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Gli orrori dell’Isis, soprattutto in Iraq ma anche altri orrori, basti ricordare Boko Haram, hanno portato frequentemente a vedere in queste parti del mondo un nuovo ecumenismo, l’ecumenismo quotidiano, concreto, quello del sangue. Il sangue delle persecuzioni che uniscono i cristiani al di là dei confini delle loro Chiese, in una comune grande testimonianza. E in Europa? Se oggi si può parlare di un ecumenismo concreto nel Vecchio continente forse si potrebbe chiamarlo l’ecumenismo dell’accoglienza: davanti al pericolo di un Mediterraneo spezzato, a danno soprattutto di chi cerca di attraversarlo per salvarsi da vecchie persecuzioni, nuovi schiavismi, devastazioni ambientali, sfruttamenti indicibili, detenzioni arbitrarie, le Chiese cristiane elaborano questo nuovo ecumenismo, accogliendo insieme.

LA MOBILITAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE

In questo l’Italia è testimone di un lavoro importante, quello dei corridoi umanitari, pensati e realizzati dai cattolici della Comunità di Sant’Egidio, dai valdesi e dalle Chiese Evangeliche. E sono significative al riguardo dell’ecumenismo dell’accoglienza le parole del professor Paolo Naso, nelle ore in cui nuovi asilanti arrivano in Italia grazie ai corridoi umanitari, unico sistema legale per arrivare in Europa per chi sia fuggito da Paesi come la Siria, lo Yemen, l’Eritrea e tanti altri: “L’arrivo di oltre 70 persone con i corridoi umanitari è una bella notizia che dimostra che l’accoglienza è possibile e sostenibile – ha dichiarato Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia -. Ma mentre accogliamo con gioia questi profughi non possiamo non pensare a quelli ancora a bordo della Sea Watch, intrappolati in un insensato gioco politico tra Italia e Europa. Proprio perché abbiamo a cuore primariamente la vita dei profughi, chiediamo che vengano fatti sbarcare e, come hanno fatto altre realtà cattoliche, anche noi protestanti siamo pronti ad accoglierli, mentre si mette a punto il piano di una loro ricollocazione in Europa. Non è una soluzione politica ma un gesto umanitario che si fa ogni giorno più urgente e per il quale siamo pronti a collaborare anche coinvolgendo le nostre chiese sorelle all’estero”.

Dunque dopo l’arcivescovo di Torino anche le Chiese Evangeliche fanno sapere che una loro mobilitazione europea è possibile, forse allo studio, nel nome dell’accoglienza. Non in concorrenza con i cattolici, ma in armonia con loro, per rafforzare quell’ecumenismo dell’accoglienza che già si vede da anni prendere forma con i corridoi umanitari. Tutto questo accade, forse per caso, proprie nelle ore in cui invece il complesso discorso “cristiano” che su tutt’altra sponda doveva unire il cardinale Leo Burke e l’intellettuale americano Steve Bannon ha fatto registrare un’inattesa rottura.

IL PARROCO DI LAMPEDUSA

Trattandosi di Europa e di Chiese europee, l’ecumenismo dell’accoglienza parla di “radici cristiane” del Vecchio Continente, proprio come il discorso tentato da Bannon. Ma non lo fa in termini identitaristi né rivendicativi, ma cercando di iscriverle nella vita, nella realtà di un continente che le Chiese vogliono cristiano nella vita prima che nei documenti. In questo senso l’iniziativa di don Carmelo La Magra, parroco del Lampedusa, l’isola della Madonna di Porto Salvo, patrona del lampedusani, dei pescatori e dei naufraghi, sembra offrire a queste radici un punto sia di partenza che di approdo. Don La Magra ha infatti annunciato che per l’ottava notte consecutiva dormirà con confratelli e parrocchiani sul sagrato della sua chiesa lampedusana, probabilmente la chiesa più a sud in tutta Europa, per chiedere lo sbarco dei 42 migranti della Sea Watch 3, che si trova ora davanti al porto dell’isola, in quel tratto di mar Mediterraneo che sembra sempre di meno il Mare Nostrum che fu e sempre di più quel Mare Monstrum di cui parlò per primo monsignor Agostino Marchetto anni fa. Ed ha ringraziato i tanti italiani che, raccogliendo il suo appello ma non potendosi recare a Lampedusa, si riuniscono nelle loro città con lo stesso intento.

LE PAROLE DI PAPA FRANCESCO

Proprio oggi il problema del mare è stato trattato da Papa Francesco, che ha ricevuto i cappellani e i volontari di Stella Maris – Apostolato del mare, attivi in oltre trecento porti. Francesco sa bene che senza le genti del mare, senza i pescatori, molti morirebbero di fame, molti di più di quelli che muoiono oggi. Ma il suo sguardo non si è fermato sulle difficoltà dei pescatori, ma di chiunque viva e lavori nel mare o sul mare. Quante tragedie create dall’avidità umana si intrecciano nei mari: “Penso alla tratta di esseri umani, al lavoro forzato e alla violazione dei diritti umani e del lavoro di tanti uomini e donne che vivono e lavorano nei mari”. Le sue parole hanno unito tante emergenze che altrimenti si spezzettano, si perdono di vista, si dimenticano. A riprova di quanto l’ecumenismo dell’accoglienza sia indispensabile a riproporre una visione più ampia e cristiana.

Per Sea Watch si muovono le chiese protestanti. E il papa tuona sull’apostolato del mare

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