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Il segretario di Stato americano Mike Pompeo questo giovedì ha inaspettatamente dato spazio a una vicenda avvenuta nell’ottobre scorso in Georgia: un attacco hacker contro siti web istituzionali e televisioni che secondo il capo della diplomazia americana è stato compiuto dal Gru, l’intelligence militare russa. Pompeo è stato sostenuto nella sua dichiarazione da Australia, Regno Uniti e altri Paesi europei (Danimarca, Norvegia, Svezia, Paesi Bassi, Polonia, Lituania, Repubblica Ceca ed Estonia).

Lo sforzo congiunto anti-Russia arriva in un momento particolare che non può essere sottovalutato. In Europa, soprattutto a Parigi (e in parte a Roma) si lavora per riqualificare Mosca e riaprire le relazioni – la Francia pensa a una strategia più ampia, l’Italia ha un obiettivo più limitato legato in parte all’export. I rapporti dell’Occidente con la Russia sono stati messi in crisi nel 2014, quando il Paese di Vladimir Putin ha deciso di annettersi la penisola della Crimea, territorio ucraino, e di sponsorizzare la lotta dei separatisti contro Kiev. Ma non solo: la Russia ha preso poi posizione pro-regime all’interno del conflitto siriano, e ha svolto una serie di attività per disarticolare l’asse transatlantico.

La seconda questione riguarda le elezioni presidenziali americane, che sono uno degli elementi che dal 2016 ha messo ulteriormente in crisi i rapporti fra Mosca e Washington (e Bruxelles). Le intelligence americane hanno alzato di nuovo la guardia, e nei giorni scorsi hanno spiegato ai congressisti che la Russia sta cercando di interferire nel corso delle elezioni Usa2020 nel tentativo di far rieleggere Donald Trump. L’uscita di Pompeo è disallineata rispetto alla posizione della Casa Bianca, che ha più volte minimizzato, anche con sarcasmo, queste ricostruzioni e ha reagito al briefing con i deputati chiedendo la testa del Director della National Intelligence (da sostituire con un fedelissimo), che era l’organizzatore della riunione riservata.

Per la prima volta Pompeo addossato la responsabilità ai russi – Trump, nonostante le agenzie di intelligence Usa si siano espresse, continua a dire che non si possono fare attribuzioni su quanto è successo nel 2016. E per la prima volta ha collegato l’agenzia di spionaggio del Cremlino, e la sua unità specializzata Main Center for Special Technology (nota come Unità 74455), con la compagnia di hacker Sandworm (una tra le più attive e aggressive). “Questa azione [in Georgia] contraddice la Russia quando affermare di essere un attore responsabile nel cyberspazio e dimostra un modello continuo e spericolato con cui il Gru russo [conduce] operazioni informatiche contro un certo numero di paesi”, ha detto il segretario di Stato.

“Queste operazioni mirano a seminare divisione, creare insicurezza e minare le istituzioni democratiche”, ha detto Pompeo. Alzare l’asticella su quanto successo in Georgia, attirando anche il sostegno degli alleati, potrebbe servire per parlare delle presidenziali, soprattutto se si mettono in relazione l’importanza (anche istituzionale) data alla reazione americana con la dimensione (non eccezionale) dell’accaduto.

La decisione di nominare il Gru, e in particolare la sua speciale cyber-unit, si allinea su una nuova strategia “name and shame“: rendere pubblici gli aggressori nella speranza di prevenire futuri attacchi, ha detto al New York Times un funzionario americano. È parte di quella che l’Nsa e il Cyber Command del Pentagono chiamano “persistent engagement” per mantenere l’ingaggio continuo contro i nemici nel cyber-spazio. Non sono state fornite prove su come si sia arrivati al collegamento col Gru. Si tratterebbe, hanno spiegato i funzionari Usa, di una precauzione per non declassificare conoscenze che possano costituire un vantaggio competitivo per attori rivali.

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