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L’Iran ha avviato sabato l’esercitazione navale “Zolfaghar 1403”, un’operazione militare su scala regionale che si svolge lungo la costa del Makran, nel Golfo di Oman e nell’Oceano Indiano nord-occidentale. L’annuncio è stato dato dal vice coordinatore dell’esercito iraniano, Habibollah Sayyari, attraverso i media di Stato. Il messaggio è stato classicamente infarcito di propaganda, che serve a Teheran in un momento in cui la proiezione militare indiretta, attraverso il cosiddetto “Asse della Resistenza”, è stata indebolita dai colpi subiti nell’ambito della guerra israeliana su Gaza e dei riflessi che nella regione hanno coinvolto Hezbollah, Houthi e milizie siro-irachene.

Questa nuova dimostrazione di forza nelle acque indo-mediterranee si inserisce in un contesto in cui Teheran cerca di continuare con la sua attività strategico-operativa in attesa di comprendere quale sarà la postura adottata dalla Casa Bianca sotto la guida di Donald Trump. Negli ultimi mesi, l’Iran ha moltiplicato le esercitazioni militari su tutto il territorio, incluse aree sensibili come i siti nucleari. L’obiettivo dichiarato di queste manovre è il potenziamento delle capacità di deterrenza e difesa contro minacce terrestri, aeree e marittime, secondo una assunto per cui le manovre rappresentano di per sé un’evoluzione di capacità pratiche — mentre contengono un messaggio più politico.

La proiezione iraniana nell’Oceano Indiano Occidentale

Al di là però del messaggio rivolto agli Stati Uniti e ai Paesi occidentali, queste esercitazioni confermano un dato strategico: l’Iran sta consolidando la sua presenza nell’Oceano Indiano Occidentale, un’area chiave per la sicurezza marittima e il commercio globale. Questa regione è sempre più rilevante anche per l’Italia, che la sta formalizzando nella propria dottrina strategica con il concetto di “Indo-Mediterraneo”, un asse geopolitico che connette il Mediterraneo con l’Oceano Indiano attraverso il Mar Rosso e la regione del Golfo — e più in ampio l’Indo-Pacifico con il Med-Atlantico.

L’Iran percepisce queste dinamiche, cerca spazi grazie alla sua posizione geografica e alle basi lungo la costa del Makran. Affacciandosi direttamente su questo spazio sta ampliando la propria capacità di proiezione geopolitica — anche guardando alla sponda africana. Questo rappresenta una sfida per l’equilibrio regionale, soprattutto in un’area già caratterizzata dalla competizione tra potenze e destabilizzazioni interne. Le acque interessate da queste esercitazioni sono le stesse in cui navi russe e cinesi si muovono con quelle iraniane in manovre che negli ultimi cinque anni sono diventate routine.

Le esercitazioni come Zolfaghar 1403 rientrano anche nella volontà militare iraniana di rafforzare capacità e presenza navale in alto mare. Questo sviluppo si lega anche alla necessità di creare protezione esterna a scali come quello di Chabahar (da cui passerà il corridoio geoeconomico con l’India) o Bandar Abbas

Un segnale alla comunità internazionale

Oltre all’aspetto militare, l’attivismo iraniano in mare aperto è un chiaro segnale alla Comunità internazionale. Teheran sta mostrando la propria capacità di operare in spazi di rilevanza globale, mentre contemporaneamente invia messaggi contrastanti sulla volontà di negoziare sul proprio programma nucleare. La combinazione di diplomazia e dimostrazione di forza è una costante della strategia iraniana, specialmente in momenti di transizione politica negli Stati Uniti.

In questo contesto, l’inserimento nell’Indo-Mediterraneo, un teatro di competizione strategica tra potenze regionali e globali, rafforza le attività della Repubblica islamica in una zona dove la sicurezza delle rotte marittime è stata già perturbata da attività Iran-linked — sia lungo Hormuz, dove i Pasdaran si muovono con i loro barchini tra le principali vie commerciali del petrolio, sia nell’area di Bab el Mandeb, dove gli Houthi hanno destabilizzato la connettività Europa-Asia nel corso dell’ultimo anno e mezzo.

Iran, a cosa servono le esercitazioni nell’Indo-Mediterraneo

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