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L’Italia può (e vuole) salire a bordo della missione che riporterà l’uomo sulla Luna entro il 2024, il nuovo programma della Nasa targato Donald Trump. Parola del nuovo presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) Giorgio Saccoccia, che Formiche ha sentito a margine dell’evento “La cooperazione spaziale come strumento per il progresso economico, scientifico e culturale”, organizzato dall’ambasciata del Brasile a Roma. Con il decreto di nomina del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, da aprile Saccoccia ha preso il posto del commissario straordinario Piero Benvenuti, arrivando al vertice dell’Agenzia a pochi mesi dall’appuntamento dell’anno: la riunione ministeriale dell’Agenzia spaziale europea (Esa), in programma il prossimo novembre a Siviglia. A via del Politecnico, il neo presidente ha portato una lunga esperienza continentale, per lo più nello European space research and technology centre (Estec) dell’Esa, dove è approdato nel 1990 fino a diventare capo della divisione impegnata in propulsione spaziale e aero-termodinamica, responsabile per le attività di ricerca e sviluppo nel campo.

Presidente, tutti gli occhi dello Spazio del Vecchio continente sono puntati verso l’appuntamento di novembre in Spagna. Quale è la priorità italiana?

Dirne una sarebbe forse limitante. Sicuramente parliamo almeno di accesso allo spazio, settore su cui l’Italia vanta in Europa un ruolo fondamentale. Ma parliamo anche di osservazione della Terra, si pensi semplicemente a Cosmo-SkyMed (il sistema duale tutto italiano, ndr) o a Prisma (il satellite iperspettrale dotato di un’innovativa strumentazione elettro-ottica e lanciato a fine marzo, ndr), nonché al ruolo che questi assetti hanno nelle interazioni con altri Paesi pure in termini di Space diplomacy. Dobbiamo mantenere il ruolo importante che abbiamo avuto in questi due ambiti ed estenderli. Poi, però, ce ne sono molti altri di settori su cui puntare e che interessano al Paese.

Ad esempio l’esplorazione?

Decisamente sì. Il nostro Paese ha avuto da sempre un ruolo importante nei grandi programmi esplorativi. Tra l’altro, questi ultimi sono tornati particolarmente di grido nel panorama mondiale dopo il recente annuncio degli Stati Uniti di voler tornare sulla Luna entro il 2024.

A proposito, c’è l’obiettivo di salire a bordo del nuovo programma lunare americano?

Certo. Soprattutto per quanto riguarda il Lunar Gateway, la stazione che orbiterà intorno alla Luna. L’Italia ha le carte in regola per poter continuare a giocare un ruolo di prim’ordine nel campo dell’esplorazione dello spazio.

Oltre i tradizionali contesti di collaborazione euro-atlantici, ci sono comunque tanti rilevanti attori spaziali tra cui il Brasile, con cui l’Italia ha una rodata cooperazione dimostrata proprio dall’evento odierno. E la Cina?

Fa tutto parte dell’ambito di approccio della cosiddetta Space diplomacy. Con la Cina, in particolare, possiamo vantare contatti importanti. Abbiamo anche avuto una missione importante dedicata all’osservazione dallo spazio di possibili fenomeni sismici, Cses-1, lanciata in orbita a febbraio 2018. Faremo un secondo satellite legato a questo e, parallelamente, potrebbero esserci delle iniziative anche in altre direzioni. La Cina è un partner potenziale come altri nell’ambito della Space diplomacy. Interagirci è fondamentale.

Lei è arrivato all’Asi a pochi mesi dall’avvio della nuova governance nazionale, tra l’altro dopo una lunga esperienza europea. Che contesto istituzionale ha trovato? Il Comitato interministeriale per lo spazio insediato a palazzo Chigi può fare la differenza?

La nuova governance nazionale rappresenta a mio avviso un vantaggio competitivo che possiamo vantare rispetto ad altri Paesi. In diversi Stati europei non è tanto facile avere un coinvolgimento così immediato di tutti i ministeri interessati allo spazio – nelle sue varie applicazioni – e delle Regioni, presenti nel Comitato interministeriale con la Conferenza Stato-Regioni. Da subito, appena arrivato, ho avuto modo di notare un legame che permette al governo, all’Agenzia spaziale italiana e alle aziende del comparto industriare di avere un dialogo immediato. Non vedo e non ho visto questo sistema in altre nazioni. È un vantaggio che non dobbiamo perdere, ma che anzi abbiamo il dovere di sfruttarle al meglio.

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