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Il governo italiano ha inviato una “nota a verbale” per chiedere all’esecutivo libico di avviare una revisione dell’accordo sui migranti attraverso una commissione congiunta. Roma s’è appellata all’articolo 3 dell’intesa, che permette la convocazione della commissione, e al 7 che lascia spazio alla possibilità di rivederne i termini firmati nel 2017 e in scadenza tra tre mesi. La notizia è importante perché conferma la volontà italiana di mantenere in piedi il memorandum, che da oggi 2 novembre seguirà un iter preciso: rinnovo tacito per altri tre anni.

Secondo gli intenti italiani, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e la collega agli Interni, Luciana Lamorgese, dovranno presiedere i colloqui con Tripoli. L’esecutivo onusiano che dalla capitale cerca di resistere all’assalto del signore della guerra dell’Est, Khalifa Haftar, si dichiara “aperto a modifiche” secondo quanto detto da Hassan El Honi, il consigliere per la stampa del presidente del Governo di accordo nazionale, Fayez Al Serraj. “Non abbiamo ancora ricevuto le richieste di modifiche da Roma — ha spiegato citato da Repubblica — e quando le avremo decideremo, ma come ogni intesa è possibile rivederla nel tempo”.

L’accordo, stretto dall’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti, ai tempi del governo Gentiloni, disciplina il controllo dei flussi migratori, attraverso la cooperazione nel campo dello sviluppo (aiuti economici e quelli tecnici per la creazione di una Guardia costiera libica), “il contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani e al contrabbando“, e “il rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana”.

Raggiunto per porre un freno a una fase di emergenza, ha chiuso i rubinetti migratori attraverso campi di controllo posti sul suolo libico che sono stati oggetto di svariate critiche. Inchieste giornalistiche e il lavoro della organizzazioni per i diritti hanno più volte dimostrato le pessime condizioni dei profughi. Uomini, donne e bambini che prendono la via del Mediterraneo dalle coste occidentali dalla Libia, ma provengono dai Paesi dell’Africa centrale. Contestato anche il ruolo della Guardia costiera stessa, composta e gestita da ex miliziani. Recente l’inchiesta di Avvenire, firmata da Nello Scavo, che ha documentato come Abd al-Rahman al-Milad, noto come Bija, ritenuto tra gli organizzatori del traffico di migranti, abbia partecipato in Italia a incontri ufficiali tra autorità italiane e libiche. Uno shift legato a questioni i business: con l’accordo era diventato più conveniente gestire i migranti piuttosto che facilitarne il traffico.

Ragioni per cui il governo Conte-2 vorrebbe migliorare il memorandum sul fronte dei diritti umani nei centri di accoglienza dei migranti irregolari. Il tema è anche di valore politico. Oggi sulla Stampa Di Maio ha dichiarato che il M5S manterrà tutti gli accordi con la Libia, altrimenti arriverebbero 700mila migranti. Il leader della Lega, Matteo Salvini, lo usa come un argomento politico: attacca la ministra Lamorgese che, a suo dire, “non conosce neanche i dati del suo ministero, è stata scelta suo malgrado come tappabuchi. Gli sbarchi sono di più, le Ong circolano. Sta sbarcando un’altra nave a Taranto. Non vorrei che avessero svenduto anche l’acciaio. Invece che il lavoro il Governo porta a Taranto gli immigrati” (citazione da Repubblica).

 

 

 

 

Libia, il governo Conte vuole certezze sui migranti

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