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Nel fine settimana l’Iran potrebbe sforare la soglia di uranio a basso arricchimento consentita dal Jcpoa – l’accordo che nel 2015 ha congelato il programma nucleare di Teheran. Gli iraniani non possono superare la quantità di 202,8 chilogrammi, l’eccedenza devono cederla all’estero, sebbene si tratti di materiale che ha subito una lavorazione non sufficiente per l’utilizzo per scopi militari. Mercoledì, secondo tre diplomatici che hanno informato la Reuters, l’agenzia dell’Onu per il controllo atomico ha effettuato una verifica e registrato che la quantità è attorno ai 200 chilogrammi, ossia ancora nel rispetto dei paletti, ma preso potrebbero essere superati (stanno arricchendo un chilogrammo al giorno) e seguire una minaccia già avanzata da Teheran in risposta alla pressione enorme che gli americani hanno reintrodotto uscendo dal Jcpoa – e reinserendo l’intera panoplia sanzionatoria, che tra le varie cose hanno fatto sprofondare la valuta del paese in picchiata – e dall’assenza di una risposta concreta da parte dell’Europa su come preservare l’accordo.

LA MOSSA LAST MINUTE DELL’UE

L’Unione europea – controparte firmataria del Jcpoa insieme a Cina e Russia – sta per annunciare un nuovo meccanismo per concedere linee di credito a Teheran ed è un sforzo last minute per tenere in piedi il deal, che ha non solo un valore economico-commerciale, ma è anche considerato dagli europei un elemento di stabilizzazione regionale. Del meccanismo non se ne sa granché perché l’Ue non vuole esporlo alle potenziali ritorsioni del Tesoro americano. Il problema è complesso: l’Ue, da dopo la firma dell’accordo ha abolito tutte le sanzioni contro l’Iran, e dunque, dato che Bruxelles è tuttora all’interno dell’intesa, le aziende europee non hanno problemi diretti a mantenere relazioni di business con gli iraniani. Ma l’uscita trumpiana ha reintrodotto anche le sanzioni secondarie, che hanno valore extra-territoriale, ossia: un’azienda europea che fa affari con l’Iran potrebbe subire sanzioni sul mercato americano. È questo il punto debole generale, perché gli europei non hanno un meccanismo di protezione, e le società non rinunciano agli affari con gli Usa per preservare quelli con l’Iran, visto che il primo mercato è notevolmente più grande del secondo. Tutto ciò ha portato gli iraniani a subire gli effetti diretti e indiretti delle sanzioni americane.

LE MINACCE DA TEHERAN

Davanti a questa impasse, Teheran rivendica il diritto di uscire in modalità temporanea e reversibile dai limiti dell’accordo sia nel caso le quantità arricchite sia dal punto di vista delle percentuali di arricchimento, attualmente permesse entro il 3,67 per cento. Lo step up potrebbe essere simbolico, al 3,68, ma potrebbe procedere anche a percentuali più alte, per esempio al 20: va tenuto conto che l’arricchimento di uranio per usi militari – ossia per fare la Bomba – deve essere superiore all’85 per cento, ma già in una percentuale attorno al venti può essere usato per una bomba sporca, e soprattutto che l’arricchimento nelle fasi successive a 20 è molto più rapido. L’Iran può avvalersi della segnalazioni anticipate sulle volontà di incrementare il processo senza violazioni del Jcpoa, perché autorizzato a prendere provvedimenti reversibili per sospendere parti dell’accordo se un altro firmatario non ha mantenuto un impegno, in particolare l’impegno a stimolare gli scambi tra l’Ue e l’Iran. Ma ci sono cavilli legali, sebbene anche oggi il viceministro degli Esteri iraniano abbia ribadito che è una procedura legittima, che lascia comunque spazio alla diplomazia.

LA DIFFICILE POSIZIONE DELL’UE

Questo metterebbe Bruxelles in difficoltà, perché a quel punto gli Stati Uniti potrebbero diventare pressanti con gli alleati europei: l’Iran si dimostrerebbe inadempiente di fatto (anche se forse non de iure) e Washington chiederebbe apertamente all’Ue di uscire dall’accordo – le pressioni potrebbero passare dal piano politico e diplomatico a quello pratico (sanzioni, ritorsioni?). D’altronde a quel punto l’Europa avrebbe una carta di risposta all’Iran, perché – rivendicato di fare il possibile per incrementare il commercio – potrebbe dichiararsi non vincolata dal Jcpoa a coprire gli effetti nefasti della reintroduzione delle sanzioni draconiane Usa, e svincolarsi mettendo Teheran in posizione di violazione. Funzionari europei ammettono che la crisi è a un passo dallo sfuggire di mano, e l’avvertimento dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica è l’elemento tecnico a supportoFrancia, Germania e Italia hanno anche sollevato preoccupazioni sul programma missilistico iraniano, che non è argomento del Jcpoa ma è uno degli elementi usati da Trump per giustificare l’uscita: i tre paesi europei riprendono le preoccupazioni americane e denunciano che quei missili – per cui l’Iran ha divieto di sviluppo da una risoluzione Onu – sono studiati per portare testate atomiche, e rappresentano il procedere del programma nucleare in questa fase di congelamento.

LA CHANCE G20

L’Europa intende portare l’argomento Iran sui tavoli di discussione del G20, e coinvolgere Russia e Cina nei confronti degli Stati Uniti. Il vertice che inizia oggi a Osaka vede già il Giappone offrirsi come mediatore con Washington in mezzo alle tensioni altissime che si sono create nel Golfo. Oggi il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha attaccato gli stati europei che non si stanno impegnando per mantenere in piedi l’accordo – Zarif attacca preferenzialmente l’Ue perché ha un’alleanza strategica con la Russia e vede nella Cina, primo acquirente di petrolio iraniano, l’ancora politica ed economica da preservare. Il capo della diplomazia iraniana ha accusato anche gli Stati Uniti di mentire, perché hanno alzato sanzioni contro la Guida Suprema, Ali Khamenei, e dimostrato di non aver intenzione reale di trattare – come detto più volte da Donald Trump, che continua a dire che non cerca una guerra con l’Iran – perché “negoziati e minacce si escludono a vicenda”. Quelle di Zarif sono anche posizioni necessarie per tenere il fronte interno contro gli oltranzisti (per esempio ha deriso Trump che aveva detto che un’eventuale guerra con l’Iran sarebbe rapida: “Illuso”, la risposta dell’iraniano), e dunque vanno lette anche con la lente propagandistico-pragmatica. Il G20 potrebbe essere l’elemento dirimente per il futuro del dossier Iran (ma per riavviare la fase negoziale Trump dovrà accettare la complicata via di allentare su qualche sanzione).

Perché il G20 può salvare il dossier Iran prima delle violazioni sul nucleare

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