso di controllare i social media? I giudici dovrebbero essere indipendenti, i cittadini in grado di criticare il governo, l’opinione pubblica dovrebbe essere sorvegliata, il partito e il governo dovrebbero essere separati, la proprietà degli ufficiali dovrebbe essere resa pubblica?” A Xi viene addossata la responsabilità dell’attuale “grave situazione della nuova epidemia di coronavirus, dell’economia domestica e del grave status delle relazioni internazionali”.

Di qui la proposta a tre fra i massimi ufficiali del partito, il premier Li Keqiang, il presidente della Conferenza politica e consultiva del popolo cinese Wang Yang, il vicepresidente Wang Qishan, di “convocare una riunione speciale del Politburo per discutere del “problema Xi”.

La lettera sta attirando molta attenzione fra i cinesi overseas, che cioè vivono all’estero o comunque al di fuori della cosiddetta “mainland China”. Solitamente WeChat è sottoposto a una rigida censura da parte di Pechino e dunque è plausibile che la missiva non sia circolata sui social network cinesi. Ma fuori dai confini sta godendo di ampia risonanza grazie al rilancio su WeChat di Chen Ping, noto imprenditore cinese di stanza a Hong Kong, dove ha fondato la popolare emittente SunTv, personalità abbastanza conosciuta in Cina, da sempre liberale e critico della presidenza Xi.

Chen ha definito la lettera “moderata e razionale”, e ha confermato che “molte persone la stanno postando online”. Fra questi, scrive il giornale Asia Times, ci sarebbero “alcuni membri della princeling faction (fazione principesca, una corrente di intellettuali discendenti di uffiiciali del partito, ndr), inclini alle riforme e alla liberalizzazione politica”.

Alcuni media (notoriamente critici della Città Proibita) come Asia Times, Radio Free Asia e China Scope, hanno associato la lettera anonima al centro del tam tam su WeChat a un diffuso malcontento fra alcuni membri del partito per la scomparsa di Ren Zhiqiang, settant’anni, uno dei più famosi e ricchi imprenditori cinesi, già a capo del Beijing Huayan Group, scomparso nel nulla da quasi due settimane dopo aver definito Xi “un clown” e “una nullità” in un articolo che criticava duramente l’operato del segretario e la censura del Pcc sui veri dati dell’emergenza sanitaria.

A differenza di altri illustri casi, la sparizione di Zhiqiang, cui già quattro anni fa era stato censurato l’account di Weibo, rischia di non passare in sordina. Non si tratta infatti di un semplice imprenditore, ma di un esponente di alto lignaggio della classe partitica, figlio di un ex viceministro del Commercio con Mao Zedong. Il malcontento, spiega Asia Times, sarebbe interno allo stesso partito. Ren era infatti compagno di scuola al liceo dell’attuale vicepresidente Wang Qishan, con cui sarebbe sempre rimasto in ottimi rapporti. E che ora è invitato dalla lettera anonima su WeChat a commissariare Xi all’interno del Politburo.

Coronavirus, chi complotta contro Xi? Il giallo della lettera su WeChat

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