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Il Congresso degli Stati Uniti sta preparando sanzioni contro la Russia per le interferenze nel conflitto civile libico al fianco di Khalifa Haftar, il capo-miliziano della Cirenaica che sta cercando di rovesciare il governo di Tripoli. Una campagna contro il governo internazionalmente riconosciuto — e appoggiato dall’Onu — iniziata ormai da sette mesi, in stallo sul campo e sul piano del supporto politico/diplomatico, con centinaia di morti prodotti.

Senatori e deputati, sia Democratici che Repubblicani, stanno cercando di costruire un provvedimento di legge in grado di punire i russi coinvolti nell’appoggio a Haftar. La notizia la dà in anteprima Al Monitor, sito americano che si occupa di Medio Oriente con ottime entrature a Capitol Hill.

Recentemente sono uscite molte informazioni su un allineamento discreto spinto da Mosca tramite un appoggio diretto fornito da boots on the ground di società di contractor private molto collegate al Cremlino. Un appoggio finora puntuale fornito da aziende come la Wagner per esempio: per quanto risulta a Formiche.net, senza il sostegno tattico dei russi (cecchini e coordinamento in battaglia) a settembre la milizia haftariana avrebbe perso anche l’avamposto di Tarhuna, a est della capitale; uno dei due luoghi di spinta dell’offensiva — l’altro è Gharyan, riconquistato dalle milizie di Misurata che difendono Tripoli ad agosto.

Tre gli interessi per Mosca sulla Libia, che la Russia vede anche come un terreno di competizione con l’Occidente. Primo, recuperare i contratti decisi nell’era Gheddafi, quelli concentrarti nei campi petroliferi orientali (fascia di paese sotto il controllo di Haftar), e quelli legati alle armi: mercato al momento congelato da un embargo Onu. Concetti già spiegati al Congresso dall’ex comandante di AfriCom a gennaio, quando ancora la presenza russa in Libia non era sotto i riflettori dei media. Secondo, sfruttare il contesto per crearsi spazi da cui esercitare influenza in una regione in cui l’interesse russo s’è mostrato in aumento anche di recente. Terzo, controllare i porti, in cui piazzare un’altra presenza nel Mediterraneo, come dalla Siria (e magari gestire i flussi migratori, creando un elemento di pressione sull’Ue, altro grande interesse russo).

Elementi che obbligano Mosca a mantenere una doppia faccia. Pubblicamente, sebbene in modo critico, dialoga con il governo onusiano di Tripoli, ma in modo clandestino mantiene una relazione col signore della guerra della Cirenaica. Interlocutore pro-attivo, la Russia non vuol perdere passo nell’allineamento haftariano composto da Egitto ed Emirati Arabi.

L’apporto fornito dalla Russia ad Haftar è per ora limitato, si parla di 200 contractor e alcuni assetti, ma in uno schema immobilizzato come quello dell’attuale conflitto può avere un valore. Negli atti però, al di là di aiuti su fronti specifici come Tarhuna, l’aiutino russo ha soprattutto riacceso l’interesse americano su un dossier che Washington affrontava finora con distacco. Un problema per Haftar.

Recentemente la diplomazia americana ha attivato canali di contatto più intensi con il governo di Tripoli, dopo che la Casa Bianca a metà aprile si era resa protagonista di una scivolata con una telefonata diretta ad Haftar. Pochi giorni fa, a conclusione di incontri e azioni di lobbying di vario genere — sia a Washington che a Tripoli o Tunisi, da dove lavorano i diplomatici Usa — il dipartimento di Stato ha condannato l’offensiva haftariana chiedendo lo stop alle armi. Ieri una corte federale della Virginia, stato in cui Haftar risiedeva prima del rientro in Libia (rifugiato da una condanna a morte ordinata da Gheddafi), ne ha ordinato l’arresto in contumacia.

La legge in costruzione al Congresso darebbe agli Stati Uniti anche un budget da spendere per aiuti umanitari a Tripoli e a supporto del percorso politico verso nuove elezioni — un cammino fortemente voluto dalle Nazioni Unite, che stanno organizzando una conferenza di pace in Germania programmata per il prossimo mese.

Inoltre, secondo Al Monitor, sarebbe in corso un’approfondita revisione generale della postura statunitense sulla Libia all’interno del National Security Council (NSC), frutto anche di uno spostamento di incarichi che hanno aumentato l’interesse sulla regione nordafricana. Per esempio Victoria Coates, ex responsabile dell’area MENA è stata elevata a vice-consigliere; Lauren Barr ora pianificatrice per il Nord Africa del NSC arriva all’interno dell’organo consultivo della presidenza dopo aver lavorato alle policy per la stabilizzazione dei conflitti a Foggy Bottom.

Tutti hanno visioni assertive, alcuni una posizione più spostata verso il governo onusiano di Tripoli. Non è chiaro quanto e come la Casa Bianca recepirà certi riassetti, dato che Donald Trump ha più volte insistito per una specie di neutralità distaccata sul dossier. Posizione che adesso, davanti alla penetrazione competitiva russa gli apparati statunitensi sembrano accettare ancora meno di prima. E Trump ha (ri)stretto i collegamenti con la Turchia, che in Libia è posizionata dietro a Misurata, sull’agguerrito fronte anti-Haftar.

Anche il Congresso contro Haftar. Pronte sanzioni per Mosca

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