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Incontro molto positivo. Relazione forte. Condivisione della linea per Libia, Afghanistan e Iraq. Sono alcune delle frasi risuonate al Pentagono durante la conferenza stampa congiunta tra il ministro Lorenzo Guerini e il segretario americano alla Difesa Mark Esper. Il clou della tre-giorni americana del titolare di palazzo Baracchini non ha tradito le aspettative. Da Washington si sono ribaditi alcuni messaggi chiari, dal 2% del Pil da destinare alla Difesa alla minaccia cinese sul 5G (“rischiano di compromettere le reti e la possibilità di condividere informazioni e intelligence”, ha detto Esper). L’Italia sembra però essere riuscita a riscuotere il credito maturato con la cospicua partecipazione alle missioni comuni, incassando rassicurazioni dall’alleato affinché metta “tutto il peso politico possibile” per la stabilizzazione della Libia e per il “rafforzamento di un importante partnership industriale”.

IL RICONOSCIMENTO

Da Esper sono arrivati riconoscimenti importanti. Oltre le classiche frasi di rito sulla “forte relazione che lega Italia e Stati Uniti” e sul “partner cruciale in Europa e nel Mediterraneo”, il numero uno del Pentagono ha espresso apprezzamenti da non sottovalutare. Prima di tutto sul dossier F-35. Esper ha riconosciuto a Guerini il merito della conferma degli impegni previsti, parlando però anche del rafforzamento della partnership in corso e degli importanti investimenti fatti dall’Italia. Il riferimento non pare casuale, soprattutto a fronte della ambizioni italiane di ottenere più lavoro per lo stabilimento di Cameri, in provincia di Novara. Il programma internazionale procede spedito, e la Polonia ha oggi ordinato ufficialmente 32 velivoli di quinta generazione per 4,6 miliardi di euro. L’obiettivo è assemblarli nel sito novarese.

IL NODO DEL BUDGET

Come previsto, è poi arrivato il nuovo richiamo al rispetto del 2% del Pil, obiettivo definito in ambito Nato. Sul tema però Esper ha mostrato una flessibilità mai arrivata prima. L’Italia preme da tempo affinché la valutazione non si fermi al “cash”, ma consideri anche il “contribution”, cioè l’impegno nelle missioni comuni. Il segretario alla Difesa è parso incline ad accettare tale impostazione, rimandando il dibattito sul 2% alla prossima ministeriale dell’Alleanza Atlantica (in programma a Bruxelles il mese prossimo), ma ha anche riconosciuto l’impegno italiano: “Mi piacerebbe che altri alleati facessero quello che fa l’Italia nell’ambito della Nato”.

LA STRATEGIA PER L’AFGHANISTAN

Il tema si lega anche alla missione Resolute Support in Afghanistan, quella soggetta più di altre a possibili rimodulazioni. L’Italia ha aderito alla linea Nato: “In together, out together. Per gli Usa resta l’imprevedibilità di una presidenza che punta a ridurre gli impegni all’estero. Come evidenziato dall’ambasciatore Stefano Stefanini (qui l’intervista), all’Italia interessa soprattutto che gli americani si coordinino con gli alleati sulla questione. Stando alle parole di Guerini, ciò è stato ottenuto nella visita al Pentagono. “Ogni valutazione verrà fatta insieme”, ha detto il ministro guardando Esper.

GLI INTERESSI IN IRAQ

Lo stesso coordinamento riguarda l’Iraq. Dopo l’uccisione di Qassem Soleimani e la risoluzione del Parlamento iracheno (non vincolante) che chiedeva il ritiro delle truppe straniere, si è acceso il dibattito sul ruolo della Coalizione internazionale anti-Isis. Nel frattempo, il rischio di crisi tra Iran e Usa ha spaventato molti Paesi coinvolti, che hanno predisposto parziali riduzioni dei contingenti. Non l’Italia, che per prima ha confermato la propria presenza ottenendo per questo da subito il riconoscimento di Esper. L’interesse italiano, ha ribadito oggi Guerini, è preservare i risultati raggiunti nella lotta allo Stato islamico, fondamentali per garantire la stabilità di un Paese che per la Penisola è importante partner energetico. Su questo il confronto al Pentagono è stato ancora una volta “molto positivo”.

LA RICHIESTA PER LA LIBIA

Stesso termine (“positivo”) è stato utilizzato in merito al colloquio sulla situazione in Libia. Con Esper è stata condivisa “la forte preoccupazione per la situazione determinatasi nel Paese”. In particolare, ha detto Guerini, “siamo preoccupati dalla presenza di attori esterni che hanno elevato l’intensità del conflitto e reso più complicata l’applicazione degli esiti della Conferenza di Berlino”. Per l’Italia “la soluzione alla crisi è politica”, ha spiegato il ministro, senza escludere però la possibilità che sia “supportata da attività anche militari per consentire, entro un mandato chiaro, il mantenimento delle condizioni in cui la soluzione politica si insedia”. Due i punti sottolineati da Guerini: embargo della armi e un vero cessate-il-fuoco. A fronte della basa attenzione dedicata al dossier dagli americani, il ministro italiano ha presentato la richiesta di Roma: “Chiediamo agli Stati Uniti di mettere in campo tutto il peso politico possibile per chiamare gli attori coinvolti al rispetto degli esiti della conferenza di Berlino”. Da Esper, ed è questo il messaggio più rilevante, sono arrivate “positive rassicurazioni”.

(Photo by Navy Petty Officer 2nd Class James K. Lee/Flickr: U.S. Secretary of Defense)

Libia, Iraq e industria. Così Guerini ha incassato il sostegno del Pentagono

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