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La Russia si appresta ad approntare un network di telecamere a riconoscimento facciale che potrebbe risultare anche più esteso di quello cinese, con Pechino coinvolta, con tutta la prudenza e i limiti del caso, nel progetto. La tecnologia è già in via di sperimentazione e ha avuto un primo test importante in occasione dei Mondiali di calcio del 2018. In maggio il sindaco di Mosca ha annunciato che sul territorio cittadino verranno installate 200 mila telecamere entro fine anno, di queste la metà saranno operative entro la stessa data.

I media russi di opposizione parlano di una mappatura senza precedenti, che potrebbe superare i 200 milioni di unità attualmente operative in Cina. Il punto è che di queste ultime si è parlato in maniera diffusa, di quelle russe molto meno, anche perché il Cremlino sta cercando di fare passare tutto il più sotto traccia possibile. La motivazione è duplice. Non solo Mosca non vuole fare sapere quale sia lo stato dell’arte del progetto. La Russia sta anche sviluppando una tecnologia autoctona che potrebbe portarla a diventare leader nel settore dell’Intelligenza Artificiale. Un investimento nel quale, soprattutto al Cremlino, credono in molti e che stanno facendo di tutto per sostenere dal 2011 a questa parte. Non è un caso che nel Nist, un ranking internazionale per il riconoscimento facciale, nelle prime dieci posizioni ci siano due società russe, la NTech Lab e la VisionLabs. La prima nel 2016 è balzata agli onori delle cronache per aver creato la app FindFace, ritirata dal mercato poco dopo per l’ondata di polemiche che aveva scatenato.

Da quel momento, le due società hanno iniziato a focalizzarsi nel settore della sicurezza pubblica e privata. Entrambe le società vedono importanti partecipazioni statali. Sberbank, la prima banca pubblica russa, possiede il 25% di VisionLabs, mentre Rostec, conglomerato statale dell’industria di difesa, possiede il 12,5% di NTech. Un misto di pubblico e privato che ha consentito di assumere con grande cautela know how cinese, limitandolo al minimo.

Mentre infatti molte repubbliche ex sovietiche come Uzbekistan e Tajikistan hanno comprato soluzioni per il riconoscimento facciale 100% made in China, Mosca ha acquistato dall’ex Celeste Impero solo l’hardware, ma si guarda molto bene dal condividere sistemi algoritmici e software. Segno che la partita sull’Intelligenza artificiale è molto più ampia e destinata a superare i confini nazionali. Con alcuni punti di contatto, primo fra tutti il fatto che una legislazione povera in fatto di privacy permette a queste aziende di condurre ricerche con ben poche restrizioni con tutte le ricadute sulle garanzie democratiche. Il governo ha detto più di una volta che il riconoscimento facciale costituisce una garanzia contro manifestazioni non autorizzate. Particolare che, per analisti e difensori dei diritti umani significa praticamente una schedatura di massa.

Da dopo le manifestazioni dello scorso agosto, il Comune di Mosca ha già stanziato 4 milioni di dollari per acquistare telecamere a riconoscimento facciale portatili, appositamente concepite per essere impiegate in eventi che prevedano la partecipazione di migliaia di persone. Ad accelerare questa necessità c’è il fatto che nel 2021 si voterà per il rinnovo della Duma e le manifestazioni di protesta in vista di questo importante appuntamento elettorale potrebbero aumentare in modo considerevole.

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