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Non è facile ricordare un’elezione regionale con un’esposizione mediatica internazionale come quella di oggi in Emilia-Romagna. Sarà perché all’estero Matteo Salvini, che ha girato quotidianamente la regione in lungo e in largo, di sagra in fiera, di paese in città, si è conquistato da un pezzo la nomea del leader “sovranista” e “populista” europeo per antonomasia.

Sarà perché tutti, nessuno escluso, leggono la sfida fra il governatore dem uscente Stefano Bonaccini e la candidata leghista Lucia Borgonzoni come il varco del Rubicone del governo Pd-Cinque Stelle e del premier Giuseppe Conte. Un’eventuale vittoria del centrodestra, scrive Bloomberg, non porterà la maggioranza al collasso, “almeno non subito”. Ma, precisa subito dopo, “una sconfitta in Emilia-Romagna potrebbe essere particolarmente difficile da digerire per i democratici, che potrebbero ricredersi sull’opportunità di un’alleanza di governo con i Cinque Stelle”.

Si accoda il britannico Guardian, che prende di mira Salvini e la sua “ben poco cristiana” citofonata a un cittadino tunisino a Bologna, ma sull’esito del voto ammette: “una sconfitta del Pd destabilizzerebbe il suo già fragile governo con i Cinque Stelle e portare alle elezioni generali che favorirebbero la Lega, vista la sua posizione dei sondaggi”.

Conte in Emilia-Romagna si gioca l’all-in, chiosa in coro dagli Stati Uniti il Washington Post, il quotidiano di Jeff Bezos notoriamente poco incline a simpatie sovraniste, che infatti sbertuccia impietoso la Borgonzoni: “una politica della Lega che da sottosegretario alla Cultura nel primo governo Conte si è distinta soprattutto per essersi lamentata delle troppe opere d’arte di Leonardo Da Vinci date in prestito al Louvre di Parigi”. Non cambia però la lettura della posta in gioco: se Bonaccini dovesse perdere, “i battibecchi fra alleati della maggioranza potrebbero peggiorare e mettere in pericolo un governo che sopravvive da appena 5 mesi”. Le elezioni si muovono “in un contesto regionale con un significato nazionale” sentenzia il Financial Times, quotidiano finanziario di Londra da sempre termometro di umori e malumori dell’establishment finanziario.

Gli fa eco dalla Germania il Frankfurte Allgemeine: “Tutti sanno che questa domenica non c’è in palio il primo posto politico a Catanzaro, in Calabria, o a Bologna, in Emilia-Romagna. C’è il potere a Roma”. Altro che regionali, rincara La Vanguardia, storico giornale catalano, il voto di questa domenica è “un vero esame per l’ondata di ultra-destra in una nazione fondatrice dell’Ue”. Perfino Al Jaazera, emittente globale con base in Qatar, accende i riflettori sull’Emilia-Romagna e sul governo Conte II che è tenuto insieme da un solo collante: “la comune paura di elezioni anticipate che probabilmente darebbero il potere a Salvini”.

Insomma, nonostante tutti gli ultimi sondaggi abbiano previsto un testa a testa fra Bonaccini e Borgonzoni, sui fogli esteri gli occhi sono puntati su Palazzo Chigi. Un solo fattore di questa tornata elettorale incuriosisce e divide gli analisti internazionali: le Sardine. Il movimento di piazza guidato, fra gli altri, da Mattia Santori è da mesi balzato agli onori delle cronache straniere. È stato e sarà decisivo?

Qui fioccano i giudizi più disparati. Deutsche Welle si profonde in un lungo applauso, spiegando che “l’atteggiamento a-politico delle Sardine presenta una sfida formidabile ai sostenitori di Salvini, perché è molto più facile attaccare i fallimenti di governi e politici che attaccare chi – come le Sardine – usano le intuizioni morali su cui è stata costruita la repubblica italiana”. Più dubbioso The Atlantic. “Se Salvini perde in Emilia-Romagna, loro potranno reclamare una parte della vittoria. E poi? Senza un programma politico, o un chiaro percorso verso la costituzione di un partito, ad oggi è “virtualmente impossibile “capire cosa se ne faranno del loro successo”.

Altro che regionali. Cosa dice la stampa estera dell'Emilia Romagna

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