Skip to main content

Un raid aereo americano ha colpito questa notte due auto nei pressi dell’aeroporto internazionale di Baghdad. Tutte morte le persone a bordo. Tra queste c’era Qassem Soleimani, generale dall’enorme peso politico che guidava il reparto operazioni estere dei Pasdaran, la Quds Force, e che aveva davanti a sé un futuro già scritto per la guida del Paese.

“È saltato il tappo, ora il rischio di un’escalation è davvero concreto, perché con l’eliminazione di Soleimani è stato ucciso colui che aveva un visione pragmatica degli equilibri regionali e riusciva a tenere insieme i pezzi del puzzle tra rivali”, commenta con Formiche.net Nicola Pedde, analista italiano esperto di Iran e direttore dell’IGS – Institute for Global Studies.

Teheran ha già comunicato il nome del successore di Soleimani, Esmail Qaani: cosa ci indica questa scelta? “Il generale Qaani è espressione diretta dell’attuale establishment dei Guardiani (i Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione islamica, ndr) più che della Guida suprema. È un tipo molto attivo nel dibattito di politica interna, è piuttosto vicino a Hossein Salami, attuale capo del corpo militare teocratico che già in passato era andato in attrito con Soleimani. Meno è espressione della Guida. Ha posizioni apertamente contro Israele ed è molto assertivo e con posizioni forti, l’esatto contrario di Soleimani, che della discrezione ne aveva fatto il suo apprezzato tratto distintivo”.

E questo che significa? “Il successore di Soleimani è una figura gerarchicamente e politicamente diversa, le operazioni all’estero non saranno più tenute in termini pragmatici come faceva lui. Soleimani era un esperto della regione, aveva in mano le relazioni con chiunque, sapeva come muoversi, era l’argine di tenuta di una forma di stabilità del quadrante che ha permesso d’evitare l’escalation. Ora sarà la seconda generazione dei Guardiani a gestire la situazione, con una linea più aggressiva che gli permetterà anche di guadagnare terreno all’interno del Paese”.

L’attacco è stato un errore dunque? “Dal punto di vista dell’interesse americano, uccidere Soleimani significa passare il controllo della partita-Iran a una componente che attraverso la radicalizzazione riesce a gestire i propri interessi in modo migliore. È vero, siamo davanti a una sorta di regime change, ma nella direzione opposta da quella sperata da Washington: ora la Repubblica islamica finirà in mano alla peggior feccia, quella che non ha la minima conoscenza della politica estera e di come affrontare gli equilibri regionali, e che ha a cuore solo il mantenimento delle rendite di posizione e gli interessi interni”.

Che cosa potrebbe succedere a Teheran? “Dobbiamo tenere conto che nessuno in Iran è in grado di sostituire Soleimani. E chi ne sta prendendo il posto come ruolo di potere ha interesse nell’escalation, perché a questo punto diventa un’opzione per spingere quegli interessi legati al mondo dell’industria della Difesa, a cui certe figure dell’IRGC (acronimo internazionale dei Guardiani, ndr) come Salami o Qaani sono legate, e perché può spingere quel piano di ricambio generazionale che potrebbe dare a queste molti spazi”.

Soleimani è stato anche l’ideatore e il gestore della diffusione dell’influenza iraniana nella regione attraverso proxies in diversi paesi: come potrebbe evolvere la questione non solo in Iran, ma negli altri hotspot della regione in cui Teheran è forte? “Dobbiamo distinguere: c’è una narrazione che vede quelle milizie come un corpo compatto legato a doppio filo con l’Iran, ma non è proprio così. Abbiamo per esempio realtà come Hezbollah che con gli iraniani ha grossi rapporti dal punto di vista militare, ma ha anche una grossa indipendenza dal punto di vista politico. In Libano hanno una dimensione a sé stante e agiscono in modo da perseguire i propri interessi sia in patria che altrove: non dimentichiamo che la gestione della guerra in Siria è stata oggetto di critiche tra i libanesi e l’Iran”.

Ecco, appunto: la Siria? “La Siria è un grosso problema per l’Iran. Teheran ha vinto tutte le battaglie, ma ha perso la guerra. Il regime assadista ha dato segnali chiari sul fatto che la ricostruzione non sarà un argomento completamente condiviso, anzi. A Damasco c’è chi vorrebbe l’Iran fuori dal Paese, ma per gli iraniani è una questione davvero problematica. Non può permettersi rapidamente la smobilitazione e non può permettersi il ritorno zero di un investimento in termini economici e militari (ergo anche umani) molto importante. Soleimani sapeva tenere insieme anche questo equilibrio, gli altri difficilmente”.

Poi, chiaramente, c’è l’Iraq: il raid contro Soleimani è avvenuto dopo che nel giro di tre giorni s’è susseguita un sequenza in rapido sviluppo. Un missile di una milizia collegata all’Iran, la Kata’ib Hezbollah, è stato lanciato sulla base K1 di Kirkuk e ha ucciso un americano; due giorni dopo un raid aereo statunitense ha bombardato cinque postazioni della Kata’ib e ucciso oltre venti miliziani; altri due giorni dopo l’ambasciata di Baghdad è finita sotto assedio da parte di uomini della stessa milizia; infine l’eliminazione del generalissimo.

