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Se sulle sue simpatie per Mosca più di qualche naso si storce oltreoceano, sul tema del 5G e del ruolo dei colossi cinesi nelle nuove reti la Lega ha da tempo una linea filo-Usa, confermata da una interrogazione che il partito guidato da Matteo Salvini ha presentato all’inquilino di Palazzo Chigi Giuseppe Conte e ai ministri del Mise e della Difesa, il pentastellato Stefano Patuanelli e il dem (già presidente del Copasir) Lorenzo Guerini.

Sulla posizione di Guerini, i dubbi sembrano essere pochi. Alla recente ministeriale Nato a Bruxelles, ha raccontato Formiche.net, il titolare del dicastero di Via XX Settembre ha detto con chiarezza che ogni scelta inerente il 5G dovrebbe essere fatta in coordinamento con l’Ue e la Nato. Parole che agli osservatori sono sembrate un segnale di grande attenzione nei confronti dei timori espressi da Washington, che da tempo dice di temere che compagnie come Huawei e Zte possano essere utilizzate da Pechino come mezzo per accedere a comunicazioni e dati occidentali. Un’eventualità che l’amministrazione americana considera ancora più rischiosa in Paesi come l’Italia, che ospitano sul loro territorio basi dell’Alleanza Atlantica.

Anche Conte, negli ultimi mesi, ha più volte sottolineato la necessità di tenere una linea vicina a quella alleata; un pensiero che, dal punto di vista pratico, si è sostanziato nella rapida approvazione di un decreto, ora in Parlamento per essere convertito in legge, che ha rafforzato i poteri speciali offerti dal Golden Power anche per le reti e ha creato un perimetro di sicurezza cibernetica nazionale, che racchiuderà alcuni dei pezzi informatici più delicati in settori altamente sensibili.

Qualche dubbio in più viene invece nutrito dagli esperti nei confronti del Movimento 5 Stelle, che in più situazioni, ha detto recentemente a questa testata il deputato di Fratelli d’Italia Federico Mollicone, ha dimostrato una fascinazione per la Cina e per i suoi colossi tech, Huawei in particolare (nello scorso esecutivo era stato un sottosegretario dei 5 stelle, Vincenzo Santangelo, ad annunciare che il precedente decreto per rafforzare i controlli sulle reti non sarebbe stato convertito; mentre alla recente inaugurazione dei nuovi uffici romani della compagnia di Shenzhen era presente il sindaco di Roma Virginia Raggi e, solo poche ore prima dell’evento, era prevista la partecipazione del sottosegretario agli Esteri pentastellato Manlio Di Stefano).

Di qui la pressione della Lega che, ha spiegato Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, non intende mollare, tanto più che a Washington – ha ricordato nella sua recente visita a Roma il segretario di Stato Mike Pompeo – si attendono risposte certe da parte della Penisola, che ancora mancano.

“Il governo”, ha detto il deputato, “dica chiaro e tondo cosa intende fare per evitare che in Italia si crei una pericolosa dipendenza da paesi stranieri sulla gestione e il funzionamento della tecnologia 5G. Affidare a Huawei lo sviluppo di un’infrastruttura strategica come questa potrebbe aprire le porte a possibili attività di spionaggio attraverso le nuove infrastrutture digitali. Non a caso, secondo quanto riportato dall’autorevole quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, i servizi segreti tedeschi avrebbero espresso le stesse preoccupazioni per quanto potrebbe accadere in casa propria. Ci auguriamo dunque che, almeno sul tema della sicurezza nazionale, il governo abbia idee chiare e schiena dritta”.

Dichiarazioni che lasciando intendere che, nonostante i nuovi sviluppi legislativi, il tema del 5G – più attuale che mai – sarà al centro dell’attività politica del Carroccio ancora a lungo.

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