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Le relazioni tra Roma e Washington rischiano di essere alterate da Pechino. È questo il senso del discorso che l’ambasciatore statunitense in Italia, Lewis Eisenberg, ha affidato ad una intervista al Piccolo di Trieste parlando dei rapporti tra Italia e Stati Uniti sulla Via della Seta.

Il capoluogo del Friuli Venezia Giulia è uno dei centri di interesse cinesi in Italia. Città marittima al limite dei Balcani, collega il Mediterraneo con l’est europeo e la penisola italiana con la catena del valore mitteleuropea. Per questo la Cina la considera cruciale per la Nuova Via della Seta, il lineamento infrastrutturale dal valore geopolitico con cui il segretario del Partito comunista cinese, il capo dello stato Xi Jinping, intende collegare l’Impero di Mezzo con il Vecchio Continente.

Eisenberg, nelle dichiarazioni rilasciate a Mauro Manzin dichiara senza via di mezzo: “Attenzione, la Via delle Seta è fatta dalla Cina per la Cina”. È un monito. Dagli Usa è stato ricordato spesso all’Italia come in questo momento il sistema sia polarizzato, e lasciare esposizione e spazi alla Cina significa implicitamente allontanarsi dagli Stati Uniti. E Roma si muove su un filo del rasoio molto delicato, soprattutto dopo aver firmato un memorandum d’intesa con Pechino per aderire alla Belt and Road Initiative (il nome internazionale della Via della Seta, anche con l’acronimo Bri).

Washington ha da sempre dimostrato la propria contrarietà sullo scatto in avanti italiano, ricordando che l’alleanza si basa su condivisione di valori ed esperienze che vanno oltre gli eventuali benefici commerciali. E che l’adesione alla Bri è comunque una faccenda di carattere politico, non solo di interessi. Aspetto che richiama l’attenzione degli Usa più di ogni altro – l’Italia è l’unico paese del G7 ad aver dato così tanto spazio ai cinesi.

Non bastasse, ieri Eisenberg ha ricordato anche i numeri dell’alleanza tra Italia e Stati Uniti. Il principale mercato extra-Ue frutta a Roma oltre 100 miliardi di euro, stando ai dati dell’ultimo anno. Dal profilo Twitter ufficiale l’ambasciata americana ha rimpolpato l’affermazione riprendono dichiarazioni di Armando Varricchio, il collega di Eisenberg sul fronte italiano.

Sono 31,3 i miliardi direttamente investiti dall’Italia negli Stati Uniti, 38,5 seguono il verso opposto. C’è un’integrazione di scambi che ha anche ricaduta sociale: sono 227mila i posti di lavoro creati da società americane in Italia e più di cento mila quelli che gli italiani aggiungono negli Stati Uniti. Ma intensissimi sono anche gli scambi universitari (35mila all’anno gli studenti americani che arrivano Italia) e quelli legati al turismo: in Italia vengono quasi sei milioni di americani ogni anno, un milione gli italiani che viaggiano negli States.

Non solo. Perché le relazioni italo-americane – come lo stesso Eisenberg ricorda – vanno oltre la sfera commerciale, che fa da aspetto epidermico per rapporti che coprono sopratutto le sfere di “sicurezza” e cooperazione su campi delicatissimi come l’intelligence, oppure “lo sviluppo tecnologico”. L’ambasciatore ricorda che l’aver inserito il porto di Trieste nella Via della Seta – che nel suo progetto lo indica come sbocco terrestre di collegamento alle rotte marittime – fa sì che la Cina vi esporti i propri “squilibri economici” e trasformi “le sue incursioni economiche e finanziarie in influenza politica e accesso strategico e militare”.

A domanda specifica Eisenberg sottolinea anche che la missione diplomatica in Italia, per conto dell’amministrazione Trump, sta tenendo un’interlocuzione continua con il governo italiano esponendo queste problematiche. Un excursus non casuale tocca al dossier balcanico, uno di quelli su cui l’Italia, in partnership con gli Stati Uniti, potrebbe giocare un ruolo centrale e invece è in affanno rispetto a Cina, Russia e Turchia. “[Rappresentiamo] partner migliori” dice Eisenberg, ricordando che gli obiettivi americani per la regione sono gli stessi che i paesi che la compongono hanno rappresentato, compresa l’adesione all’Ue e alla Nato per coloro che “la desiderano”. Un modo per “ancorare la regione alla comunità transatlantica”.

L'ambasciatore Eisenberg ricorda all'Italia le differenze tra Washington e Pechino

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