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Ursula von der Leyen non si può certo definire una sovranista. Ma l’Europa che si appresta a guidare ha deciso di attrezzarsi in vista di anni che dal punto di vista della competitività globale non saranno facili. L’operazione, rivelata congiuntamente da Financial Times e Politico.eu è di quelle grosse e sta prendendo corpo nelle stanze dei tecnici in forza alla commissione, prima ancora di arrivare sul tavolo della politica: una golden power formato europeo con cui proteggere le principali e più strategiche industrie europee.

D’altronde, i tempi sono quelli che sono. Tra minacce cinesi alla sicurezza mondiale (si veda il monito Usa con il caso Huawei Italia, tra gli altri) e guerra commerciale tra Stati Uniti e Dragone, l’Ue corre il rischio di ritrovarsi al centro di un campo di battaglia e non solo da un punto di vista geografico. Meglio allora costruire per tempo una gabbia di protezione intorno al proprio sistema industriale. Ma di cosa si tratta? La risposta è nelle 173 pagine del documento che dovrebbe costituire il programma dei prossimi anni della Commissione.

L’EUROPA SI ATTREZZA

In realtà non si tratta di una tradizionale norma anti-scalata, come siamo abituati a immaginare la golden power classica, dove in presenza di un ingresso nel capitale giudicato ostile, poteri speciali consentono allo Stato, che quasi sempre è anche azionista, di bloccare il nuovo socio sotto una certa soglia. Ma il senso è quello, e cioè non rendere scalabili le aziende europee. Come? Aumentandone la competitività. L’idea incastonata nel documento è dunque lanciare un fondo sovrano con una dotazione da 100 miliardi di euro per finanziare le industrie top dell’Ue così da renderle in grado di competere con colossi americani e cinesi, da Apple e Google ad Alibaba e dunque evitare di diventare prede. Le risorse arriverebbero direttamente dal bilancio dell’Unione, a sua volta finanziato dagli Stati membri e andrebbero a interessare quei settori strategici in cui l’Europa è in ritardo rispetto ai rivali globali.

La filosofia alla base del fondo sovrano è più o meno questa. Se è più difficile bloccare alla porta qualunque ingresso sgradito nel capitale di un’azienda europea, allora si può aumentarne la competitività e la relativa capacità di resistere sul mercato attraverso robuste iniezioni di denaro, che all’occorrenza possono sfociare in acquisto di vere e proprie partecipazioni. Non è un mistero che quasi tutte le aziende strategiche cinesi godano per esempio del supporto finanziario del governo centrale, che spesso e volentieri ne è anche socio, risultando così dotate di una potenza di fuoco quasi sempre maggiore delle industrie europee.

I RIVALI DELL’EUROPA

Nel documento programmatico, viene spiegato come la necessità di proteggere la fortezza Europa sia dettata da precisi cambiamenti globali. “L’emergere e la leadership di concorrenti privati non-Ue, con mezzi finanziari senza precedenti, ha il potenziale di obliterare le dinamiche innovative e la posizione industriale dell’industria Ue in alcuni settori”, si legge nel documento citato da Politico.eu e dal quotidiano finanziario della City. Tra i rivali dell’Ue vengono citati i cosiddetti Gafa americani (Google, Apple, Facebook, Amazon) e ma soprattutto i cinesi Bat, (Baidu, Alibaba e Tencent), tutte società capaci di dettare l’agenda digitale globale. L’Europa non ha aziende leader in questi settori strategici e questo rappresenta un rischio per i posti di lavoro del futuro, la crescita economica e l’influenza europea in questi settori.

L’OPINIONE DELL’ESPERTO

Formiche.net ha sentito il parere di Carlo Alberto Carnevale Maffè, economista della Sda Bocconi. “La costituzione di un fondo sovrano a protezione delle imprese è una buona notizia e anche un segnale che finalmente l’Europa non si muove in ordine sparso su tematiche sensibili, in primis la tecnologia, e passa dai numeretti dei documenti programmatici a mettere soldi sul tavolo. Qui si che ha senso intervenire con risorse concrete, senza disperderli in operette che non portano produttività”, spiega Maffè.

“La cosa importante è però che questo fondo sia parte di un disegno industriale più ampio con cui contrastare delle politiche industriale che da anni stanno portando avanti i cinesi. Dai miliardi del fondo, che servono per rafforzare la capacità di investimento delle nostre industrie, bisogna passare anche a un disegno di regole più articolato che in quel caso sarebbe la vera golden power, su cui si deve aprire un dibattito che è bene che avvenga. Parlare oggi di questi significa non assistere passivamente a una guerra sulle tecnologie in atto tra Usa e Cina”.

 

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