“L’Iraq è l’elemento più pericoloso, perché là abbiamo milizie che hanno un fortissimo rapporto con l’Iran: è vero che sono una componente non maggioritaria del tessuto sociale iracheno, ma sono forti. E sopratutto dal punto di vista militare, come ha dimostrato la lotta allo Stato islamico (dove queste milizie hanno portato avanti le campagne di liberazione con più successo dell’esercito regolare iracheno, ndr). Si tratta di realtà che rispondono all’alleanza con Teheran più che alle forze politiche irachene, e questo è un problema perché indica una spaccatura enorme all’interno del sistema interno del paese. Qualcosa di potenzialmente esplosivo, che solo Soleimani era in grado di tenere insieme”.

 

Effetto boomerang? In Iran ora prevarranno i più radicali. L’analisi di Pedde (Igs)

Un raid aereo americano ha colpito questa notte due auto nei pressi dell'aeroporto internazionale di Baghdad. Tutte morte le persone a bordo. Tra queste c'era Qassem Soleimani, generale dall'enorme peso politico che guidava il reparto operazioni estere dei Pasdaran, la Quds Force, e che aveva davanti a sé un futuro già scritto per la guida del Paese. "È saltato il…

Cosa temono i regni del Golfo dopo la morte di Soleimani. Parla Bianco (Ecfr)

"Dal Golfo, un po' come da Israele, per il momento c'è silenzio. Si è proprio data la direttiva di non commentare", fa notare Cinzia Bianco, Gulf Research Fellow European Council on Foreign Relations di Berlino, tra i massimi esperti europei di Golfo Persico. Si parla della notizia del giorno, l'eliminazione di Qassem Soleimani, super generale/politico iraniano ucciso dal missile sganciato da…

Da Pechino a Parigi, ma anche Berlino. La tela diplomatica Usa (e l'Italia?)

Dai tweet di follow up del segretario di Stato statunitense, Mike Pompeo, si ricostruisce il pattern diplomatico dietro all'eliminazione del generale iraniano Qassem Soleimani – ucciso nella notte da un raid aereo condotto da un drone statunitense mentre era in auto nei pressi dell'aeroporto di Baghdad. La tela delle relazioni che hanno portato all'uccisione del capo della Quds Force –…

Venti di guerra? L'oro va su. Così le tensioni nel MO influiscono sulla finanza

La tensione tra Stati Uniti e l’Iran, con le conseguenze sulle dinamiche geopolitiche internazionali, ha effetti immediati sui mercati finanziari e delle materie prime (tra cui l'oro). Dopo l’attacco americano con missili all’aeroporto di Baghdad, l’Iran ha annunciato nuove rappresaglie. Il prezzo del petrolio è schizzato di circa il 4%, avvicinandosi a 70 dollari il barile (per dopo stabilirsi a…

Il fattore Soleimani sulle elezioni Usa 2020. L’analisi di Gramaglia

Che cosa ha guidato la decisione di Donald Trump di eliminare il generale Qasem Soleimani e altri comandanti militari iracheni e iraniani? L’innata vocazione alle mosse impulsive? L’ossessione anti-iraniana? L’insistenza dell’intelligence e dei militari a cogliere un’opportunità, o considerazioni elettorali? Forse un mix di tutto questo: le parole del magnate presidente, il “mentitore in capo”, non ci aiuteranno a scoprirlo.…

Dove sono e cosa rischiano i militari italiani? Lo spiega il gen. Bertolini

Parlare di guerra è forse prematuro, ma sicuramente l'uccisione di Qassem Soleimani alza la tensione a livelli mai visti. I militari italiani tra Iraq e Libano non sembrano particolarmente esposti, anche se l'attesa reazione di Teheran al raid americano potrebbe accendere la miccia in diversi contesti su tutto il Medio Oriente, fino a nord Africa e Mediterraneo dove la crisi libica…

Il jihad si nasconde in Europa. L'attacco di Parigi lo conferma

Se ne parla per un giorno, stavolta forse solo per qualche ora vista la gravissima crisi tra Stati Uniti e Iran, e poi ci dimentica, ma la frequenza di attacchi estremisti soprattutto in Francia resta molto alta e conferma che il jihadismo alberga in Europa e che le crisi mediorientali e l’eventuale ritorno di foreign fighter possono solo complicare la…

Di Maio non sbaglia se rimette al centro la barra del M5S. La versione di Ocone

Deputati che lasciano il Movimento Cinque Stelle per andare verso la Lega o verso il Gruppo misto, ex ministri che escono con l’idea di fondarne uno proprio di gruppo, un senatore che viene espulso e altre “epurazioni” che si preparano. E nonostante questo, il capo politico Luigi Di Maio ostenta tranquillità. Anzi, sembra proprio sereno e “riposato”, come lui stesso…

Sulla Gregoretti tutti d'accordo. Salvini si difende ma il governo (oggi) la pensa diversamente

Matteo Salvini ha perfettamente ragione: tutte le scelte politiche in materia di immigrazione sono state condivise dall’intero governo Conte I e quindi il voto della Giunta delle immunità del Senato sulla richiesta di autorizzazione a procedere per il caso della Nave Gregoretti della Guardia costiera a suo giudizio dovrebbe avere lo stesso esito di quello sulla Nave Diciotti, respingendo la…

Perché sono grato a Checco Zalone per la lezione di accoglienza di Tolo Tolo. Il commento di Becchetti

“Dottore ho paura di essermi ammalata di razzismo” “Non si preoccupi le prescrivo due visioni di 'Tolo Tolo'. Dovrebbero bastare. Se il problema persiste rinforzi la cura e si riveda le parti musicali del film” In premessa dobbiamo ringraziare Checco Zalone per la geniale trovata di un trailer ambiguo che ha fatto credere ai sovran-populisti, fan del partito del “prima…

×

Iscriviti alla newsletter