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Oggi la Speaker della Camera statunitense, la democratica Nancy Pelosi, ha formalmente messo in stato di accusa il presidente Donald Trump per aver “violato la costituzione”. L’impeachment è stato avviato contro Trump dai Democratici circa due mesi fa, accusato di aver proposto al presidente ucraino un quid pro quo. Il presidente avrebbe scongelato degli aiuti militari che l’Ucraina avrebbe dovuto usare contro i ribelli filo-russi del Donbas, se da Kiev fosse stata aperta un’inchiesta per corruzione per screditare Joe Biden. Attuale contender Dem, Biden è accusato di aver facilitato suo figlio ai tempi in cui era vicepresidente di Barack Obama. Secondo accuse tutt’ora mai dimostrate, ma che da anni circolano sui siti repubblicani più estremisti, Biden avrebbe fatto in modo di estromettere dalla carica l’allora procuratore generale ucraino perché stava per indagare per corruzione una società del gas di cui il figlio era consigliere di amministrazione.

Lo stato dell’inchiesta è complesso. Ci sono state testimonianze che hanno dato ragione alle accuse democratiche – ossia hanno esposto la problematica per cui il presidente degli Stati Uniti avrebbe barattato una questione di interesse strategico, l’aiuto militare all’Ucraina in chiave anti-russa, con un favore personale da giocare sul campo elettorale. Ma la prima fase dell’indagine è ancora in corso.

E tutto avviene in un momento molto delicato, dove la politicizzazione in vista delle presidenziali del 2020 è un tema profondo di cui tenere conto. Oggi Pelosi ha chiesto alla commissione Giustizia della Camera di iniziare a redigere formalmente le accuse di impeachment contro il presidente. Che è un passo dovuto, quasi ovvio del procedimento di impeachment, e che però ha ricevuto parecchia attenzione mediatica non tanto per la cronaca in sé, quanto per il peso che potrebbe avere ogni singolo tassello su un quadro elettorale complicato come quello americano (che già nel 2016 è stato alterato da un’operazione dall’esterno Made in Russia e ha dimostrato le proprie falle).

Pelosi ha detto: “La nostra democrazia è in pericolo, il presidente non ci lascia altra scelta se non quella di agire”. E ancora: in “America nessun è al di sopra alla legge, il presidente non è al di sopra della legge”. Tutto in diretta televisiva. Ha parlato di “abuso di potere” e ha detto che Trump per il suo tornaconto non ha curato l’interesse nazionale. È un’accusa rilevante, che certamente potrebbe valere l’impeachment (che, val la pena ricordare, è un processo di natura politica).

Ora, conclusa la prima fase, la Camera dovrà votare a maggioranza semplice se incriminare o meno il presidente. E questo voto non dovrebbe aver problemi, vista la maggioranza Dem. Successivamente la palla passerà al Senato, dove servirà una maggioranza composita per procedere definitivamente alla messa in stato di accusa. In questo caso la questione è più complessa, visto che i Democratici dovrebbero raccogliere diversi voti tra i Repubblicani che controllano la camera alta. E difficilmente il partito abbandonerà il presidente a qualche mese dal voto. Trump dal canto suo ha risposto che non c’è stato nessun quid pro quo e accusato i Democratici di usare la vicenda per raccogliere consensi.

Impeachment al via, Pelosi mette Trump sotto accusa

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