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Ancora pochi giorni, cinque per la precisione. E a Pechino si aprirà la terza sessione plenaria del XX Comitato Centrale del Partito Comunista cinese. Un appuntamento di quelli importanti, dove tentare di riscrivere parte dell’agenda politica ed economica della Cina. Le buone intenzioni non mancano mai e anche stavolta non verranno fatte eccezioni. Tra queste, quella di riuscire a riportare in Cina tutti quegli investitori fuggiti a gambe levate dal Dragone in questi mesi, sull’onda emotiva della crescente sfiducia verso la seconda economia globale.

Xi Jinping sa benissimo che la Cina ha perso la propria credibilità, che i mercati non si fidano più e che preferiscono dirottare i loro capitali in India o in Giappone. Per questo uno dei punti salienti all’ordine del giorno sarà proprio quello di studiare nuove riforme in grado di riportare gli investitori in patria. D’altronde, già lo scorso giugno, il problema era finito sul tavolo del partito comunista. Quando c’era stata la presa di coscienza del fatto che le imprese a capitale straniero si sono rivelate nel tempo un contributo fondamentale alla crescita cinese.

La storia però racconta di come la portata totale degli investimenti esteri che affluiscono nel Paese, negli ultimi anni abbia registrato un andamento decrescente: secondo i dati del ministero del Commercio, gli investimenti diretti esteri nella Cina continentale hanno raggiunto i 412,51 miliardi di yuan (56,77 miliardi di dollari) nei primi cinque mesi del 2024, circa il 28,2% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. A leggere un rapporto del China Macroeconomy Forum, questa tendenza al ribasso nelle dimensioni degli investimenti esteri può essere attribuita a diversi fattori, tra cui la debolezza economica globale, la ristrutturazione della catena di fornitura internazionale, l’escalation delle tensioni geopolitiche e un controllo più rigoroso degli investimenti da parte del governo.

Per questo dalla plenaria dovranno uscire delle risposte. In grado di fugare chi ancora nutre dubbi sull’affidabilità del sistema Cina. E sono in molti. Per esempio tutti quei risparmiatori rimasti con il cerino in mano all’indomani del fallimento di Evergrande. Quasi tre anni dopo il più drammatico crack della storia recente cinese, sono ancora migliaia gli obbligazionisti che aspettano i ristori. Nella sola provincia di Hunan, il governo locale alla fine dello scorso anno ha identificato 45 progetti di Evergrande rimasti incompiuti, scheletri nel deserto. Anche di questo bisognerà parlare alla prossima plenaria.

La Cina a caccia di nuova credibilità. Ma Evergrande fa ancora paura

Tra pochi giorni si aprirà a Pechino la terza sessione plenaria del Comitato centrale del partito. L’obiettivo è ricostruire una fiducia ormai smarrita intorno all’economia del Dragone. Missione quasi impossibile visto che ci sono centinaia di risparmiatori che attendono ancora i rimborsi dai giganti del mattone falliti

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