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Che la scelta ricada su Giuseppe Conte è tutto da vedere, ma è indubbio che il passo indietro del presidente della Camera Roberto Fico e l’endorsement di Maurizio Landini diano al premier uscente qualche possibilità in più di guidare il prossimo governo. Il leader della Cgil nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera ha dettato una mini agenda alla maggioranza che verrà: un governo che “combatta le diseguaglianze”, punti su conoscenza e su ambiente e, soprattutto, un esecutivo che ricostruisca il rapporto con le parti sociali.

Oltre all’accenno alle politiche fiscali redistributive, il segretario generale di Corso d’Italia punta quindi su un ritorno della concertazione e chiede al Movimento 5 stelle di rinunciare ad una parte fondamentale del suo dna, la disintermediazione che “si è dimostrata foriera di errori e di allontanamento tra la politica e i cittadini”. Meno piattaforma Rousseau e più incontri con le organizzazioni più rappresentative, insomma. Un costo sopportabile per il M5s, visto che Landini, segretario dell’organizzazione più articolata e potente del Paese, si è dimostrato più volte in sintonia con il movimento di Luigi Di Maio.

Ma questo passaggio politico rischia di compromettere l’unità sindacale raggiunta a fatica da Cgil, Cisl e Uil ormai da diversi anni. Se Landni ha di fatto dato una mano a Conte, nei giorni scorsi al Meeting di Rimini la leader della Cisl Anna Maria Furlan ha lanciato un paio di stoccate rivolte direttamente al premier uscente e al M5s. Intanto ha chiesto “discontinuità”. La sindacalista parlava di policy, ma per cambiare passo è necessario anche cambiare squadra. Anche perché Conte aveva parlato di un “anno bellissimo”, mentre, ha osservato Furlan, “la politica economica del precedente governo ha portato il Paese a crescita zero”.

Dalle parti di Cisl e Uil si fa notare come il premier dimissionario abbia convocato le parti sociali solo dopo che il vicepremier Matteo Salvini aveva indetto un tavolo al Viminale. Che Conte ha per ben due volte “dimenticato” di leggere la piattaforma unitaria dei sindacati. E che al vertice di Palazzo Chigi con sindacati e associazioni imprenditoriali il premier ha esordito con un “ditemi tutto” per sentirsi rispondere: “Guardi che è lei ad averci convocato”. Anche il leader della Uil Carmelo Barbagallo non si è sbilanciato, ma ha sottolineato più volte come gli incontri con il precedente governo “non abbiano portato a nulla”.

Il premier moderato, insomma, rischia di piacere poco ai sindacati moderati. Anche l’agenda di un nuovo governo giallorosso rischia di dividere le confederazioni. Cgil, Cisl e Uil, ad esempio, sono contrarie al salario minimo. Ma convincere Corso d’Italia non sarà difficile se il nuovo governo decidesse di puntare sui 9 euro orari cari ai pentastellati. Scelte poco chiare sugli investimenti, potrebbero non dispiacere a Landini (un tempo No Tav), ma farebbero infuriare gli altri sindacati e, soprattutto, Confindustria, Rete imprese e le altre associazioni datoriali. L’equazione governo, insomma, non di difficile soluzione nemmeno per le parti sociali.

Un Conte bis rischia di dividere di nuovo Cgil, Cisl e Uil

Di Ugo Laner

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